Elfico Primordiale - dove tutto ebbe inizio

di Helge Fauskanger - traduzione di Gianluca Comastri

STORIA INTERNA

Per lungo tempo essi dimorarono nel luogo natìo presso il lago di Cuiviénen sotto le stelle, e camminarono sulla Terra pieni di meraviglia; ed essi presero a fare discorsi e a dare un nome ad ogni cosa che incontravano. Chiamarono loro stessi Quendi, che significa "coloro che parlano con voce"...

Nella creazione di un linguaggio i Primogeniti di Ilúvatar si riconobbero come Incarnati, rampolli dell'Uno: "L'ideazione di un lambe [linguaggio] è la caratteristica principale di un Incarnato," osservò Pengolodh, il sapiente di Gondolin (WJ:397). Infatti "appena furono desti inventarono molte parole nuove e bellissime, e molti abili artifizi dialettici" (WJ:422). Il linguaggio creato dai primi Elfi a Cuiviénen ebbe un immenso impatto sulla storia delle lingue nella Terra di Mezzo. Comunemente definito Quenya Primordiale, fu l'antenato di tutte le favelle elfiche, compresi Quenya e Sindarin. Anche linguaggi non direttamente derivati dal Quenya Primordiale hanno incorporato vocaboli elfici, come documentato negli articoli sulle lingue Adûnaica, umaniche, nanesche e perfino degli Orchi, e sulla Lingua Nera. WR:159 e PM:63 citano Faramir il quale afferma che "ogni favella umana di questo mondo è discendente dall'Elfico". L'unico linguaggio di Arda completamente scevro da influenze elfiche è il Valarin. Praticamente, il Valarin risulta la sola lingua più antica del Quenya Primordiale. Invero, Aulë ideò il Khuzdul per i Nani molto prima dell'avvento degli Elfi, ma allorquando Ilúvatar non permise che i Nani comparissero prima dei suoi Primogeniti, ai Nani venne imposto di continuare a dormire mentre gli Elfi si destavano.
Com'era la lingua che gli Elfi composero in quei primi anni d'innocenza sulle acque, rilucenti della luce degli astri che vi si specchiavano, di Cuiviénen? Sappiamo molto della sua fonologia e dei metodi di derivazione; sappiamo meno dell'esatta struttura grammaticale. A giudicare dai linguaggi-figli che si sono mantenuti molto simili all'originale, con minime varianti, vale a dire Quenya e Telerin, il Quenya Primordiale era un linguaggio di casi; una desinenza simile a -da è esplicitamente menzionata da Tolkien (WJ:366). Per quanto concerne lo stile generale del linguaggio primevo, la grande maggioranza dei vocaboli sono composti di due o tre sillabe e terminano con una vocale. In VT39:6, Tolkien stabilisce che in Quenya, "ogni parola terminata da consonante ha probabilmente perso una vocale, se si considera la remota origine Quenya". (Ciononostante molte delle forme "ricostruite" di Tolkien terminano con una consonante, ma non sono molte, e non tutte le forme asteriscate descrivono necessariamente la più antica fase del linguaggio.) Particolarmente caratteristiche dell'Elfico primitivo sono le frequenti vocali finali lunghe, p.e. in lindâ "melodia" o ndorê "terra". Nei vocaboli trisillabi, la prima e la seconda vocale sono solitamente identiche (p.e. karani "rosso"), e in diversi casi la vocale finale è sempre la medesima, però allungata p.e. eredê "seme", galadâ "albero", kyelepê "argento", ñgolodô "Noldo"). In accordo con VT39:6, le vocali in iato probabilmente non comparvero, in media, nel linguaggio primitivo; dove esse compaiono in Quenya una consonante interposta è andata perduta. Nondimeno, le forme ricostruite di Tolkien includono almeno una combinazione iatica, ie, ; alla luce di una sua più tardo concezione possiamo presumere che ciò rappresenti del pari un originario *ihe o *iñe con una consonente mediana che si è persa più tardi.
Nell'indice del Silmarillion, Christopher Tolkien si riferisce al Quenya come a "la lingua più antica, comune a tutti gli Elfi, nella forma che prese in Valinor". Tuttavia, lo stile della "lingua più antica" per molti aspetti è marcatamente differente dal tardo Quenya, e generalmente i vocaboli Quenya non possono esservi applicati al postutto. Invero, il cambiamento di sonorità che divide il Quenya Primordiale dal classico Alto-Elfico è così pulito e corretto che un madrelingua Quenya poteva, con un minimo di esercizio, essere in grado di comprendere il primitivo linguaggio senza realmente "studiarlo" come una lingua straniera. Ma del pari, il linguaggio primordiale doveva suonargli alquanto esotico, e l'avrebbe a fatica riconosciuto come una mera variante della sua propria lingua. Tuttora, resta il fatto che i Noldor ritenevano che il Quenya fosse il linguaggio "più prossimo a preservare l'antico carattere della favella elfica" (WJ:374). Veramente il linguaggio più "conservativo" in tal senso sembra essere il Telerin di Aman, almeno per quanto riguarda la fonologia - ma il Telerin fu talvolta ritenuto come un dialetto Quenya, sebbene i Teleri stessi lo considerassero come una lingua a sé.
Tolkien ha distinto due fasi dell'Elfico primordiale. La prima propriamente detta, come sopra riportato, fu il Quenya Primordiale. Esso fu l'antenato di tutte le lingue elfiche nel mondo (eccetto, probabilmente, alcuni prodotti grossolani di costrutti linguistici a priori, se gli Elfi si fossero ingegnati in tali sports... come sappiamo, che molti umani fanno! Comunque, nel capitolo 17 del Silmarillion si cita che "tutti i linguaggi dei Quendi ebbero un'unica origine"). Nelle Etimologie, solo alcune delle forme asteriscate sono esplicitamente identificate come Quenya Primordiale (atar, atû, dêr/der-, khalatirnô, mâ3/ma3-, e taurâ; vedere le voci ATA, NI1, NÊR, TIR, MA3, TÂ/TA3). Nondimeno, molte delle forme asteriscate devono assumersi come esempi dello stadio più primitivo della lingua. la fase successiva fu l'Eldarin Comune, l'antenato di tutte le lingue Eldarin (eccetto l'Avarin), compresi Quenya e Sindarin. L'Eldarin comune dovette essere il linguaggio parlato dagli Elfi che seguirono Oromë e si imbarcarono allorché intrapresero la Marcia da Cuiviénen verso il Mare, o piuttosto la lingua che essi svilupparono durante la Marcia stessa. Nelle Etimologie, solo tre vocaboli sono esplicitamente identificati come Eldarin Comune (mahtâ-, ndæ^r, wa, vedere MA3, NDER, ...sfortunatamente il computer non può porre un accento circonflesso sull'æ). Comunque, un certo numero di forme in Eldarin Comune si trova in WJ e PM.
Potrebbe essere utile conoscere approssimativamente quanto tempo trascorse nei periodi in esame. In WJ:5-6, è data una cronologia in anni di Valinor. In WJ:20 si è detto che 365 "lunghi anni dei Valar" equivalgono a "circa...tremila e cinquecento anni del Sole", sicché un anno di Valinor conta circa nove anni solari e mezzo. Usando questo calcolo, otteniamo il seguente risultato: dopo che gli Elfi si destarono al lago di Cuiviénen, essi dimorarono in pace per circa 280 anni solari (negli anni dei Valar, circa dal 1050 al 1080). Quindi essi furono trovati dalle spie di Melkor e da queste vessati. Passarono più di cinquant'anni del Sole, dopo di che gli Elfi furono trovati da Oromë nell'anno di Valinor 1085. La Separazione dei Quendi in Eldar e Avari accadde in seguito, apparentemente nell'anno 1105, dopo 190 anni solari circa. (L'impressione che si potrebbe ottenere dal testo del Silmarillion, che la Separazione sia avvenuta entro settimane o mesi dopo il ritrovamento degli Elfi da parte di Oromë, risulta essere completamente errata.) Così, dal risveglio degli Elfi alla loro Separazione, trascorsero ben più di cinquecento anni solari, congruo intervallo per il completo sviluppo di un linguaggio - ma ancora non molto lungo, secondo le abitudini elfiche. (Cfr. le parole di Legolas in LotR2/III cap. 6: "Da allora le foglie rosse della mia dimora nel Bosco Atro sono cadute cinquecento volte [da quando Meduseld fu costruita], a noi sembra un tempo molto breve." La metà di un millennio non era percepita come un lungo intervallo dagli Elfi.)
La Marcia da Cuiviénen verso il mare durò ben più di due centinaia e mezza di anni solari (Anni di Valinor 1105-1132). Durante questo periodo, i Pellegrini trassero dal Quenya Primordiale l'Eldarin Comune. Quindi i Vanyar e i Noldor andarono per mare, ed è a questo punto che l'Eldarin Comune evidentemente è divenuto Antico Quenya, siccome il suddetto periodo nell'evoluzione dell'Elfico si avvicinava alla sua fine. Nel Beleriand, l'Eldarin Comune (o il suo dialetto Telerin Comune) iniziò a evolversi verso il Sindarin.
Nei millenni successivi, fu anche nel Beleriand che gli esuli Noldor intrapresero studi comparativi linguistici tesi a ricostruire il primitivo linguaggio: "Fu...il contatto con i Sindarin e l'allargamento della loro esperienza con le modifiche linguistiche (specialmente le rapidissime e meno controllate sostituzioni osservabili nella Terra di Mezzo) che stimolarono gli studi dei sapienti di linguistica, e fu nel Beleriand che le teorie concernenti l'Eldarin Primordiale e le interrelazioni con le sue derivazioni conosciute furono sviluppate." -PM:342.

STORIA ESTERNA

A quanto sembra non s'erano mai avute fasi ove i linguaggi elfici di Tolkien esistessero in un vuoto storico, senza che dietro vi fosse alcuna traccia di modifiche ed evoluzioni. Come nota Christopher Tolkien, "Quei linguaggi furono concepiti, senz'altro, dalle primissime origini in un percorso profondamente 'storico'... Ogni elemento nei linguaggi, ogni elemento in ciascuna parola, è in principio storicamente 'esplicabile' - così sono gli elementi nei linguaggi che non sono 'inventati' - e le successive fasi della loro intricata evoluzione furono la delizia del loro creatore... Egli immaginò linguaggi non come 'pure strutture', senza un 'prima' e 'dopo', bensì come un divenire, nel tempo." (LR:341) Senza dubbio, a ciò necessitava la costruzione (o almeno il tratteggio) di un linguaggio primitivo, un comune antenato per tutte le successive fasi, finché Tolkien non poté ben estendere la storia del linguaggi Elfici indefinitamente nel passato - specialmente laddove egli pensò che la storia degli Elfi dovesse avere un inizio definito nel tempo e nello spazio, il risveglio dei Quendi dalle rive di Cuiviénen. Tutte le forme dell'Elfico dovettero discendere dal "Cuiviéneniano".
Già nel primissimo vocabolario Elfico, il "Lessico Qenya" del 1915, le parole furono derivate da "radici primitive" (come nelle Etimologie). Tale provvista di radici getta l'occhio su di un proto-linguaggio che sembra piuttosto ispirato dalla proposta ricostruzione dell'Indo-Europeo, l'ipotetica favella da cui la maggior parte degli linguaggi Europei, e alcuni Orientali, discendono. Per esempio, Tolkien include nelle radici d'involuzione sillabica N e L, come in SNKN e FLKL(LT2:341, dove vi sono punti sotto le N e le L a indicare che esse sono sillabiche). Apparentemente partendo dalle stesse radici primitive, Tolkien due anni più tardi derivò un nuovo linguaggio Elfico, affine al "Qenya" - Gnomico, un linguaggio Elfico dalle sonorità celtiche che dopo trent'anni di revisioni e modifiche concettuali "in ultimo divenne quello del tipo denominato Sindarin" (PM:379).
Le consonanti sillabiche del "Proto-Elfico" del 1915 vennero vent'anni dopo, quando le Etimologie furono redatte. Ciononostante, alcune idee circa il primitivo linguaggio provengono dal primissimo inizio. Per esempio, la nozione che molte parole originariamente iniziavano con nasalizzate esplosive nd, mb, ng (che furono preservate seguendo gli articoli definiti nei linguaggi di suono celtico: Gnomico Golda "Gnomo, Noldo", i Ngolda "lo Gnomo"; similmente il Sindarin Golodh "Noldo", i Ngolodh "il Noldo"). Nelle Etimologie, si danno in tutto poche primitive parole "ricostruite", permettendoci di avere un'impressione relativamente veritiera dei primitivi linguaggi, così come Tolkien dovette averli pensati.
Senza dubbio, il principale interesse di Tolkien è posto nei linguaggi Elfici posteriori, specialmente Quenya e (Noldorin >) Sindarin. Parimenti nelle Etimologie, L'elfico primordiale rimane piuttosto un'entità ombrosa la cui primaria funzione è di chiarificare la relazione tra i vari rami dell'Elfico e servire come base storica di tutti quelli, piuttosto che essere un "art-language" in sé. Come tutto il resto, le idee di Tolkien circa l'ultima derivazione di certe parole furono soggette a revisione. Per esempio, SD:419 e le Etimologie (radice TYUL) sono ambedue d'accordo sul fatto che il vocabolo Quenya per "albero (di nave)" è tyulma. Ma secondo le Etimologie, tyulma viene dal primitivo tyulmâ, mentre SD:419 riporta che tyulma discende dal primitivo kyulumâ. Entrambe producono tyulma in Quenya, così non v'è discrepanza concernente l'evoluzione fonetica - ma l'idea di Tolkien circa la forma ancestrale è cambiata nel tempo. Caso similare è il Quenya findë "treccia, ciocca di capelli": proviene dal primitivo spindê (Etimologie, radice SPIN) o da phindê (PM:362)? Tale indecisione risale ai primissimi inizi: discutendo l'originario "Lessico", Christopher Tolkien nota che "in alcuni casi sembra chiaro che il vocabolo era 'quello', da pronunciare così, ma la sua etimologia è rimasta da definire con certezza, e non viceversa" (LT1:246). Ma le idee generali di Tolkien circa il linguaggio primordiale, così esemplificato nelle Etimologie, sembrano aver preso forma compiuta nel 1930 e non hanno subito revisioni sostanziali più tarde. Per esempio, in ciò che Christopher Tolkien chiama "una nota molto tarda" - evidentemente intendendo che essa data dal Settanta - la primitiva forma del titolo di Aulë di "artiere del mondo" è data da mbartanô (LT1:266). Questo sembra essere lo stesso genere di Elfico Primordiale delle forme ricostruite nelle Etimologie, scritte quarant'anni prima. In alcuni casi, lo sviluppo storico di Quenya e Sindarin è divenuto "minutamente raffinato" negli ultimi anni di vita di Tolkien, quindi egli dovette da allora aver mantenuto nella mente un'immagine piuttosto chiara del linguaggio loro comune antenato.-PM:367.
Dev'essere notato come un'idea primeva fu rigettata più tardi: la nozione secondo cui gli Elfi non inventarono linguaggi per proprio conto, ma appresero il Valarin da Oromë (LR:168). Come abbiamo visto, Tolkien a posteriori decise che gli Elfi furono isolati per secoli prima di essere ritrovati dai Valar.
Non sarà necessario aggiungere che la distinzione tra vocaboli Elfici "registrati" e forme "inattestate" è puramente narrativa. Le forme "ricostruite" di Tolkien sono tanto autorevoli quanto il vocabolario delle lingue "attestate": parimenti se qualcuno fosse potuto saltar fuori con una ricostruzione più plausibile del Quenya Primordiale di quella che ne fece Tolkien, sarebbe stato allegramente rigettato! In questa composizione, i vocaboli primitivi "ricostruiti" da Tolkien stesso non sono asteriscati - sebbene Tolkien solitamente li asteriscasse, giocando allegramente il suo Gioco.

(L'esperimento conclusivo in linguistica Elfica: insegnare il Quenya Primordiale ad alcune migliaia di persone e collocarle in un remoto continente in completo isolamento. Poi tornare un millennio o due più tardi e controllare se i loro discendenti hanno sviluppato linguaggi simili al Quenya e/o al Sindarin.)

QUENYA PRIMORDIALE: FONOLOGIA DI BASE

I suoni

Le vocali (monottonghi) del Quenya Primordiale erano a, e, i, o, u, corte e lunghe. Le vocali lunghe sono solitamente marcate con un macron da Tolkien; qui noi useremo invece un accento circonflesso: â, ê, î, ô, û. Come sopra notato, le frequenti vocali lunghe finali sono caratteristiche dell'Elfico primitivo (come sempre, le vocali finali sono talvolta - ma non sempre - accorciate se il vocabolo compare come elemento finale in una parola composta; si confronti tûrô "signore" con -turo in Spanturo "sigonre delle nubi"; vedere anche WJ:403 riguardo khînâ "bambino" che diviene -khîna. Nei plurali terminanti con -î essa rimane lunga, sebbene: kala-kwendî "Calaquendi".) I dittonghi primitivi erano ai, au, ei, eu, iu, oi, ou, ui. Combinazioni come âi possono essere presi l'un l'altro come "lunghi dittonghi" o come â seguiti da i (due distinte sillabe); non sappiamo con precisione cosa Tolkien intendeva. In VT39:11, Tolkien dichiara che "l'Eldarin (e probabilmente il Quenya Primordiale) mostra una marcata preferenza per dittonghi che terminano in i".
Le consonanti possono essere elencate come segue:
Esplosive, t, p, k afone e d, b, g foniche. Questi erano anche i suoni che Tolkien pronunciava th,ph, kh, che possono rappresentare l'uno o l'altro aspirati (th come in think, f, e il tedesco ach-Laut, rispettivamente) oppure stop aspirate (t, p, k seguite da h). La successiva interpretazione è alla lunga la più plausibile, dacché in Antico Sindarin th, ph, kh sono pronunciate come aspirate tronche (LR:322), più tardi divenendo spiranti in Sindarin. Non è teoria economica postulare che le primitive spiranti volsero in aspirate tronche in Antico Sindarin ridiventando poi spiranti in Sindarin. Th, ph, kh erano evidentemente aspirate, in contrasto con le inaspirate tronche t, p, k (prononciate come le tronche in francese o russo, ma diversamente dal QP, questi linguaggi non avendo una corrispondente serie di aspirate tronche fonemicamente distinte dalle inaspirate - come il sanscrito).
Laterali/vibranti: r, l
Glottali (?): h. Il suono in questione p rappresentato da 3 nelle Etimologie e da h nel saggio Quendi ed Eldar (in LR:360, la radice originale che produce il Quenya ho "da" è data da , mentre in WJ:368 questa radice è data invece da HO). Christopher Tolkien descrive 3 come "retrospirante" in LR:360; questo sarebbe il suono detto gh dagli Orchi, la spirante equivalente al G. Può essere che Tolkien invero avesse in mente un suono gutturale o faringale, come l'arabo 'ayn, il classico ebraico 'ayin. Forse più tardi egli decise che fosse più simile all'inglese H, come lo spelling usato in Quendi ed Eldar può suggerire - ma da che ci occupiamo di una forma ricostruita di Elfico, l'esatta qualità di questo suono è poco importante.
Nasali: m, n, ñ (ñ = "ng" come in thing)
Sibilanti: s (che più tardi, in Eldarin Comune, divenne fonica come la z prima della d). La condizione della z nel lingaggio più primitivo è incerta; c'è la radice MIZD, ma ciò può essere ancora dovuto alla s divenuta fonica a contatto con la d. EZDÊ deve essere presa come una forma dell'Eldarin Comune, alla luce di ciò che Tolkien dice in WJ:403.
Semivocali w e j; la seconda è pronunciata come la y inglese in you (e non l'inglese "dzh" come in John). Nella redazione delle Etimologie per la pubblicazione, Christopher Tolkien sostituì Y con J, p.e. KUY, DYEL dove suo padre invero scrisse KUJ, DJEL (vedere LR:346). Ciò fu fatto con buone intenzioni, dacché molti Inglesi madrelingua fraintendevano la lettera J, pensando che si riferisse al suono del "dzh" inglese. Riteniamo tale revisione d'ortografia con riferimento alle radici di base elencate nelle Etimologie ("in capital letters"), altrimenti d'ora in avanti ripristineremo l'ortografia originale di Tolkien nell'attuale forma menzionata nelle Etimologie, p.e. njadrô invece di nyadrô (perciò, il lettore non dovrebbe essere confuso se njadrô si fa derivare da una radice NYAD, da che Tolkien invero scrisse NJAD). Nel saggio Quendi ed Eldar, dove compaiono molte forme ricostruite, Tolkien usa anche j piuttosto che y, e qui Christopher Tolkien lasciò stare l'ortografia di suo padre nella redazione del saggio per la pubblicazione. Noi usiamo anche j in vocaboli primitivi dove sembra che Tolkien abbia impiegato la lettera y, per avere una ortografia uniforme.
Nelle Etimologie, Tolkien in pochi casi cambiò la w con la v, le radici WAY, WEY divenendo VAY, VEY. Ciò significa che egli considerò l'introduzione di v come un suono primitivo, distinto da b o w? Il suono v non s'adatta molto bene alla fonologia; sarebbe l'unica spirante, a meno di considerare 3 come g spirante piuttosto che un suono gutturale o faringale (e Tolkien può ben aver deciso di cambiare 3 in H; vedere sotto). Forse la v come fonema distinto in Quenya Primordiale fu solo un'idea passeggera.

Gruppi iniziali

Il gruppo più esteso di gruppi iniziali comincia per s: sj-, sk-, skj-, skw-, sl-, sm-, sn-, sp-, sr-, st-, sw-.
Alcuni gruppi iniziali possono essere considerati semplicemente nasali tronche: mb, nd, ñg. Già nella Grammatica Gnomica (1917), Tolkien parla di "vocaboli che iniziano con nasali esplosive nd, mb, ng (una classe abbastanza numerosa in origine)" (Parma Eldalamberon #11, p. 7).
Un numero di gruppi termina in una delle due semi-vocali. In J: dj, gj, kj, khj, ndj, ñgj, nj, tj, (e sj, skj già menzionati). In W: gw, ñgw, kw (e skw, sw già menzionati). Sembra che kw già prima della Separazione si fuse in un singolo suono labio-velare q che rimase in Quenya (più tardi pronunciato qu), mentre assai presto divenne p nel dialetto dei Teleri - così anche in Sindarin e il Telerin di Aman. Ma non penso di avere alcuna solida base per dire che kw fosse una singola labio-velare piuttosto che un gruppo di consonanti già dall'inizio, come alcuni farebbero. (Comunque, il primitivo "proto-Elfico" di Tolkien - materiale del 1915 - includeva radici come QORO; vedere LT1:264.)
SD:419 menziona un vocabolo primitivo con iniziale hj (o hy, come è pronunciato). È questo un genuino gruppo h + j, o semplicemente hy come in Quenya, un suono unitario come il tedesco ich-Laut?

Accento tonico

Nelle Etimologie, circa ventotto ricostruzioni di parole primitive accludono un accento che apparentemente marca le sillabe toniche (qui noi usiamo l'italico invece di un accento). Settanta vocaboli sono marcati come se accentati nella prima sillaba: abarô (abaro), alâkô, ba (e pl. bali in bali-ndore/-ndôre), balâre, Ba, banjâ, bata (ba), belek, belekâ, berja, boron-, b'ras-sê, orku, pheren, telesâ, ûbanô (vedere il vocabolario qui sotto per il significato delle parole). Quattro parole sono apparentemente toniche sulla penultima sillaba: bara, ontâro, bere, moro, turumbê. Sei parole sono toniche sulla sillaba finale: barasâ, barjâ, barnâ, battâ, khalnâ, tambâ. Da questi esempi è chiaro che in Elfico Primordiale, l'accento non era determinato dalla forma del vocabolo (come generalmente è il caso in Quenya e Sindarin). Le parole belekâ, bara e barasâ hanno lo stesso numero di sillabe ed esattamente la stessa distribuzione di consonanti e vocali (corte e lunghe), ma non sono toniche sulla stessa sillaba. Non sembra sicuro fare previsioni su quale sillaba riceve l'accento in Elfico Primordiale; possiamo solo prendere in parola Tolkien su tale materia. Molte radici nelle Etimologie, come MORÓK, sono marcate con un accento ad indicare quale sillaba è tonica - e ciò si riflette nel vocabolo derivato moro. La radice MORÓK giustappunto è accentata sulla seconda o, e questo è tutto.
Si può notare che non ci sono connessioni tra accenti e vocali lunghe. Si può pensare che le frequenti vocali finali lunghe fossero accentate, ma ciò non sembra essere la regola. In alâkô, la vocale corta è anche quella accentata. Diversamente dal sottoscritto, i primi Elfi apparentemente non trovarono difficile pronunciare lunghe vocali che fossero completamente non accentate.

VARIE PARTI DEL DISCORSO E LORO INFLESSIONI

Nomi: il linguaggio primitivo ne distingueva almeno tre generi: singolare, duale e plurale. Il singolare era apparentemente la forma base dei nomi, come nella maggior parte dei linguaggi. Il duale era formato con la desinenza -û, vista in besû "coppia sposata" (BES), lasû "orecchie" (paio di orecchie, due orecchie per persona) (LAS2) e peñû "paio di labbra" (VT39:11 cf. 9). Se l'uso di tale elemento duale corrisponde al suo uso in antico Quenya, come sottolineato da Tolkien in Lettere:427, questo primitivo duale è applicato solo a due cose appartenenti assieme ad una coppia, non a due oggetti solo casualmente associati.
Il plurale normale aveva desinenza -î, all'origine del Quenya -i (come in Quendi) e l'"affezione" i vista nei plurali Sindarin (come annon "cancello", pl. ennyn, poiché a e o erano assimilate alla desinenza plurale dell'Antico Sindarin -i, successivamente perduta, e divennero e e y, rispettivamente). Quendi discende da kwendî, il pl. of kwende (WJ:360); notare che la finale corta -e è spiazzata dalla desinenza plurale. Le frequenti lunghe vocali finali non sono apparentemente spiazzate di norma, ma la desinenza plurale -î è accorciata in -i quando aggiunta ad una vocale lunga: il pl. di Lindâ "Linda, un Elfo della Terza Schiera" (WJ:380) è dato da Lindâi (WJ:378), e non **Lindâî. Sembra che queste combinazioni di vocale lunga + i tendessero a divenire normali dittonghi in -i, come âi > ai in questo caso; il pl. di Lindâ è anche dato da Lindai (WJ:385). In SD:302 il pl. di ornê "albero" è similmente dato da ornei, non da *ornêi (forma primitiva?) Tuttavia, a volte il plurale è formato direttamente da una nuda radice invece di essere aggiunto alla vocale finale; perciò, il pl. di ba "Vala" è balî, formato dalla radice BAL, invece di **balâi, **balai. (In Quenya, la forma Vali, da balî, è ancora un'alternativa a Valar come pl. di Vala. Si è visto nel nome Valinor, la terra o popolo dei Vali.)
Un'altra desinenza plurale primitiva, menzionata nelle Etimologie sotto i 3O, era -m. Come e dove era usata non è chiaro. Può essere stata usata per indicare la pluralità dopo desinenze causali e particelle enclitiche. Questa -m è apparentemente l'origine della desinenza plurale -n vista in alcuni dei casi Quenya, come la desinenza -ssen per locativo plurale (singolare -ssë). L'elemento prepositionale , jo- "assieme" (o più di due) è anche dato da jôm, jom- (WJ:361). Può essere che ciò abbia qualcosa a che fare con la desinenza plurale -m.
Può sembrare che il primitivo linguaggio avesse almeno alcuni casi; Tolkien menziona una desinenza allativa -da (WJ:366). L'accusativo trovato in arcaico Quenya, formato dall'allungamento della vocale finale delle parole (cirya "nave" > ciryá), può suggerire che in uno stadio iniziale, essa fosse una desinenza accusativa che consisteva di alcuni suoni gutturali. Quando essa fu persa, la precedente vocale fu allungata (o rimase lunga) per compensazione: ?kirjâ3 > ciryá; per contrasto *kirjâ > cirya. Comunque, alcuni delle numerose desinenze causali in Quenya possono essere particelle che più tardi furono suffissi; sappiamo che la desinenza genitiva -o discende da una particella originariamente independente 3o o ho, "da". Invero la distinzione tra desinenze causali e particelle enclitiche può essere stata vaga o assente nelle primitive forme di Elfico. Interessante la constatazione di Tolkien che elementi "preposizionali" erano normalmente "attaccati" (= suffissi?) alle radici dei nomi in QP; era la loro "posizione usuale" (WJ:368). Può sembrare che in QP, le "preposizioni" normalmente agissero invece come posposizioni. (Le reali preposizioni devono essere divenute dominanti in Eldarin Comune, dacché esse si trovano sia in Quenya che in Sindarin.)
Verbi: Non c'è troppo che possa dirsi circa il sistema verbale nel primitivo linguaggio. Alcune frequenti desinenze verbali, come - e - (donde il Quenya -ya, -ta) possono essere identificate; vedere "Derivazioni in Elfico Primordiale" sotto. WJ:415 suggerisce che nel primitivo linguaggio, il passato prossimo era marcato da "l' 'aumento' o raddoppio della vocale base, e dalla lunga vocale della radice". Così, la radice KWE "dire, parlare" aveva passato prossimo ekwê (la e di KWE essendone il prefisso 'aumentato' e l'originale e essendo allungata in ê). La radice KAR "fare", la quale radice probabilmente è così ben data da *kara, similmente haveva passato prossimo akâra "fatto". Similmente, si può assumere che il passato prossimo di kiri "tagliare" fosse *ikîri (mia ricostruzione), e così via. Nei linguaggi successivi, le vocali-radice come prefisso sopravvivono nell'imperfetto Quenya, mentre appaiono in una classe del passato remoto Sindarin (akâra produce il Sindarin agor).
In Quenya, il passato prossimo è spesso formato dal suffisso - (p.e orta- "aumentare" > ortanë "aumentato") o dall'inserimento della nasale + -ë finale (p.e. tac- "fissare", pass.pr. tancë). L'inserimento della nasale si trova anche nel passato prossimo Sindarin (p.e. sogo "bere" > pa.t. sunc). Da che nel passato prossimo vi è il coinvolgimento delle nasali sia in Quenya che in Sindarin, bisogna tornare almeno all'Eldarin Comune. Nessuna forma primitiva delle desinenze del passato prossimo Quenya - è menzionata da Tolkien nel materiale pubblicato; se è esistita, doveva probabilmente essere *-. Qualche passato prossimo con nasale inserita può semplicemente essere dovuto ad una desinenza aggiunta direttamente a una radice, per cui la n ela consonante finale della radice furono trasposte. Per esempio, il Sindarin sunc "bevuto" (Quenya *suncë, non attestato) può essere derivato da, EC *sunkê < QP *suknê, sc. la radice SUK "bere" con la desinenza del passato prossimo *-. Ma questa è speculazione e richiede rotazioni come kn > nk, che non si riscontrano regolarmente; è meglio assumere che la forma con nasale inserita *sunkê sia originale.
In Quenya, la forma consolidata come aoristo è composta con la desinenza -ë, che cambia in -i quando se ne aggiungono altre. Nel linguaggio primitivo, essa dev'essere stata -i ovunque (da che la finale corta -i divenne -ë in Quenya, ma rimase invariata ove non finale).
Uno degli assai scarsi esempi di un primitivo tempo presente è uljâ *"bagnato", la sorgente del Sindarin eil "sta piovendo" (vedere ULU). Può ciò mettere in discussione l'esistenza di una primitiva desinenza presente verbale -â, origine della desinenza Quenya -a? In WJ:372, Tolkien riferisce della "[presente?] radice verbale in -â". Può sembrare che la desinenza -â sia "invisibile" ove aggiunta a un verbo invece terminante in -â, dove il verbo uljâ certamente mostra la frequente desinenza verbale -. Notare, tuttavia, la forma mâtâ "mangia", stabilita (in VT39:7) come la "forma continuativa" di una radice mata- o MAT "mangiare" (VT39:7, 11; LR:371). Con ciò si confronti Letters:427, dove Tolkien dichiara che il Quenya palantír viene da una primitiva forma palantîrâ (o palantîra), e che questo termine include una "radice continuativa di TIR guardare, fissare". Chiaramente la "forma continuativa" mâtâ "mangia" è attinente a MAT proprio come tale "radice continuativa" tîrâ *"guarda" è attinente a TIR. Sembra che da radici verbali di base (senza desinenze come - o -) una forma continuativa corrispondente all'inglese "is ...-ing" piò essere derivata dall'allungamento della radice vocalica e dall'aggiunta della deisnenza -â. Le forme Quenya discendenti da queste (non attestate in tal caso: *máta, *tíra) sono chiaramente quello che è spesso chiamato il tempo presente. Dacché mâtâ è tradotto "mangia", sembra che le radici continuative possano funzionare come verbi finiti già nel primitivo linguaggio.
Abbiamo un esempio di un primitivo perfetto, vale a dire la forma awâwiiê data in WJ:366. Sembrerebbe essere formato dall'allungamento della radice vocalica come prefisso e dall'aggiunta del suffisso -iiê. In Quenya, la desinenza è divenuta -, ma a parte ciò il perfetto è ancora formato allo stesso modo.
Come altre forme dei verbi fossero costruite in Elfico Primordiale, non sappiamo. La desinenza infinita - si trova sia in Quenya che in Antico Sindarin ("Antico Noldorin"), così bisogna tornare almeno all'Eldarin Comune. La sua forma primitiva può essere stata - (forse attestata sprofondata nel vocabolo luktiênê, vedere sotto). Le desinenze del futuro Quenya e Sindarin, -uva e -tha, evidentemente non sono affini - forse suggerendo che una o entrambe sono innovazioni prive di omologhe nel linguaggio primitivo.
Può essere notato che il primitivo linguaggio non avesse imperativo flessionale; invece la particella imperativa indipendente â, di posizione variabile, era usata in congiunzione con una radice verbale (WJ:365).
Pronuncia: La nostra conoscenza del primitivo sistema pronominale è lontana dall'esser completa. Una radice in prima persona NI "I" è data nelle Etimologie (LR:378); e ni si trova ancora in Quenya (mentre l'origine della parola Sindarin per "I", im, è oscura). La desinenza Quenya -mmë (esclusivamente) per "noi" e la corrispondente desinenza Sindarin -m convince dell'esistenza di un primitivo pronome in 1. persona plurala comprendente il suono m in Eldarin Comune al più tardi. Tolkien parla di de e della sua variante le come di "elementi pronominali in 2a persona" (WJ:363). Il Quenya tye "tu" (come oggetto, "ti") e la desinenza Sindarin -ch *"tu" sembrano indicare che c'era anche una desinenza in 2. persona comprendente il suono k (da che il Quenya tye alla luce della desinenza Sindarin si deve presumere discenda da *kye, mentre il Sindarin -ch rappresenta l'antico *-kk-). Riguardo la 3. persona, la radice dimostrativa TA "quello" è rilevante (essa fornisce il Quenya ta "quello, esso"). il Quenya te "loro, li" (ed "essi"?) può discendere da *tai non accentato, sc. ta "quello [uno]" con una desinenza plurale: *"quelli". La 3. persona era apparentemente in primo luogo associata ad un'altra radice dimostrativa, S-. Sotto tale radice, le Etimologie elencano o su (o /so) come un evidentemente pronome primitivo "egli", mentre "ella" è o si (o , se). Qui, il riferimento è anche dato da "-so inflessioe di verbi" ed il corrispondente femminile "-se inflessione", evidentemente significano che tali pronomi erano allegati a verbi per esprimere che "lui" o "lei" erano il soggetto del verbo. Se tali inflessioni ricorrano già o meno nella maggior parte dei linguaggi primitivi non è chiaro.
Altri frammenti di parlato: un esempio di un avverbio è fornito dal termine akwâ, secondoo WJ:415 "un'estensione o intensificazione di *kwâ, usato avverbialmente" (Quenya aqua "totalmente, completamente, affatto, interamente"). Un altro esempio è hekwâ "prescindendo, non contando, escludendo, eccetto", specificato essere sia avverbio che preposizione (WJ:364-5). Esso è formato dall'"elemento avverbiale" HEKE, HEK, inteso "in disparte, a parte, separato" (WJ:361, 364). Nessuna speciale desinenza avverbiale, come l'inglese -ly, è nota; la desinenza - vista nella parola hekwâ è anche una desinenza aggettivale (vedere le "Derivazioni" sotto). - Un "primitivo elemento negativo" è menzionato in WJ:370: "no!" (anche abâ, aba), esprimendo rifiuto, non negazione di fatto. Per il resto, vocaboli basati sulla radice LA "no, non" o sulle radici negative , e le loro varianti prefissate UGU, UMU erano evidentemente usate a formare negazioni. - Non è noto se vi erano o meno articoli nel primitivo linguaggio; ciò pare incerto. L'origine dell'articolo i "il" in Quenya e Sindarin, vale a dire la radice I, è specificata essere una "particella deitica" (LR:361). Così mentre il Quenya i alda e il Sindarin i 'aladh significano "l'albero", il primitivo *i galadâ evidentemente significa invece "quell'albero". Successivamente, il significato di i fu indebolito da "quello" in "il" (forse già in Eldarin Comune, dacché Quenya e Sindarin hanno in comune tale articolo). I linguaggi romanzi hanno i loro articoli definiti come questi: il loro antenato latino non aveva un termine per "il", ma il significato del dimostrativo latino (tipicamente ille, illa) fu indebolito a produrre articoli come la o el.

ELDARIN COMUNE

Come notato sopra, l'Eldarin Comune (EC) è lo stadio successivo dell'Elfico Primordiale. Esso è il linguaggio degli Eldar originari distinti dagli Avari, l'idioma sviluppato dal Quenya Primordiale nel corso dei due secoli e mezzo trascorsi nella Marcia da Cuiviénen al mare, e perciò l'ultimo antenato comune di Quenya e Sindarin.
In PM:342, Tolkien veramente afferma, "Allorquando gli Eldar giunsero in Aman e vi si stabilirono avevano già una lunga storia alle spalle... anche i loro linguaggi erano stati elaborati e modificati ed erano molto differenti dal loro parlato primitivo com'era prima della venuta di Oromë." Drastici cambiamenti non si manifestano nel materiale che è stato pubblicato, comunque. In molti casi, vocaboli QP dovrebbero essere invariati in EC; notare che ñgolodô (Noldo) è detto essere sia EC (WJ:379) che QP (WJ:381). La desinenza plurale era ancora -î, come in elenî "stelle" (WJ:360).
Come menzionato nell'introduzione, ci sono solamente tre forme nelle Etimologie che sono esplicitamente identificate come "Eld" = Eldarin, evidentemente intendendo l'Eldarin Comune: mahtâ- "maneggiare", ndæ^r "sposo", wa "assieme" (vedere MA3, NDER, ). Queste tre sono derivate dalle antiche ma3tâ-, ndêro e wo, forme che devono necessariamente essere QP. Un certo numero di altre forme Eldarin Comune si trova in WJ e PM. Sembrerebbe che la ê lunga divenisse became æ^ in Eldarin, mentre la modifica dell'accentazione di wo in wa è esplicitamente menzionata in Etim. (sotto ). In QP ma3tâ > EC mahtâ evidentemente dobbiamo intendere che il suono 3 (sc. spirante g, secondo Christopher Tolkien) divenne afono per integrazione con la t seguente, se "ht" in mahtâ rappresenta il tedesco ach-Laut + t, come nella forma Quenya mahta-. Forme come il verbo wahtâ- "sporcare, macchiare" e il sostantivo wahsê "macchia" dalla radice WA3 devono perciò essere prese come l'Eldarin Comune per il Quenya Primordiale *wa3tâ-, *wa3sê. (Notare che in wa3râ "macchiato, sporco", 3 è invariata, poiché non ci sono consonanti afone seguenti.)
La modifica principale sembra aver affetto le vocali finali corte. Le originali -a, -e ed -o sparirono; per esempio, il QP abaro "ribelle" produsse l'EC abar (WJ:371), mentre il QP kwene "persona" divenne in EC kwên (WJ:360 - la parola QP kwende sembra essere invariata in EC, nondimeno). Le -â, -ê, -ô lunghe erano invariate, come lo erano -î e -û. D'altra parte, può esser stato in questa fase che le -i e -u corte volsero in -e e -o, come in Quenya. la modifica della finale corta -i in -e si trova anche in Antico Sindarin, così può sembrare che tale modifica ricorra in Eldarin Comune. Come la parola EC kwên dimostra al coconfronto col QP kwene, la vocale della nuova parola monosillabica potrebbe essere allungata (ma non nella forma plurale kwenî, dove il vocabolo non era monosillabico - ciò si riflette anche nel Quenya quén, pl. queni invece di **quéni).
Altra modifica fu che " la mediale h fu persa molto presto senza lasciar tracce in EC", l'enclitico sostantivo - "da" divenendo -ô, l'origine della desinenza genitiva Quenya -o (WJ:368). Ciò sembrerebbe supportare ciò che argomentavamo sopra: che in mahtâ-, la lettera H veramente sta per ach-Laut. Tale "H" rinforzata non fu perduta (ancora presente nel Quenya mahta-).
Taluni difficili gruppi di consonanti cambiarono in più pronunciabili combinazioni in Eldarin Comune "e probabilmente ancor prima", sc. già in QP (WJ:416). In WJ:416, lo spostamento bm > mb è menzionato, QP labmê "favella" (linguaggio) divenendo lambê in EC al più tardi. Nelle Etimologie, troviamo forme doppie come stabnê, stambê "stanza" (STAB); può ciò suggerire una modifica simile a bn > mb, forse allo stadio EC? Sappiamo da WJ:403 che la combinazione sd fu assimilata a zd in Eldarin Comune, esdê "quiete" becoming ezdê. (La radice EZDÊ nelle Etimologie deve pertanto essere intesa come una forma in Eldarin Comune; non tutte le intestazioni delle voci in Etym rappresentano radici primitive. EZDÊ < esdê è di per sé una forma riarrangiata della radice di base SED "riposo".) Mentre s divenne fonica come z prima della d, sembra che d fu resa afona in t prima della s, primitivo sjadsê "fenditura, squarcio" divenendo sjatsê (SYAD). Forse la modifica ds > ts ricorreva anche nello stadio dell'Eldarin Comune.
L'Eldarin Comune può aver introdotto alcuni nuovi dittonghi derivati da e, o. In tempi successivi i Maestri furono "inclini all'opinione che... ae, ao [prodotti dall'infissione di A] non fossero evoluzioni primitive, ma relativamente tarde e dovute all'analogia di ai : i, e au : u" (vedere VT39:9-10). "Relativamente tarde" può significare allo stadio di Eldarin Comune piuttosto che in Quenya Primordiale. Il fatto che vocaboli che originariamente devono aver contenuto i dittonghi ae, ao si trovino sia in Quenya che in Telerin suppora vigorosamente tale conclusione. In Quenya, questi dittonghi divennero é e ó, rispettivamente; in Telerin essi divennero ambedue á. Come esempio, Tolkien menziona il Quenya méla "amante, affezionato", in Telerin mála. Tutti e due sono derivati da una forma con infissa A della radice MEL "amore", implicitamente *maelâ (non esplicitamente data). Vedere VT39:10.
L'Eldarin Comune non ebbe una struttura interamente uniforme; già durante la Marcia, vi erano dialetti. In uno stadio molto antico, forse prima della Separazione, i Teleri spostarono l'originale kw (> Quenya qu) in p, una modifica che ancora si riscontra nel Sindarin e nel Telerin di Aman (come il Quenya quár "pugno" corrispondente al Sindarin paur, Telerin pár; tutte queste discendono dalla primitiva kwâra, PM:318). In PM:401, Pengolodh puntualizza che "i Quendi erano separati anche nel parlato: gli Avari dagli Eldar; e i Teleri dagli altri Eldar".

LE RADICI E LE LORO MODIFICHE

Quando trattiamo l'Elfico Primordiale, i concetti di radice, root o base devono essere compresi con chiarezza. Già nel suo antichissimo "Lessico Qenya" del 1915, Tolkien affermò che "le radici...non sono affatto parole in uso, ma servono come delucidazione per le parole raggruppate assieme e le rispettive connessioni" (LT1:246). La root o radice è uno scheletro alquanto astratto contenente un significato di base, e nel processo di derivazione tale scheletro è rimpolpato a produrre effettive parole sviluppandone il significato. Per esempio, l'idea generale di gioventù è apparentemente contenuta nella radice NETH - Tolkien semplicemente scrisse "giovane" per suggerirne il significato - ma ciò non vale a dire che la parola in Elfico Primordiale per "giovane" fosse neth. NETH è solo la base di parole vere e proprie come nêthê "gioventù" o nethrâ "giovane" (donde il Quenya nésë, nessa). Le Etimologie sono per la maggior parte una lista di tali radici seguite da alcuni degli effettivi vocaboli che esse produssero in varie lingue. (Comunque, alcune delle voci di testa in Etym sembrano essere parole complete in sé stesse, come RAMBÂ "muro" or TINKÔ "metallo".) La stragrande maggioranza delle parole in Elfico Primordiale consiste di una radice combinata con una desinenza; tali desinenze sono esplorate in dettaglio sotto.
"Mio padre scrisse un buon trattato sulla teoria delle sundokarme o 'strutture di base'," ci informa Christopher Tolkien (LR:343). Tuttavia, solo il sommario dell'ideadi suo padre è disponibile per noi: "Molto brevemente invero, la 'base' consonantica Quenya o sundo era caratterizzata da una 'vocale determinante' o sundóma: sebbene il sundo KAT abbia una mediale sundóma 'A', e TALAT abbia il sundóma ripetuto. In forme derivative il sundóma potrebbe essere posto prima della prima consonante, p.e. ATALAT" (WJ:319). Sembrerebbe, quindi, che la "base" consista di consonanti (come K-T in KAT) più una "vocale determinante" (in tal caso A) che può muovere attorno ed essere duplicata - ma dacché ciò si presenta qua e là, la struttura Quenya di base non è un sistema "Semitico" con radici puramente consonantiche, come in Khuzdul. Questo è più simile al sistema Adûnaico: radici consonantiche che sono associate a certe "vocali caratteristiche" che possono essere inserite in varie posizioni, ma devono essere presenti in ogni parola derivata - o radici con le stesse consonanti diverrebbero impossibli da scandire a parte.
Il sistema che eventualmente cristalizzò a Cuiviénen richiama una "struttura di base" con una preferenza per radici del "modello X-X(-), con una consonante mediana fissa... come *Dele, *Heke, *Tele, *Kala, *Kiri, *Nuku, *Ruku, etc. Un gran numero di radici monosillabiche (con solo una consonante iniziale o gruppo di consonanti) ancora appare negli idiomi Eldarin; e molte delle radici disillabiche devono essere state fatte dall'elaborazione di queste" (WJ:392). Quando Tolkien parla del "modello X-X(-)", egli evidentemente intende "consonante-vocale-consonante(-vocale)". Usualmente, la prima e la seconda vocale è la stessa; invero non sembra problematico che le radici per, diciamo, "seguire" e "leccare" sono date come KHILI e LABA (WJ:387, 416) o semplicemente come KHIL e LAB, come nelle Etimologie (LR:364, 367). In una simile maniera, la radice per "acquazzone" è data sia come ULU (LR:396) che come UL (WJ:400). Parimenti, radici come quelle che Tolkien lista come esempio - *Dele, *Heke etc. - potrebbero probabilmente ben essere date come DEL-, *HEK- etc. (DEL è realmente trovata in WJ:363). Il secondo sistema sembra essere impiegato nelle Etimologie (notare che Etym ha KAL dove WJ:392 dà *Kala-); la radice ULU invece di UL è una delle poche eccezioni. In Etym, le radici vocaliche suffisse possono essere state dismesse semplicemente per salvare spazio. Ma mentre Tolkien in WJ:392 menziona radici "monosillabiche" , egli sembra fare riferimento a radici senza consonanti che seguono la prima vocale (come KWE, NA), cosicché la vocale non può essere suffissa.
Mentre Tolkien in WJ:392 parla di un "gran numero" di tali radici monosillabiche, esse sono relativamente rare nel nostro corpus. Nella stessa pagina in WJ, Tolkien specula su di una radice KWE riferendosi al parlato vocale, che può essere esistita al più primitivo stadio, ma fu successivamente espansa in KWENE e KWETE, sebbene fosse adattata al sistema che si è evoluto nel frattempo. Nelle Etimologie, la maggior parte delle radici elencate consiste di tre elementi: una consonante iniziale o un gruppo di consonanti, una vocale, e una consonante che segue la vocale (p.e. BAL, SPAN). In alcuni casi, non ci sono consonanti iniziali (p.e. EL), ma vi sono assai poche radici di una sillaba che mancano della consonante finale, come NA "essere". Come notato sopra, la seconda sembra essere della specie di radici che Tolkien definisce "monosillabiche" in WJ:392 (e non radici come KWEN, EL, DEL [WJ:361-363], che possono sollecitamente volgere in radici polisillabiche dal suffisso della radice vocalica: KWENE, ELE, DELE [WJ:360]). Delle oltre seicento radici elencate nelle Etimologie, meno di trenta hanno tale struttura "monosillabica", e diverse fra esse non sono radici di verbi, sostantivi o aggettivi, ma preposizioni, particelle, prefissi e simili. (Alcune radici originariamente terminavano in una consonante gutturale scritta come 3, ma la persero e ne ebbero la vocale allungata per compensazione: DO3 > ed evidentemente TA3 > . Forse radici come THÊ, THÛ, sono da intendersi come tarde forme di *THE3, *THU3, *YO3, non date.) In conformità con ciò, Tolkien dichiarò che "la visione posteriore [dei Maestri di tradizione della Terra di Mezzo] fu che di fatto 'radici piene' (intendendo sostantivi-aggettivi o radici verbali) erano veramente rare alla fine del comune sviluppo del primitivo Quenya se monoconsonantiche" (VT39:11). "Monoconsonantiche" è un miglior termine per tale tipologia di radici che non "monosillabiche".
La radice per "morso" è un buon esempio di come una radice possa essere modificata a produrre la base per nuove parole. Non meno di quattro varietà di esse si trovano nelle Etimologie. Prima c'è NAK, apparentemente la forma più di base, col semplice significato di "morso". La radice NDAK "uccidere" è evidentemente da intendersi come una forma potenziata di NAK, il refforzamento della consonante iniziale simboleggiando il senso intensificato. Un'altra variante di NAK ha prefissa la radice vocalica a produrre ÁNAK, una radice che rende i vocaboli per "fauci", l'organo usato per mordere (Quenya anca, Sindarin anc, ambedue dal primitivo ankâ, a sua volta derivata da ÁNAK; vedere NAK). Una quarta possibile variante è NAYKA con una Y infissa (e la radice vocalica suffissa); questa è denominata una "elaborazione" di NAK. Tale radice "elaborata" sembra intendere essenzialmente *"mordace" e perciò *"doloroso"; essa produce perole come il Quenya naicë, Sindarin naeg "(pungente) dolore". Daremo ora uno sguardo esaustivo ai vari modi di manipolare una radice.

radici vocaliche prefisse: Alla voce I nelle Etimologie, Tolkien spiega che i è un "prefisso intensivo dove i è base vocale". Egli menziona ITHIL "Luna" come esempio; essa è derivata da una radice (o "base") THIL "argento lucente" (vedere SIL). INDIS "sposa" come nome della dea Nessa viene da NDIS "donna"; La variante con vocale prefissa i-ndise è chiamata "forma intensiva". Cfr. anche WJ:318, dove il Quenya e Sindarin estel "speranza" è detto essere una radice con vocale prefissa derivata da una radice STEL "rimanere saldo".
In un certo numero di casi, versioni con vocale prefissa di una radice sono dati come voci separate nelle Etimologie. Talvolta, il tono si sposta sulla nuova prima sillaba; talaltra l'originale radice vocalica mantiene l'accento. ÁLAK "impetuoso" è derivato da LAK "rapido". ÁNAK "fauci" da NAK "morso" è già stato menzionato. ANÁR "sole" è dichiarato essere un derivativo di NAR1 "fiamma, fuoco". (Nell'appendice del Silmarillion, voce nár, Christopher Tolkien menziona (a)nar come "la stessa antica radice" che produsse entrambe le parole per fuoco e sole.) AYAN "sacro" è derivato da YAN di significato simile. ELED "andare, partire, lasciare" si collega a LED "andare, uscire da, viaggiare". ÉNED "centro" viene da NED i significato simile. ERÉD, producendo parole per "seme", è derivato da RED "spargere, seminare". ÓLOS "sogno" è connesso con LOS "dormire". ÓROM, la radice che secondo le Etimologie è all'origine del nome del Vala Oromë, viene da ROM "rumore intenso, squillo di corno" (ma Tolkien posteriormente lo rigettò come etimologia popolare Elfica). È stato suggerito che ÓROK, la radice che nei vocaboli elfici per Orco è individuata nelle Etimologie, è collegata a ROK-, la radice per "cavallo". Mentre ciò può sembrare semanticamente stiracchiato, ROK- può originariamente avere riferimento al destriero del "Cavaliere tenebroso sul suo cavallo selvaggio" che vessò gli Elfi a Cuiviénen, evidentemente un servitore di Morgoth (Silmarillion cap. 3). Perciò la radice rafforzata ÓROK potrebbe essere usata per altre creature maligne. (Comunque, Tolkien sembra aver lasciato perdere tale idea e deciso di derivare invece la parola elfica per "Orc" da una radice RUKU; vedere WJ:389.) Le radici negative , hanno varianti prefisse UGU, UMU. Sottilmente più complessa è la derivazione di AKLA-R *"brillantezza" da KAL "splendere" e OKTÂ "guerra" da KOT "battersi, litigare"; qui la radice vocalica è prefissa come di consueto, ma ha anche persa la sua normale posizione, e altre desinenze sono introdotte. Altri esempi di vocaboli dove la radice vocalica è rimossa dalla sua normale posizione tra la prima e la seconda consonante della radice per essere prefissa invece includono esdê "riposare" da SED "rilassarsi" (vedere WJ:403), la sopra menzionata ankâ "fauci" da NAK "morso" e ostô "fortezza" dalla radice SOTO- "riparare, difendere" (vedere WJ:414 per la seconda). Cfr. anche la formazione agentale edlô da DEL, DELE "camminare, andare, iniziare un viaggio" - ma anche edelô con la radice vocalica di DEL intatta. In WJ:363, Tolkien dice che il termine edlô mostra la "perdita del sundóma" (radice vocalica), e così, ovviamente, fanno parole come esdê, ostô, ankâ. La radice RUKU è detta avere forme varianti uruk- e urk(u). È forse impossibile per radici monosillabiche come KWA (avente a che fare con completamento) apparire senza la loro radice vocalica al suo posto normale, ma essa può ancora essere prefissa, come nel derivato akwâ (secondo WJ:415 "una estensione o intensificazione di *kwâ, usato avverbialmente" - Quenya aqua "pienamente, completamente, del tutto, interamente").

Infissione -A-: In alcuni casi, una nuova vocale A è inserita in una radice, volgendo le radici vocaliche i, u nei dittonghi ai, au. La radice SLIW "malaticcio" fornisce l'aggettivo slaiwâ "malaticcio, infermo, malato" (in contrast con un altro derivativo, slîwê "malattia", che non mostra infissione). L'infissione della A è vista anche nella parola taun ?"colle" da TUN (vedere MINI). Dalla radice MIL-IK *"brama" è derivato Mailikô, un nome di Melkor. Altri esempi ancora dalle Etimologie sono thausâ "fallo" da THUS e taurâ "possente" da TUR. In WJ:337, Tolkien deriva maikâ "affilato, penetrante, in profondità" da una radice mik "forare". Inoltre, il termine Quenya nauta "limitare" derivato da NUT punta alla forma primitiva *nautâ (non data); parimenti, il Sindarin glaer (glær) "lungo lai" da GLIR deve discendere da *glairê (cfr. il Quenya lairë). Nel saggio Quendi ed Eldar, naukâ "deforme, *corto" è derivato da una radice NUKU "rachitico". Essa è denominata una "formazione aggettivale" (WJ:413); notare che maikâ, naukâ, slaiwâ, taurâ, thausâ sono anche aggettivi. L'infissione della A si trova anche nell'astratto khaimê "abitudine" forma KHIM "aderire" (che produce anche l'aggettivo khîmâ "vischioso" senza infissione della A - come se tenere oggetti sottintendesse doti profetiche!) Per di più, una delle "antiche forme" della radice RUKU (avente a che fare con "paura", all'origine della parola elfica per Orco) è data come rauk- (WJ:415). Adoperando esempi dal Quenya, Tolkien spiegò che vocaboli formati dall'infissione della A "erano prevalentemente 'intensivi', come in rauko 'creatura assai terribile' (*RUK); taura 'assai poderoso, vasto, di incommensurabile potenza o statura' (*TUR). Alcune erano 'continuative', come Vaire 'Tessitrice' (*WIR)" (VT39:10). - Se l'infissione della A producesse i dittonghi ae, ao da semplici e, o, così come tale processo producesse ai, au da i, u, fu materia di dibattito. Fëanor riteneva che tali forme invero ricorressero nel Quenya Primordiale, ma come menzionato sopra, più tardi i Maestri furono "inclini all'opinione che tali ae, ao non fossero evoluzioni primitive, ma relativamente tarde e dovute all'analogia di ai : i, e au : u" (vedere VT39:9-10).

Infissione -I/Y-: Ciò sembra essere più raro dell'infissione della A. È dichiarato che la radice NAYKA *"doloroso" possa essere una "elaborazione" di NAK "morso"; NAYKA produce i vocaboli Quenya in naic-. La radice WAIWA "soffiare" è apparentemente una variante con I infissa di WAWA, che a sua volta sembra essere una forma raddoppiata di . In VT39:11, Tolkien indica che formazioni "ottative" spesso mostrano l'infissione della i; vedere sotto.

Infissione nasale: le radici possono essere modificate con infissione di una nasale prima della seconda consonanta della radice, m prima di b e p, e n altrimenti (eccetto probabilmente ñ prima di w, vedere sotto). Così, la radice DAT "cadere in basso" ha una variante con nasale infissa DANT. LAK "inghiottire" diviene LANK-, producendo vocaboli per "gola". Una delle "antiche forme" della radice RUKU ha nasale infissa: runk- (WJ:415).
L'infissione nasale non è insolita nei termini derivati. Per esempio, TUG fornisce tungâ "teso, aderente", e ronyô "cacciatore, cane da caccia" viene da una radice ROY "cacciare". In alcuni casi, è arduo dire se in apparenza le forme con nasale infissa siano effettivamente dovute a successive metatesi. Il Quenya sambë "stanza" è detto discendere dal primitivo stabnê, stambê. La seconda sembrerebbe riflettere una forma con nasale infissa della radice STAB, ma la formulazione di Tolkien può anche essere interpretata intendendo che la forma più antiche fosse stabnê derivata da STAB semplicemente con l'aggiunta di una desinenza, e che il gruppo bn più tardi subisse metatesi divenendo *nb > mb. Alternativamente, Tolkien può aver inteso dire che era impossibile determinare se la forma ancestrale del Quenya sambë fosse stabnê o stambê. Un'altra di tali forme doppie si trova sotto SYAD: sjadnô, sjandô "fendere" = spada. Qualunque sia il caso, la radice PAT produce tanto patnâ "ampio" quanto la forma con nasale infissa pantâ "aprire", parole che erano all'apparenza distinte anche originariamente, così sembrwrwbbw che l'infissione nasale ricorresse anche nel primitivo linguaggio.
C'è un esempio di infissione della ñ prima della w: liñwi "pesce" dalla radice LIW.

Potenziamento, fortificazione, rafforzamento, arricchimento: Questi sono i termini di Tolkien per certe modifiche che le radici talvolta subiscono. Per esempio, RUKU appare anche come una "radice potenziata" gruk- (WJ:415); in tal caso il "potenziamento" consiste di una g prefissa. Un prefisso s è visto in s-rot- "scavo sotterraneo, escavazione, tunnel" comparato alla più semplice radice rot (PM:365; groto in WJ:414 è apparentemente una variante con g prefissa). (Secondo VT39:11, più tardi i Maestri ritenevano che l'originale potenziamento di r inizialmente fosse dr piuttosto che gr; il secondo fu modellato sulla frequente variazione l / gl.) Fëanor si dice (in VT39:9) abbia citato esempi di potenziamento dell'iniziale che coinvolgeva "le relazioni tra le iniziali st- e s-, o t-; gl- e l-; ky- e kw- e k-". Un altro "frequente arricchimento d'iniziale" (WJ:413), che particolarmente impressionò Fëanor, è il volgere di b, d, g in nasalizzate esplosive mb, nd, ñg. Ciò può definirsi prefissione nasale, la versione iniziale dell'infissione nasale discussa sopra. Tuttavia, l'iniziale n, come d, può essere potenziata in nd, e m può similmente divenire mb (modifiche che possono anche ricorrere nel mezzo dei vocaboli, vedere sotto). Forse l'iniziale ñ potrebbe essere potenziata in ñg (senza esempi). In LR:377, la radice ÑGYÔ, ÑGYON "nipote, discendente" è suggerita essere correlata con , YON "figlio", suggerendo anche che Y- possa essere potenziata in ÑGY-.
La radice DORO "avvizzito, duro, inflessibile" fornisce il QP ndorê "terra arida" dall'arricchimento dell'iniziale d > nd (WJ:413). La radice NDER "sposo" è detta essere una "forma potenziata di der" (LR:375), sc. la radice DER "uomo". NDUL, fornisce parole dal significato "buio, cupo, oscuro", viene da DUL "nascondere, celare". MBAD "carcerazione, prigione, avversità, inferno" è un potenziamento di BAD "giudicare". MBUD, la radice che produce termini per "naso", viene da BUD "sporgere". MBAR "risiedere, abitare" è detta essere correlata con BAR, sebbene non sia chiaro come sono connesse semanticamente (il probabile significato originale di BAR è dato come "elevare"). Riguardo il potenziamento N > ND e M > MB, c'è la radice NDIS ?"sposa", vista come un "potenziamento" di NIS "donna" (LR:375). la radice NDÛ "scendere, affondare" viene da , una radice apparentemente preposizionale che fornisce taluni vocaboli come "basso" e "sotto". Abbiamo già menzionato NAK "mordere" > NDAK "uccidere". La radice MASAG "impastare" è connessa con MBAS dal senso similare; presumibilmente sono entrambe elaborazioni della più semplice radice *MAS. (Notare, tuttavia, che ci sono molte radici con l'iniziale MB, ND che non possono essere confrontate con alcuna corrispondente radice in B-/M- o D-/N-. In tali casi, dobbiamo presumere che la nasalizata occlusiva sia "originale".)
Simili modifiche possono anche occorrere nel mezzo dei vocaboli. Kwende "elfo" è derivato da una radice KWENE dalla "primitiva fortificazione della mediana n > nd" (WJ:360). Cfr. anche alcune parole nelle Etimologie, come tundu "colle, tumulo" da TUN. Il verbo Quenya tamba- "battere, colpire ripetutamente" vs. il più semplice verbo tam- "picchiare" indica che una fortificazione m > mb ne ha preso il posto (radice TAM). Tolkien spiega che Lindâ "Linda, Elfo Telerin" è derivato dalla primitiva radice LIN dal "rafforzamento della mediale N e dall'aggettivale -â" (WJ:382). L'Eldarin Comune eldâ, "una formazione aggettivale 'connessa o concernente le stelle' ", sembrerebbe essere derivata dal medesimo modello e include una fortificazione mediale l > ld (radice EL, ELE); ciò non si trova inizialmente.
Nel mezzo dei vocaboli, la "mediana" può anche essere raddoppiata: Grottâ "una vasta escavazione" è una forma "intensificata" (WJ:415) di grotâ "escavazione" (WJ:414). Riguardo la radice per "cavallo", ROKO, si è detto che questa è effettivamente una "antica e più semplice forma della radice, trovata in alcuni nomi e vocaboli composti, sebbene la forma normale della parola indipendente 'cavallo' avesse la forma fortificata rokko" (WJ:407). Come vediamo, rokko è "fortificata" col raddoppio della consonante di mezzo di ROKO. La parola battâ "calpestare", con "la consonante mediale allungata in formazioni frequentative" (LR:351), ci fornisce uun esempio di una radice verbale "fortificata": La radice di baseBAT significa "pestare", e la radice fortificata symboleggia la ripetizione dell'azione con l'allungamento della consonante mediana. Per la modifica semantica, si confronti il Quenya tam- "picchiare" vs. tamba- "battere, colpire ripetutamente" menzionata sopra.

Estensione: Alcune radici hanno speciali forme "estese" fatte col suffisso della radice vocalica (come in DELE confrontata con DEL - in Quenya, ciò si definisce ómataina o "estensione vocalica") e l'aggiunta della consonante finale, usualmente n, k, t, o s. Nelle Etimologie, la radice BORÓN è detta essere un'estensione di BOR "sopportare" (quando accentata sulla seconda sillaba è una forma verbale del sostantivo-radice bóron-). Una simile estensione contenente una finale n è fornita dalla radice EL, ELE che produce l'Eldarin Comune elen "stella" (che ne rappresenta una "base estesa", WJ:360; confrontare l'Antico Sindarin toron "fratello" da TOR; cfr. anche le coppie PHER/PHÉREN "faggio" e THOR/THORON "aquila").
Fra le "antiche forme" della radice RUKU (avente a che fare con paura) vi sono rukus e rukut (WJ:415). Le radici estese con ómataina seguita dalla t potrebbero essere ciò a cui Tolkien si riferisce come alle "cosiddette radici kalat" in WJ:392? Kalat pare una forma estesa di KAL, la radice avente a che fare con "luce". Se è così, un altro esempio ancora può essere la radice ÓROT "altura, montagna", che è apparentemente estensa dalla più elementare radice ORO "su; risalire; alto". Qui vediamo come la forma estesa sviluppa il significato della radice elementare (gli altri esempi di radici estese non sono annotati separatamente). Doppie forme radicali nelle Etimologie, come LEP/LEPET "dito" o ESE/ESET "nome" sembrano esemplificare il medesimo fenomeno. Un esempio del genere è arat-, che in PM:363 è detto essere "una forma estesa della radice ara- 'nobile' ". Quando la radice NA "essere" produce il Quenya nat "oggetto", ciò può riflettere una simile estensione della t.
Vi sono alcune possibili estensioni con finale -k, come OTOK "sette" da OT. Forse NÁYAK "dolore" è conneso a NAY "lamento", mentre KIRIK (donde il Quenya circa "falce") è in definitiva esteso da KIR- "tagliare, fendere" (non definita nelle Etimologie, ma si veda kir- nell'Appendice del Silmarillion; cfr. anche KIRIS "taglio" come sostantivo - altra forma espansa). LEPEK è dato come un'estensione di LEP "cinque" (anche LEPEN). Cfr. anche MIL-IK *"cupidigia", evidentemente un'estensione della più semplice radice *MIL (donde il Quenya mailë dall'infissione della A).
Le estensioni che coinvolgono la finale -s (cfr. rukus e KIRIS sopra) inclusa OT/OTOS "sette" (anche OTOK già menzionato), THEL/THELES "sorella", TER/TERES "forare", PHAL/PHÁLAS "spuma" (oltre alla variante SPAL/SPALAS); cfr. anche KYEL(ES) "vetro". La radice NIS "donna" è detta essere "elaborata da INI" (vedere NDIS); forse NIS dovrebbe piuttosto essere derivato dalla semplice radice "donna", del quale INI deve essere una versione con vocale prefissa. (Per l'accorciamento della radice vocalica lunga nella variante con vocale prefissa, confrontare le radici negative vs. UGU e vs. UMU.) Tolkien specula sul fatto che THUS ?"maleodorante" è correlato a (esteso da?) THÛ "boccata, sospiro". Il secondo esempio indica che radici "monosillabiche" (radici senza consonante finale o "mediale") possono essere espanse con l'aggiunta della consonante finale -n, -t, -s direttamente all'originale radice vocalica; la vocale non può essere raddoppiata alla fine poiché non vi è consonante alla quale essa può essere suffissa. (Ma apparentemente la radice vocalica può essere raddoppiata di seguito alla nuova consonante dopo che la consonante è stata aggiunta; cfr. il riferimento di Tolkien in WJ:392 alla radice "*KWE, della quale *KWENE e *KWETE erano elaborazioni".)
Notare che vi sono alcune radici che sembrano essere polisillabiche già in partenza. Per esempio, KYELEK "rapido, agile" a stento potrebbe per ragioni semantiche essere una forma espansa di KYEL "giungere al termine".
Dovrebbe esere notato che Tolkien talvolta usa il termine "radice estesa" anche con riferimento a radici con una radice vocalica prefissa (vedere sotto), dove la vocale è anche presente al suo posto normale.

Differenziazione: Come notato sopra, le forme lunghe di radici con una vocale finale usualmente implica la semplice ripetizione della radice vocalica: DEL > DELE, KAL > KALA etc. Ma vi sono alcuni rari casi in cui un'altra vocale finale, -U, è ripresa. In WJ:411, Tolkien menziona una radice TELE "conclusione, fine, giungere al termine" e aggiunge che "essa era probabilmente distinta da *tel-u 'coprire con una tettoia, portare a compimento un edificio'... Ma *telu può essere semplicemente una forma differenziata di *TELE, dacché il tetto era l'opera finale di un edificio." Sembrerebbe che varianti o radici "differenziate" possano essere fatte con la modifica della vocale finale.
Eccetto che per TELU, la traccia per tali radici è usualmente indiretta. La radice KEL "andare, correre (specialmente d'acqua)" chiaramente ha una forma più lunga KELU. (L'indice dei Racconti Incompiuti, voce Celos, effettivamente menziona una radice kelu- "fluire velocemente".) La forma più lunga riemerge nel Quenya celumë "fiotto, flusso" (ma non in celma "canale"). Il termine Ilkorin per "fiume", celon, è derivato da quel che sembra essere una forma espansa in -n: "kelu + n", perciò *kelun (LR:363). Un caso simile sembra essere quello del Quenya cotumo "nemico" da KOT, KOTH: la u centrale ha qualche altra origine. Vi sono anche alcune radici Quenya in -u, come nicu- "essere gelato, freddo (dell'acqua)" (WJ:417) o hlapu- "volare o planare nel vento" (MC:223). Ma come siano correlate a radici "differenziate" come TELU, se al postutto lo sono, è lungi dall'esser chiaro.

Variazione: Sembra esservi qualche variazione tra certe consonanti similari, come T/TH/D, e anche tra TH e S. Nelle Etimologie, c'è ovviamente una connessione (confermata dagli stessi riferimenti incrociati di Tolkien) tra le radici PAT, avente a che fare col concetto di apertura, e PATH, che fornisce vocaboli come il Sindarin pathw "spiazzo pianeggiante". È anche suggerito (in LR:393) che THIN, che produce parole per "grigio", possa essere una variante di TIN "emettere sottili (argentei, pallidi) raggi". Similmente, vi è ovviamente una connessione tra le radici DAL "piatto", LAD *"ampio" e LAT "postura aperta". Le radici SIL, THIL "splendere" son dette essere varianti, e una simile variazione S/TH è vista nelle coppie GOS/GOTH "timore" e KHIS/KHITH "bruma, nebbia". La variazione SP/PH è vista in SPAL/SPALAS, variante di PHAL/PHÁLAS "spuma". KAR "fare" sembra avere una variante KYAR "suscitare", e sotto la radice KEL "andare, correre" troviamo riferimenti a KYEL "giungere al termine, ultimare" e KWEL "svanire, consumarsi, appassire". La variazionw tra differenti semivocaliche (Y/W) che si vede nella coppia KYEL/KWEL si trova anche in KHAW come confronto con KAY "coricarsi"; nelle Etimologie, KHAW è equiparato alla seconda radice. Ciò fornisce anche un esempio di variazione K/KH; cfr. anche RIK(H) "strattone, movimento improvviso". Sotto TAM "bussare" vi è un riferimento a NDAM "martellare, battere"; la seconda sembra esporre sia l'"arricchimento iniziali" con nasale prefissa che la variazione T/D. L'Elfico Primordiale evidentemente non contempla *NT come combinazione iniziale , così essa dev'essere invece divenuta ND.
La variazione P/T si trova nelle radici PIK e TIK; ambedue evidentemente hanno a che fare con piccolezza. Sotto TIK, Tolkien fa un riferimento incrociato a PIK. La variazione tra T e D iè vista nella coppia TING, DING, ma dacché tali termini sono semplicemente onomatopeici, tale variazione è da prevedersi.
Secondo WJ:363, vi sono "alcune indicazioni" che la variazione tra D e L ricorra in Quenya Primordiale, "un esempio osservabile essendo de/le come elementi pronominali in seconda persona". In tardo QP, GL appare come una variazione iniziale di L (WJ:411, cfr. VT39:11).
Variazioni tra differenti vocali sono più rare, ma BEL "forte" è ipoteticamente comparato da Tolkien con la radice BAL (donde ba "Potenza, Dio, Vala"), e sotto NAT "allacciare, tessere, legare" Tolkien compie un riferimento incrociato a NUT "legare, fissare".

DERIVAZIONI IN ELFICO PRIMORDIALE

In Elfico Primordiale, pressappoco tutte le parole possono essere suddivise in una radice seguita da una desinenza derivazionale, e qui tenteremo di elencare tali suffissi. Nel primitivo linguaggio, la radice e la desinenza sono usualmente facili a distinguersi, mentre il confine tra esse è spesso confuso da modifiche foniche nel linguaggio più tardo. Per esempio, il primitivo sukmâ "recipiente per bere" è facilmente diviso in una radice SUK "bere" con la desinenza - che denota un utensile - ma in Quenya, che ha traslato l'originale km in ngw, il vocabolo risultante sungwa non può alla lunga essere analizzato così facilmente. (Malgrado esempi come questo, le desinenze originali sono usualmente riconoscibili in Quenya, dall'accorciamento delle vocali finali: - normalmente appare come -ma. Molto di ciò che è detto sotto è ancora valido per i diretti discendenti Quenya di tali suffissi, ma in Sindarin, le desinenze originali sono più logorate e talvolta pure rimpiazzate da nuove desinenze.)
Dovrebbe essere notato che la seconda, raddoppiata vocale della radice, la ómataina o "estensione vocalica", spesso non è inclusa laddove una desinenza è aggiunta a produrre una vera e propria parola. Vi sono in definitiva alcuni vocaboli ove la seconda vocale persiste, come ULU "scrosciare" nel fornire ulumô *"spruzzo", ma spesso essa sparisce. In WJ:416, è data una radice NUKU "nano", but nella derivata nuktâ- "bloccare", la seconda U di NUKU non è inclusa. D'altro canto, la ómataina può talvolta riemergere nei derivati pure quando la radice è data nella forma più breve, come il sostantivo tjulussê "pioppo" è derivata da TYUL "ritto (eretto)"; tale sostantivo è effettivamente basato sulla forma con ómataina *TYULU.
La seconda vocale di radici bisillabe come GÓLOB o STÁLAG può anche essere omessa nelle parole proprie che sono derivate da essa; tali radici si manifestano come golb- e stalg- nei derivati golbâ "ramo" and stalgondô "eroe, uomo impavido".
Vi sono anche vocaboli ove la prima vocale decade quando non sia accentata: per esempio, la radice BERÉK fornisce b'rektâ- "esplodere improvvisamente" e KARÁNk'rannâ "arrossire" (ma dalle stesse radici provengono bere "selvaggio" e karani "rosso" con la prima vocale della radice intatta). Tale perdita di radici vocaliche non accentate è più spesso vista nelle originali forme di parole Sindarin e può essere concepita come un fenomeno che occorre in seguito allo stadio più antico, in Telerin Comune, cosicché b'rektâ-, per esempio, rappresenta il primitivo *berektâ-. Ma in almeno un caso, una forma ove una vocale non accentata è stata omessa è visto alla base di un vocabolo Quenya: ráca "lupo" discendente dal primitivo d'râk, radice DARÁK. Il primitivo *darâk- con la prima vocale intatta potrebbe aver invece fornito il Quenya **laráca. Così in alcuni casi almeno, la vocale non accentata dev'essere sparita perlomeno in Eldarin Comune.
Nel caso di radici bisillabe con una consonante finale, tale consonante e la vocale finale può anche cambiar posto ove una desinenza sia aggiunta: sebbene la radice ÚLUG si manifesti come ulgu- nel vocabolo ulgundô "mostro".
Notare che nelle parole proprie, j come la consonante finale in una radice invariabilmente diviene i prima di una consonante, unendosi alla radice vocalica a produrre un dittongo in -i (così come la radice TUY - o TUJ - produce la parola tuimâ, per *tujmâ). Similmente, w diviene u prima di una consonante, come quando TIW fornisce tiukâ "grosso, grasso" (per *tiwkâ). Talvolta, ma non sempre, j diviene i anche prima di vocali, come DAY (DAJ) allorché produce daio "proteggere" - ma in contrasto con naje "lamento" da NAY (NAJ).

La maggior parte dei vocaboli primitivi termina in una vocale, talvolta corta ma spesso lunga. La vocale può essere una completa desinenza in sé o parte di una più lunga desinenza. Non possono essere formulate regole categoriche come per ciò che le differenti vocali finali denotano; al massimo vi sono talune tendenze. Parlando molto generalmente, termini con la finale A sono spesso verbi o aggettivi, e se essi sono sostantivi, denotano oggetti concreti più frequentemente che non sostanze o altro di intangibile. Parole in E sono usualmente sostantivi e propendono per denotare astrazioni o sostanze piuttosto che semplici, tangibili oggetti. Vocaboli in I sono spesso aggettivi di colorazioni; quando sono sostantivi essi usualmente denotano esseri femminili. Parole in O sono per la maggior parte sostantivi e tipicamente denotano esseri animati (maschi); molot spesso tali termini hanno un significato agentale. Vocaboli in U sono relativamente rari; essi sono praticamente sempre sostantivi e tipicamente denotano sia esseri maschili che parti del corpo.

La desinenza -â (o -a) occorre in molti tipi di termini, ma quello preminente è la desinenza aggettivale -â, menzionata da Tolkien in WJ:382. Gli aggettivi possono essere derivati da semplice suffissazione, come mizdâ "bagnare" dalla radice MIZD o telesâ "crescere" da TELES. Tuttavia, la desinenza è spesso combinata con certune manipolazioni della radice:
- Fortificazioni della mediale come M > MB, N > ND, L > LD, p.e. rimbâ "frequente, numeroso" da RIM, kandâ "spavaldo" da KAN, kuldâ "rosso dorato" da KUL.
- Infissione nasale, p.e. tungâ "teso, attillato" da TUG; cfr. anche WJ:375, dove Tolkien deriva pendâ "pendenza" da una radice PED "declinare, essere inclinato verso il basso".
- Infissione della A, p.e. thausâ "sudicio, maleodorante, putrido" da THUS, taurâ "autorevole, possente" da TUR (cfr. anche maikâ "aspro" da MIK, WJ:337, e naukâ *"nano" da NUKU, WJ:413).
- Infissione della I; essa occorre in un ristretto gruppo di formazioni desiderative. Per esempio, l'aggettivo meinâ "ansioso di andare, desideroso di partire" viene da una radice MEN "andare" (VT39:11). (Apparentemente tale parola potrebbe anche essere usata come un verbo "desiderare di andare in qualche direzione, muovere verso di essa, avere qualche meta in vista"; ciò è vero almeno per i suoi discendenti Quenya mína-.) Altri esempi si trovano in Quenya: maita "affamato" dalla radice MAT "mangiare", e soica "assetato" da SOK "tracannare, bere" (primitivo *maitâ, *soikâ, mie ricostruzioni). Vedere VT39:11.
- Allungamento della radice vocalica, p.e. khîmâ "appiccicoso, viscoso" da KHIM, râba "selvaggio, indomito" da RAB, dâla "piatto" da DAL.
- radice vocalica prefissa: askarâ "straziante, lacerante" from SKAR "straziare, lacerare" (in effetti, askarâ diviene una specie di participio).
I sostantivi in -â esibiscono le medesime variazioni; nella maggior parte dei casi, tali sostantivi denotano oggetti inanimati. Alcuni sono derivati da semplice suffissazione, p.e. wedâ "legame" (WED) o golbâ "ramo" (GÓLOB). Alcuni mostrano infissione nasale: kwentâ "racconto" (da KWET "parlare"), randâ "ciclo, era" (RAD), kwingâ "chinarsi" (KWIG). Notiamo anche casi in cui la radice vocalica è allungata, come râmâ "ala" da RAM o kânâ "protesta, clamore" da KAN (vedere PM:361-362 per il secondo esempio). Il raddoppio della consonante finale nella radice si trova anche in: rattâ, ratta "corso, letto fluviale" da RAT, gassâ "buco, apertura" da GAS. Il termine ankâ "mascella, fila di denti" è basato su una forma riarrangiata della radice NAK "mordere"; Tolkien effettivamente scrisse "an-kâ" come per enfatizzare che la vocale di mezzo fu perduta. Se la finale -â sia una desinenza indipendente o solo la radice vocalica suffissa ed allungata è difficile da dire. La formazione simile OKTÂ "guerra" da KOT "lottare, litigare" chiaramente esibisce una desinenza indipendente -â, da che la radice vocalica qui è O.
Come notato sopra, vi sono molti verbi che mostrano la finale A, ma in tal caso come parte delle più lunghe desinenze - o -. La semplice desinenza -a, -â è molto rara nei verbi. Notiamo olsa- "sognare" dalla radice ÓLOS. La -â lunga combinata con la fortificazione mediale M > MB ricorre in tambâ "bussare" (TAM); la finale -â è marcata come accentata. Così la vocale finale di battâ "calpestare", con la "consonante mediale [della radice BAT, *BATA] allungata in formazione frequentativa".
In alcune radici verbali, la final -a è affatto chiaramente giusta la radice vocalica ripetuta, per esempio stama- "sbarrare, escludere" (UT:282) o glada "ridere" (PM:359). Esse sono conseguentemente irrilevanti qui.

Il suffisso - è una (usualmente agentale) desinenza che si preferisce nel caso di radici che terminano in N: ñgandô *"arpista" da ÑGAN/ÑGANAD e lindô "cantore" da LIN. (Lindô è attestato solamente nel composto tuilelindô "gola", etimologicamente "fonte del cantore": vedere TUY. Ñgandô è parimenti attestato solo come una parte del vocabolo tjalañgandô "suonatore d'arpa"; vedere TYAL, ÑGAN/ÑGANAD). C'è anche la parola ndandô "Nando, Elfo Verde", interpretata "uno che ritorna sulla sua parola o decisione" (i Nandor furono così chiamati in quanto essi abbandonarono la marcia da Cuiviénen; la radice DAN-, NDAN- indicat "il capovolgersi di un'azione, così da annullarne o azzerarne l'effetto", WJ:412). In ñgolodô "Noldo" (WJ:364, 380), la desinenza - segue la radice vocalica raddoppiata (ómataina) della radice ÑGOL. In tale parola, - apparentemente non ha alcun significato agentale; esso è semplicemente un suffisso personale (maschile), indicante uno che ha le proprietà denotate dalla radice ÑGOL (saggio, saggezza).
La parola in Eldarin Comune rondô "tetto a volta" non contiene la desinenza -; questa è la radice RONO (non in Etym) con fortificatione mediale n > nd (VT39:9, cfr. WJ:414). Indvero non possiamo essere sicuri che vocaboli come lindô non siano derivati da LIN per mezzo di una simile fortificazione e la più semplice desinenza -ô (vedere sotto). La questione non ha molto interesse pratico.
La desinenza - appare anche in una forma con nasale infissa -ndo o -ndô. Nel termine ulgundô "mostro, creatura deforme e soaventosa" da ÚLUG non sembra essere agentale, ma è semplicemente usato a formare un sostantivo. Nei vocaboli kalrondô "eroe" (da KAL "brillare") e lansrondo, lasrondo "uditore, ascoltatore, che origlia" (da LAS2 "ascoltare"), la desinenza -ndo, -ndô sembra essere suffissa ad un'altra desinenza maschile, -/-ro (vedere sotto). Tolkien veramente scrisse "lansro-ndo, lasro-ndo" per fare chiarezza. Vedere anche -ondô.
Come controparte femminile li - ci aspetteremmo -, e tale desinenza può essere attestata in asmalindê "uccello giallo, 'zigolo giallo' " (SMAL). La desinenza -(i)ndê che qui occorre può essere vista come una forma con nasale infissa di *-, parallelamente -ndô da -. (In Quenya, -ndë può apparentemente essere usato per un ente inanimato tanto quanto per uno femminile: cfr. ulundë "alluvione" da ULU "flusso".)

La desinenza -ê, -e ha diversi significati, o piuttosto pochi significati specializzati quanto alcuni molto generali. Un certo numero di termini in -ê, -e denota un che di astratto o intangibile; in tali casi la radice vocalica è spesso allungata: nêthê "gioventù" (NETH), ñgôlê "Scienza/Filosofia" (PM:360), ñôle "odore" (ÑOL), rênê "rimembranza" (PM:372), slîwê "malattia" (SLIW), tûrê "dominio, vittoria" (TUR). LA radice vocalica rimane corta in we3ê "virilità, vigore" (WEG), et-kelê "sorgente, fuoriuscita d'acqua" (KEL) e naje "lamento" (NAY), mentre khaimê "costume" mostra infissione della A invece dell'allungamento (KHIM). Nella parola esdê > ezdê "riposo", l'origine del nome Quenya della Valië Estë, LA radice SED occorre in una forma alternativa ESD- (WJ:403). Perr -ê come desinenza astratta, si confronti anche la più lunga desinenza -, -, -, che è spesso usata per derivare parole astratte.
Un altro gruppo di sostantivi in -ê denota sostanze: khjelesê "vetro" (KHYEL(ES) ), kjelepê "argento" (KYELEP), laurê "luce dorata" (LÁWAR/GLÁWAR), mazgê "pasta" (MASAG), rossê "rugiada, spruzzo" (Letters:282), slingê "tela di ragno" (SLIG); srawê "carne" (MR:350); possiamo pure includere mizdê "fine pioggia" (MIZD).
Una desinenza femminile -ê, -e è vista nel vocabolo tawarê, taware "driade, spirito dei boschi" (evidentemente fem., in contrasto col masc. tawarô, tawaro) (TÁWAR). Cfr. anche bessê "moglie" (BES), sebbene ciò possa contenere una più lunga desinenza -, e la vocale finale nel pronome , se "lei" (radice S; anche , si).
Comunque, la desinenza -ê ricorre anche in molti sostantivi che sembrano non avere nulla in comune semanticamente. La desinenza -ê Può essere usata da sola (come in spinê "larice" da SPIN, tatharê "salice" da TATHAR), ma più spesso è combinata con alcune altre manipolazioni della radice, come l'infissione nasale (londê "sentiero stretto" da LOD), allungamento della radice vocalica (rîgê "corona" da RIG), infissione della A (laibê "linimento" da LIB2), fortificazioni mediali come M > MB o N > ND (rimbê "folla, stuolo" da RIM, spindê "treccia, ciocca di capelli" da SPIN) o raddoppio della consonante finale della radice (lassê "foglia" da LAS1, b'rittê "ghiaia" da BIRÍT). Nîbe "fronte, faccia" mostra una -e corta, ma la radice vocalica di NIB è allungata. In taluni sostantivi, la desinenza -ê, -e può essere analizzata come fosse semplicemente la radice vocalica suffissa e talvolta allungata, p.e. in eredê "seme", kjelepê "argento", ndere "sposo" (ERÉD, KYELEP, DER/NÊR). Aggettivi come dene "sottile e forte, pieghevole, flessuoso" (WJ:412) o radici verbali come dele "camminare, andare, procedere, viaggiare" (WJ:360) dovrebbero probabilmente essere analizzati nella medesima maniera; non è presente alcuna reale desinenza derivazionale. Analogo è il caso del sostantivo kwende "Quendë, Elfo"; esso è derivato dalla radice KWENE con fortificatione mediale N > ND, senza alcuna distinta desinenza -e (WJ:360).

La desinenza -i ricorre in un certo numero di aggettivi, molti dei quali sono di colori. Nel caso di radici monosillabiche terminanti in N, essa è sempre combinata con la fortificazione N > ND: slindi "fine, delicato" (SLIN), thindi "pallido, grigio, tenue, grigio pallido o argenteo" (THIN, PM:384), windi "grigio-azzurro, azzurro o grigio pallido" (WIN/WIND; windi fu depennato). Ninkwi "bianco" combina la desinenza -i con infissione nasale della radice NIK-W. D'altra parte, karani "rosso" (KARÁN) non mostra ulteriori modificazioni, oltre alla desinenza. anche un altro aggettivo-colore, lugni "azzurro" (LUG2), sembra contenere una più lunga desinenza -ni che è attestata solamente in questa parola. In ringi "freddo" la desinenza può essere la radice vocalica suffissa. Mori è specificato essere sia l'aggettivo "buio" che l'astratto "oscurità" (Lettere:382; nelle Etimologie, radice MOR, la glossa è semplicemente "nero"). Ciò ci conduce ai sostantivi in -i. Taluni sono astratti, come rinki "prosperare, vibrare" (RIK(H), notare l'infissione nasale). La parola etsiri "bocche di un fiume" in origine è palesemente l'astratto "deflusso(defluire)" (ET, confrontare SIR). Pochi sostantivi in -i si riferiscono a periodi di tempo: ari "giorno" (AR1) e dômi- "crepuscolo" (DOMO).
Qualcuno denota sostanze: g-lisi "miele" (LIS) e pori "farina, sfarinato" (POR); khîthi "foschia, nebbia" può anche esser visto come una sostanza (KHIS/KHITH). Alla luce di ciò, può liñgwi "pesce" (LIW, notare l'infissione nasale) essere "pesce" come una sostanza, come cibo, piuttosto che "pesce" come un animale? Solo un vocabolo in -i è riferito ad un singolo, concreto, tangibile oggetto: phini "un singolo capello" (PM:362 - tale termine è specificato essere Eldarin Comune piuttosto che Quenya Primordiale). In diversi degli esempi scorsi, incluso phini, la "desinenza" può anche essere la radice vocalica suffissa (ma ovviamente non in ari, dômi-, pori).

Una desinenza femminile -î è vista nei due vocaboli Barathî (BARÁTH), un antico nome di Varda, e in târî "regina" (moglie di un târo, "re"). Il termine târî è probabilmente formato successivamente a târo, dacché non ci sono R nella radice TA/TA3 e l'equivalente femminile della desinenza maschile -, -ro sembra essere propriamente - (come in weirê "tessitore", WEY), non *-. Per -î come elemento femminile, cfr. anche il pronome , si "lei" (radice S; anche , se). (Notare, tuttavia, che Tolkien posteriormente insinuò un'altra etimologia per il Quenya Vairë; vedere weirê nel vocabolario sottostante.)
La -î del vocabolo îdî "cuore, brama, desiderio" sembra essere non connessa (una desinenza astratta, o soltanto la radice vocalica suffissa, oppure un travisamento di *îdê come la forma Quenya írë può suggerire?) La radice ID non è definita.

Una desinenza astratta/infinita -ie si trova in Quenya e in Antico Sindarin, e ci aspetteremmo che essa corrisponda a qualcosa come - nel primitivo linguaggio. Tale desinenza può essere attestata nel vocabolo luktiênê "incantatrice" (LUK), se fosse *luktiê "incantesimo" + la desinenza femminile -, perciò *"incantesimo-femmina". *Luktiê dovrebbe essere un sostantivo astratto o verbale formato da *luktâ- "incanto" (mia ricostruzione, cfr. il Quenya luhta-).
In gwa-lassiê "raccolta di foglie, fogliame" da lassê "foglia", la desinenza - + il prefisso gwa- "assieme" è usato a formare un collettivo (Lettere:282).

Una desinenza aggettivale -imâ occorre nel vocabolo silimâ "bianco splendente", "argento" (come agg.) (SIL). Ciò dovrebbe essere l'origin della desinenza aggettivale Quenya -ima (spesso indicante "-abile", [e anche -ibile, -ubile, -evole, N.d.T.] ma a volte usata in un senso più generale). Alternativamente dovremmo spiegare silimâ come comprendente la forma con ómataina di SIL, precisamente *SILI, seguito dalla desinenza -; vedere sotto. Ma tale desinenza è tipicamente adoperata per derivare parole per attrezzi e non si trova in nessun (altro) aggettivo, così è meglio presumere una desinenza -imâ.

La desinenza femminile -ittâ è menzionata in PM:345; essa è l'origin del Sindarin -eth. Vedere anche -otta, -otto.

La desinenza -, -ja, -, -ia as diversi significati. Essaa ricorre in un certo numero di aggettivi: banjâ "bello" (BAN), kalarjâ "brillante" (KAL), miniia "singolo, distinto, unico" (MINI), oijâ "eterno" (OY), slinjâ "snello, sottile, magro" (SLIN), windiâ "azzurro pallido" (WIN/WIND - è incerto se Tolkien rigettò o meno il vocabolo windiâ). Wanjâ "biondo, bello" è definito un "derivativo aggettivale... dalla radice WAN" in WJ:383. Il termine kwendjâ, l'origine di Quenya, è illustrato come un aggettivo indicante "appartenente ai *kwendî, al popolo nel suo complesso" (WJ:360, 393). Tale enunciazione può suggerire che kwendjâ venga da *kwendî-â, sc. la forma plurale kwendî "Elfi" + la desinenza aggettivale -â?
La desinenza verbale -, -ja, - è attestata nelle parole barjâ- "proteggere" (BAR), berja- "osare" (BER), beujâ- "seguire, servire" (BEW), ramja- "volare, veleggiare; errare" (RAM), tjaliâ- "giocare" (TYAL), uljâ "sta piovendo" (ULU). Nelle Etimologie, il vocabolo barjâ ha un diacritico a indicare che la desinenza - (o la sua vocale finale) era accentata (BAR). Ma non possiamo concludere che questo sia sempre il caso; berja "osare" è marcato come accentato sulla prima sillaba. (L'aggettivale - apparentemente non è accentato; cfr. banjâ "bello".)
Vi sono solo pochi sostantivi in -, -ja: galjâ "luce vivida" (KAL), gilja "stella" (GIL), kegjâ "siepe" (UT:282), talrunja "pianta del piede" (TALAM, RUN). Tolkien depennò winjâ "sera" (WIN/WIND). Wanjâ "Vanya" (Quenya pl. Vanyar, il primo clan degli Eldar) è realmente un aggettivo "biondo, bello", come notato sopra (WJ:380, 383). Tolkien ricostruì anche la forma primitiva di Vanya come banjâ (BAN; cfr. pl. "Banyai" in PM:402).

Un'altra desinenza aggettivale è -. Nelle Lettere:282, Tolkien menziona una "base" LAY (anche presente nel Quenya lairë "estate") che fornisce laikâ "verde". Altri esempi includono gajakâ "terribile, spaventoso" (PM:363), poikâ "pulito, puro" (POY), urkâ "orribile" (WJ:390), tiukâ "grosso, grasso" (TIW); posteriormente - divenne corto -ka come in lauka "caldo" (LAW). La desinenza -, attestata solamente nel vocabolo tiukô "coscia" (TIW), sembrerebbe essere una forma nominalizzata di - (tiukâ "grosso" > tiukô *"cosa grossa" = "coscia"). [In inglese il legame è più evidente: "cosa grossa" = "thick thing" > "thigh", N.d.T.]

La desinenza -la sembra indicare appena più che "cosa" (o "persona"); essa è usata come formatrice di sostantivi. Tolkien definisce hekla come "qualche cosa (o persona) messa in disparte da, o tolta da, la sua normale compagnia" (WJ:361; radice HEKE "in disparte, a parte"); ciò può essere volto in una "forma personale" heklô "reietto o emarginato" con la desinenza maschile -ô; vedere sotto. (Vi è anche una forma aggettivale heklâ composta dalla desinenza aggettivale -â, discussa sopra.) Nellee Etimologie, -la si trova nei nomi di un certo numero di utensili dove la desinenza - (vedere sotto) potrebbe presumibilmente essere ben stata usata come: makla "spada" da MAK "spada, duello di spada", tekla "penna" da TEK "scrivere" (perciò *"cosa per scrivere"), e, con una radice con nasale infissa, tankla "spillo, spilla" da TAK "sistemare, fare presto". Nel vocabolo magla (leggere *smaglâ?) "macchia" dalla radice SMAG- "[?] imbrattare, macchiare" la desinenza semplicemente agisce come formatore di sostantivo. (Nelle Etimologie, il termine Sindarin mael riferito come magla è glossato sia "macchia" che come sostantivo e agg. "macchiato", ma l'aggettivo "macchiato" è presumibilmente derivato da *(s)maglâ con l'aggettivale -â.) In un caso, la desinenza -la è aggiunta, non direttamente alla radice, ma ad un altro vocabolo derivato: Sjatsela/sjatsêla "lama di spadone", "lama di ascia" include la parola sjatsê < sjadsê "fenditura, ferita" derivata dalla radice SYAD "darere a zero, smaltire"; a sjatsêla è perciò un *"oggetto usato per ferire".
L'aggettivo ndulla "buio, cupo, oscuro" può non contenere la desinenza -la; esso è apparentemente formato dalla radice NDUL dal "potenziamento" della consonante finale in doppia LL e dall'aggiunta della desinenza aggettivale -â. Invero la forma in QP ed EC dev'essere stata *ndullâ con una vocale finale lunga, per cui il primitivo ndulla avrebbe prodotto il Quenya **nul (null-), ma l'attuale forma Quenya è nulla. Ndulla deve essere inteso come antico Quenya (dopo l'accorciamento delle originali vocali finali lunghe) piuttosto che Elfico primitivo.
La desinenza -la combinata col suffisso aggettivale -â produce -, come in heklâ menzionato sopra. Tale - sembrerebbe essere l'origine della desinenza participia Quenya -la, Sindarin -l.

La desinenza - è adoperata per derivare sostantivi che "sembrano propriamente essere stati universali o astratti" (VT39:16); ciò vale anche per i loro diretti discendenti Quenya -. Nella maggior parte degli esempi attestati essa semplicemente agisce come una desinenza sostantiva verbale. La radice TUY "sorgere, sbocciare" fornisce tuilê "giorno di fioritura" o "tempo di fioritura"; il significato di base dovrebbe essere semplicemente *"fioritura, sboccio". Keglê viene da keg- "protuberanza, barbiglio" e significherebbe essenzialmente *"ostacolare, mettere barbigli", ma gli astratti spesso prendono un significato concreto, e in Sindarin cail (< keglê) indica "steccato" o "palizzata" (UT:282).
Il -rille di silimarille "Silmaril" può essere un sostantivo verbale derivato da RIL "risplendere", cosicché rille indica qualcosa come *"radianza, brillantezza".
Il -le di nenle "torrente" (NEN) può essere o non essere connesso; se lo è, la parola significherebbe "annacquamento". Ma tale -le può anche essere una desinenza diminutiva.
Come può quadrare ramalê "estremità alare, grande ala (d'aquila)"? (RAM)

Il suffisso - è una delle desinenze più produttive. Tolkien puntualizza che tale suffisso è frequente nei nomi di utensili (WJ:416). Perciò la radice TAK "sistemare, fare presto" può produrre takmâ "oggetto per fissaggio", l'origine del Quenya tangwa "occhiello, borchia". SUK "bere" fornisce sukmâ "recipiente per bere". Un altro termine dal medesimo significato, julmâ, è parimenti derivato da una radice che indica "bere" (WJ:416 - questa è l'origine del Quenya yulma "coppa", noto da Namárië). Dalla radice YAT "congiungere" viene jatmâ, che significa apparentemente "ponte" o "congiunzione" (Quenya yanwë). Notare che la radice della quale - (-ma) è appendice non richiede un significato verbale; kasma "elmetto" viene da una radice KAS "capo". Telmâ "cappuccio, coperture" viene da una radice (TEL/TELU) che non è definita, ma apparentemente ha a che fare con la sommità o calotta di qualcosa. (Nelle Etimologie, la vocale finale di telmâ ha un diacritico che denota che essa può essere sia lunga che corta, così la variazione - vs. -ma non è importante.)
Alcuni "attrezzi" possono pure essere parti corporee, come nakma "mascella" da NAK "mordere", o labmâ "lingua" da LABA "leccare" (WJ:416).
Tuttavia, non tutti i termini in - denotano utensili. Spesso il significato della desinenza - è molto generale; essa semplicemente denota un oggetto in qualche modo connesso allo stato o azione denotato dalla radice. Parmâ "libro" viene da una radice PAR "comporre, mettere assieme"; un parmâ è semplicemente un "oggetto che è composto o messo assieme". Talvolta - denota un agente impersonale, come in tuimâ "un pollone, germoglio" da TUY "scaturire, sbocciare" o tjulmâ "albero di nave" da TYUL "alzarsi" (ma in SD:419, la forma primitiva del Quenya tyulma è ricostruita invece come kjulumâ). In alcuni casi, - è usato semplicemente per derivare sostantivi concreti, come in pathmâ "spazio livellato, terreno" o sjalmâ "guscio, conchiglia, corno di Ulmo" (radici PATH, SYAL non definite). Similmente, skelmâ "pelle, vello" viene da una radice SKEL che non è glossata chiaramente; può indicare "svestire, spogliare" (cfr. SKAL1). IL Quenya corma "anello" palesemente rappresenta una primitiva forma *kormâ (non ricostruita da Tolkien); la radice KOR significa "rotondo", così un *kormâ è semplicemente un "oggetto rotondo".
Infrequentemente la desinenza - può anche denotare una sostanza, come in wilmâ "aria, aria sottostante" dalla radice WIL "volare, fluttuare in aria", o sagmâ "veleno" da SAG (significato della radice non dato; forse "amaro").
La desinenza - sembra anche ricorrere in un aggettivo, silimâ "bianco splendente", "argento" (come agg.) (SIL). Ma questa è probabilmente una più lunga desinenza aggettivale -imâ; vedere sopra.

La desinenza - è propriamente una desinenza sostantiva astratta o verbale, più come l'inglese "-ing", come in julmê "bisboccia, gozzoviglia", dalla radice JULU "bere" (WJ:416) o labmê "l'azione di *LABA", sc. una radice avente a che fare col leccare o il muovere la lingua (WJ:416). Il nome del Vala Oromë è realmente adattato dal Valarin (un'antica forma Eldarin era Arâmê), ma in epoche successive gli Eldar presero il nome che indica "che soffia nel corno", erroneamente supponendo che contenesse la desinenza sostantiva verbale - (WJ:400).
Un certo numero di altri vocaboli sono facilmente illusrati come termini astratti che hanno assunto un significato più concreto, come tali parole spesso fanno: rakmê "scandaglio" da RAK "protendersi, raggiungere", tekmê "lettera, simbolo" da TEK "porre un marchio", tinmê "scintillio, brillio" da TIN "scintillare", tulukmê "supporto, sostegno" da TULUK (radice non definita ma avente a che fare con essere compatto o tenace). Notare che l'italiano "supporto" può avere un significato sia astratto che concreto (l'atto di supportare vs. un tangibile sostegno), che illustra come astratti e concreti sono facilmente amalgamati. In un caso, la desinenza - sembra essere confusa con -; sia telmâ che telmê (o telma, telme) "cappa, copertura" sono menzionate da Tolkien quando etimologizzò il Quenya telmë "cappuccio" (TEL/TELU). Ancora una volta, una "copertura" totalmente astratta prende un senso concreto: un cappuccio, che dovebbe più propriamente essere chiamato un telmâ con la desinenza per utensili.
In pochi casi, la desinenza -/-me occorre nei nomi di sostanze: khithme "nebbia" (KHIS/KHITH), silimê "luce di Silpion", anche un termine poetico per "argento" (SIL; this may actually be a nominalized form of the apparentemente adjectival desinenza seen in silimâ; see -imâ). In one word - semplicemente denota qualcosa di intangibile: do3mê "notte" (DO3, vedere DOMO).

La desinenza agentale - è attestata solamente nella parola Ulumô "Signore dei Flutti, Ulmo" (ULU). Tuttavia, il suo discendente Quenya -mo è ben attestato ed è dichiarato essere una desinenza che "spesso appare in nomi o titoli, talvolta con una significanza agentale" (WJ:400; qui "Signore dei Flutti" come significato di Ulmo è detto essere etimologia popolare Elfica, per il nome che fu effettivamente adottato e adattato dal Valarin Ul(l)ubôz).

La desinenza - (-na) è molto produttiva. In pochi casi (khalnâ, barnâ sotto KHAL2, BAR) la vocale finale è marcata come accentata; forse tale desinenza ricevette l'accento in Elfico Primordiale. La sua funzione è di formare aggettivi: In UT:266, un vocabolo in - è defiito come una "antica forma aggettivale", mentre in WJ:365 un'altra di tali parole, heklanâ, è detta una "forma aggettivale estesa" (estesa se comparata alla più breve forma aggettivale heklâ, presumibilmente). Gli esempi comprendono ku3nâ "arcuato, sagomato ad arco, ricurvo" (KU3 "arco"), magnâ "capace" (MAG, under MA3), ndeuna "secondo" (NDEW "seguire, venire alle spalle"), ornâ "saliente, elevato" (UT:266), patnâ "ampio" (PAT), pathnâ "liscio" (PATH), ragnâ "corrotto" (RAG), sarnâ "di pietra" (SAR, vedere STAR), ta3na ?"alto, maestoso, nobile" (TÂ/TA3), tubnâ "profondo" (TUB). Tale desinenza può ben essere aggiunta a radici che hanno già un significato aggettivale, tali come k'rannâ "rubizzo (di viso)" da KARÁN "rosso" o mornâ "oscuro" da MOR "nero" (vedere Letters:282 per mornâ; questo derivato non è dato nelle Etimologie, sebbene lo sia il suo discendente Quenya morna).
Talvolta la desinenza - (-na) produce forme che possono essere considerate participi passati, come quando DUL "nascondere, celare" fornisce ndulna "segreto" (o *"nascosto, celato"). Gjernâ "antico, logoro" può essere visto come un participio passato se la radice GYER significa "logorarsi (per l'uso)" come il suo derivato Quenya yerya. Parimenti, skelnâ "nudo" viene da una radice (SKEL) che può significare "spogliare" (cfr. SKAL1 ). Chiaramente participiali sono le forme skalnâ "velato, nascosto, ombreggiato, ombroso" da SKAL1 "diffuso, soffuso (della luce)", skarnâ "ferito" da SKAR "strappare, squarciare", e barnâ "incolume, protetto, sicuro" da BAR "sollevare, salvare, soccorrere". Notiamo anche wannâ "partito, morto" da WAN "partire, andare via, sparire, svanire" e khalnâ "nobile, esaltato" da KHAL2 "sollevare". Lebnâ "lasciato indietro" sembrerebbe essere un participio passato dalla sua glossa, ma sorprendentemente la radice LEB/LEM non significa "lasciare indietro"; essa è glossata "stare, piantarsi, aderire, rimanere, trattenersi".
In pochi casi, vocaboli in - sono usati come sostantivi piuttosto che come aggettivi, come staknâ "fenditura, separazione". Queso dovrebbe essere un participio passato usato come un sostantivo; la radice STAK è glossata "separare, inserire". Vi è anche la forma originale del Lindon, Lindânâ; il nome si riferisce ai Lindarin (Telerin) Elfi Verdi che vi si stabilirono (WJ:385). Lindânâ dovrebbe significare semplicemente "[Zona dei] Lindarin". Il termine ramna "ala (corno), esteso punto a fianco, etc." non armonizza bene; esso è derivato da una radice già dal significato "ala" e deve essere visto semplicemente come una variante (RAM).
Una più lunga forma -inâ, -ina si trova in alcuni termini: smalinâ "giallo" (SMAL), Bedûina ("Bedû-ina") "dei coniugi" (Bedû, Aulë e Yavanna; vedere LEP/LEPEN/LEPEK), ngolwina "saggio, istruito in arti profonde" (ÑGOL). Nel caso di ngolwina, la desinenza non è aggiunta direttamente alla radice ÑGOL, ma a *ngolwê (mia ricostruzionw), l'origine del Quenya nolwë "saggezza, tradizione segreta".

La parola luktiênê "incantatrice" (LUK), la forma primitiva di Lúthien, sembra contenere una desinenza femminile -. Dovrebbe essere la controparte del maschile -; vedere sotto. Essa è apparentemente suffissa ad un sostantivo *luktiê "incantesimo" piuttosto che direttamente ad una radice verbale. Una distinta desinenza - occorre in ornê "albero (sottile)", dichiarato essere correlato all'aggettivo ornâ "saliente, alto" (UT:266). In tale termine, - sembrerebbe essere una desinenza nominale corrispondente all'aggettivale -, un ornê essendo letteralmente un "oggetto alto", usato con riferimento ad alberi sottili. Come slignê "tela di ragno" vi si adatti è difficile da dire, dacché Tolkien non definì la radice SLIG. In neinê "lacrima", la desinenza - non aggiunge nulla al significato della radice NEI "lacrimare" e deve essere vista semplicemente come una desinenza nominale.

Il suffisso - è una desinenza maschile. Esso ricorre in bernô "uomo" e besnô "marito" (BES, cf. BER). Dacché la radice BES significa "sposarsi", besnô "marito" potrebbe essere interpretato *"sposo", se assegnamo un significato agentale a -. Esso è chiaramente agentale in khalatirnô "guardiano dei pesci": radice TIR "controllare, guardare". (Nelle Etimologie, khalatirnô ha un diacritico indicante che essa potrebbe essere sia lunga che corta: - o -no.) Cfr. anche stabnô "carpentiere, riparatore, costruttore" da STAB (anche stabrô, così le desinenze - e - sono talvolta intercambiabili). In alcuni casi, - denota agenti impersonali, come sjadnô "che spacca" = spada da SYAD "fendere, spaccare". In adnô "cancello" la desinenza non aggiunge alcun significato alla radice AD "entrata, cancello".

La desinenza -ô, -o è predominantemente una desinenza maschile; comparare il pronome /so "egli" (radice S, anche /su). La desinenza -ô sembra corrispondere al femminile -ê così come la desinenza maschile -û corrisponde al femminile -î. Spesso -ô è visto avere un significato agentale: Kânô "strillone, araldo" da KAN "urlare" (PM:362, 361, 352), mâlô "amico" da MEL "amare come amico" (Tolkien commenta sull'irregolare vocalismo E > A), ndâkô "guerriero, soldato" da NDAK "uccidere", tanô "artigiano, fabbro" da TAN, "creare, modellare", tûrô "padrone, vincitore, signore" da TUR "[avere] potenza, controllo". (Secondo PM:362, kânô è un esempio di "la più antica e più semplice forma agentale".) Eccetto in tanô, la vocale della radice è allungata (cfr. anche delô sotto). Talvolta la radice è manipolata in altre maniere dove si aggiunge -ô. L'infissione nasale è vista in ronjô "segugio" = cane da segugio (ROY1 "chase") e sjandô "che spacca" = spada (SYAD "spaccare"; sjandô può anche essere una forma metatesizzata di sjadnô). In raukô, una parola in Eldarin Comune applicata alla "maggiore e più terribile delle figure nemiche" nota ai primi Elfi, la radice RUKU ha A infissa (WJ:390). Se raukô possa o meno essere considerata una formazione agentale è incerto e forse dubbio (RUKU ha a che fare con paura; Tolkien definisce il Quenya rauco come "creatura assai terrible" in VT39:10). Nel vocabolo Quenya Primordiale edelô "uno che va, viaggiatore, migrante" la radice vocalica (sundóma) è prefissa; cfr. la radice DELE "andare, viaggiare" (WJ:360). La più semplice variante delô, delo è vista nei termini in Eldarin Comune awa-delo, awâ-delo (anche ?wâ-delô) *"Che va via", un nome ideato nel Beleriand per coloro che finalmente partirono dalla Terra di Mezzo (WJ:360). Edelô "viaggiatore" ha anche una possibile variante edlô "con perdita del sundóma" (WJ:363, 364). Ovviamente, la radice vocalica non s'è realmente "persa", ma la struttura consonante-vocale-consonante della radice è riarrangiata in vocale-consonante-consonante (EDL per DEL).
In alcuni vocaboli -ô, -o non ha significato agentale, ma è semplicemente una desinenza maschile: urkô ?"Orco" (WJ:390), ndêro "sposo" (NDER, forma potenziata di DER "uomo"), wegô "uomo" (WEG "vigore virile"), berô "uomo valente, guerriero" (BER "valente"; sotto BES berô è glossato semplicemente "uomo"), tawarô/tawaro "driade, spirito dei boschi" (evidentemente masc.; fem. tawarê/taware) (TÁWAR "bosco, foresta"). Notiamo anche iondo "figlio" (menzionato sotto SEL-D; leggi *jondo?), chiaramente derivato da YON con fortificazione mediale n > nd e la desinenza maschile -o.
La desinenza -ô ricorre anche nei nomi di alcuni animali: rokkô "cavallo" (Letters:282, 382, radice ROK data nelle Etimologie) e moro "orso" (MORÓK); possiamo includere ûbanô "mostro" (BAN). Se potremmo o meno insistere sul fatto che tali termini siano esclusivamente maschili non possiamo sapere. Dacché -ô corrisponde al femminile -ê, un'orsa può esplicitamente essere una *moro, mentre una cavalla è una *rokkê. Similmente, un *urkê dovrebbe essere un Orco femmina (mai vista, mai menzionata e mai sentita, ma secondo il Silm. cap. 3 "Gli Orchi infatti vivevano e si moltiplicavano a mo' dei Figli di Ilúvatar", così donne-Orco devono essere esistite!) Ma vocaboli come moro, rokkô e ûbanô possono probabilmente essere usati con riferimenti generici, senza rispetto dei sessi.
Solo raramente -o, -ô sono usati per derivare termini che denotano oggetti inanimati senza significato agentale. Annotiamo daio "ombra, ombra gettata da un oggetto" (DAY "ombra"), panô "asse, tavola fissata, specialmente in un pavimento" (PAN "piazzare, porre, fissare in sito (specialmente del legno)"), tinkô "metallo" (TINKÔ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice"). Gli astratti in -ô sono invero assai rari; annotiamo mbandô "custodia, sicurezza" (MR:350) e alâkô "impeto, volo impetuoso, vento selvaggio (ÁLAK; "vento selvaggio" è almeno relativamente concreto). Nelle parole lokko "anellino" (LOKH), ndôro "terra o regione" (WJ:413), rondô "una tettoia a volta o ad arco" (WT:414), ostô (EC) "fortezza, roccaforte" e tollo "isola" (TOL2), la vocale finale è probabilmente soltanto la radice vocalica suffissa. Questo è anche il caso di radici verbali come groto "sterrare, scavare, traforare", rono "arcuarsi sopra, ricoprire con un tetto" o soto "riparare, proteggere, difendere" (WJ:414).

Ancora un'altra desinenza maschile, -ondô, è vista in stalgondô "eroe, uomo impavido" (STÁLAG). In kalrondô "eroe" (KAL) sembra essere combinato con la desinenza maschile -ro. Un'antica forma di Sauron è data (nelle Lettere:380) come thaurond-. Il trattino indica che la parola non è completa; dobbiamo presumere che la forma completa fosse *thaurondô. Questo -ondô è evidentemente giusta una più lunga forma di -, vedere sopra (cfr. la desinenza femminile -indê, apparentemente equivalente ad una forma più breve non attestata *-).

Le desinenze -otto, -otta possono essere osservate nelle ricostruzioni suggerite da Tolkien delle forme primitive del Sindarin nogoth "nano": nukotto, nukotta "un oggetto (o persona) rachitico o malformato" (WJ:413). Tali desinenze semplicemente denotano qualcuno o qualcosa che hanno le proprietà descritte dalla radice (in tal caso NUKU "rachitico", WJ:413). Confrontare la -tt- vista in kwelett- "cadavere" da KWEL "sbiadire, avvizzire". Il vocabolo dovrebbe significare letteralmente *"uno svanito/avvizzito/morto"; la sua forma completa può essere *kweletto o *kweletta. La desinenza femminile -ittâ menzionata in PM:345 può essere correlata a queste o ad altre desinenze con doppia T.

La desinenza - è un suffisso aggettivale discretamente produttivo: wa3râ "macchiato, sporco" (WA3), târâ "elevato" (TÂ/TA3, cfr. TÁWAR), ubrâ "abbondante" (UB), magrâ "utile, adatto, buono (di oggetti)" (MAG, under MA3), mikrâ "dalla punta affilata" (WJ:337), sagrâ "amaro" (SAG), nethrâ, nethra "giovane" (NETH), gairâ "orribile, spaventoso" (WJ:400), akrâ "stretto" (AK), teñrâ "ritto, retto" (TEÑ, TE3), gaisrâ "terribile" (GÁYAS), taurâ "magistrale, maestoso" (TUR, TÂ/TA3, cfr. TÁWAR), nûrâ "profondo" (NÛ). Letters:380 gives thaurâ "detestabile", detto essere derivato da una radice THAW (non in Etim). Un caso speciale è l'aggettivo katwârâ "armonioso", che sembra avere due desinenze aggettivali aggiunte alla radice KAT, prima - e poi -. La corta -ra in lakra "veloce, rapido" (LAK2); cfr. anche nethra accanto a nethrâ.

La desinenza - sembra avere diversi significati. Essa funziona come una desinenza astratta nei due termini idrê "sollecitudine" (ID) e thêrê "sguardo, viso, espressione" (THÊ). D'altra parte, essa è una desinenza collettiva nel vocabolo nôrê "famiglia, tribù o gruppo avente un'ascendenza comune" (WJ:413); dovrebbe essere l'antenata della desinenza collettiva - nota dal Quenya. La radice WEY "vento, trama" dà weirê "tessitrice" come la forma originale del nome Quenya della Valië Vairë; questo - è palesemente un suffisso d'agente, evidentemente la controparte femminile del maschile -. Nel vocabolo stalrê "scosceso, cadente" (STAL) - sembra funzionare come una desinenza aggettivale (può questo essere un travisamento di *stalrâ, con un ben attestato suffisso aggettivale?)
La desinenza -re in balâre, la forma arcaica del nome dell'isola di Balar alle bocche di Sirion (BAL), è in qualche modo connessa ad alcuna di tali -?

Parole con la desinenza -, -ro sono identificate da Tolkien come formazioni agentali (WJ:371 - qui egli menziona anche una forma -rdo, che non è attestata altrove). In WJ:371, il Quenya Avar (pl. Avari) è detto seguitare ad una primitiva forma abaro, derivata da una radice ABA avente a che fare col rifiuto. Le Etimologie s'accordano piuttosto bene con questo; la maggior parte delle parole in - e -ro sono invero viste come aventi un significato agentale: beurô "seguace, vassallo" da BEW "seguire, servire", onrô o ontâro "che procrea, genitore" da ONO "procreare", ndeuro "seguace, successore" da NDEW "seguire, venire dietro". Stabrô "carpentiere, riparatore, costruttore" è visto avere un significato agentale, sebbene la radice STAB non sia glossata. Tolkien afferma che tamrô "picchio" significa letteralmente "picchiatore", da TAM "picchiare". Un altro nome d'animale, njadrô "ratto", letteralmente significa *"roditore" (NYAD "rodere").
Tolkien nota in WJ:371 che mentre la forma corta -ro è usata dopo una radice vocalica suffissa (ómataina), come in abaro, la forma lunga - può essere aggiunta direttamente alla radice "con o senza n-infissione". Ma la sola parola con nasale infissa con tale desinenza che ricorre nelle Etimologie, kwentro "narratore" da KWET "parlare", mostra la forma corta -ro. (Forse dovremmo invero leggere *kwentrô dacché il discendente Quenya quentaro mostra -o, mentre un'originale finale corta -o deve essere stata perduta allo stadio dell'Eldarin Comune.) Dobbiamo anche accludere lansrondo da LAS2; questo -rondo sembra essere -ro + un'altra desinenza maschile (anche in kalrondô "eroe"; vedere -ndô sotto -, e -ondô).
In pochi vocaboli, -, -ro funziona semplicemente come una desinenza maschile e non ha significanza agentale. Cfr. târo "re" da TÂ/TA3 "alto, elevato, nobile". Kalrô "nobiluomo, eroe" è un caso dubbio, ma forse significa letteralmente "uno splendente" (KAL "splendere").
La desinenza maschile - apparentemente ha una controparte femminile -, come in weirê "tessitore" (WEY).

Una desinenza apparentemente aggettivale - occorre nel termine neresâ. Questo è detto essere una "formazione femminile aggettivale" da NER "uomo", che significa "colei che ha ardimento o potenza d'un uomo" (WJ:416). Tale particolare desinenza non sembra essere attestata in alcun altro posto; né Tolkien spiega precisamente come tale aggettivo possa essere considerato "femminile".

Una desinenza - ricorre in un certo numero di vocaboli, ma sembra avere diversi significati. In alcune parole apparentemente denota qualcosa che è compiuto dall'azione denotata dalla radice: khotsê "assemblea" da KHOTH "radunare", sjadsê (tardo sjatsê) "fenditura, squarcio" da SYAD "tagliare attraverso, fendere", wahsê "macchia" da WA3 "macchiare, lordare". possiamo aggiungere b'ras-sê "calore" se l'indefinita radice BARÁS intende qualcosa come "ardere" or "scaldarsi" (essa fornisce parole per "rovente, ardente, incandescente"). In qualche modo khjelesê "vetro" vi si adatta, o la S appartiene alla radice, che Tolkien confusamente elencò come KHYEL(ES)? Potrebbe essere una forma "espansa" di una più corta radice *KHYEL. Una distinta desinenza femminile - sembra ricorrere in poche parole, come ndîse "sposa"; ciò potrebbe sembrare essere la radice NDIS con la desinenza femminile -e, ma le Etimologie elencano una sub-voce NDIS-SÊ/SÂ che sembra indicare che una desinenza - realmente sia presente. Tale desinenza occorre in bessê "moglie", or la doppia S è semplicemente la consonante finale della radice BES duplicata? La seconda costituisce pressoché certamente il caso delle parole khrassê "precipizio" (KHARÁS), kwessê "piuma" (KWES), lassê "foglia" o "orecchio" (LAS1, cfr. Lettere:282) e risse- "una ravina" (RIS). Ma che dire della lunga desinenza -ssê in tjulussê "pioppo", aggiunta ad una forma con ómataina della radice TYUL? Anche alcuni sostantivi Quenya mostrano la desinenza -ssë, p.e. hópassë "rifugio" (KHOP) - per *khôpassê?

La desinenza -stâ sembrerebbe essere essenzialmente una desinenza sostantiva verbale; il Sindarin haust "letto" è detto derivare da khau-stâ, letteralmente "riposo-ando" (KHAW).

La desinenza -, -ta è nella maggior parte dei casi un suffisso verbale. La maggior parte dei verbi in -ta sono chiaramente transitivi: anta- "presentare, dare" (ANA1), bâta "bandire, proibire" (WJ:372), ektâ "forare con una punta aguzza, pugnalare" (WJ:365), hektâ "mettere da parte, espellere, abbandonare" (WJ:361; hekta, WJ:365), k'riktâ "falciare" (KIRIK), ma3tâ (> Eldarin Comune mahtâ-) "maneggiare" (MA3), maktâ "brandire un'arma" (MAK), rista- "tagliare" (RIS), skelta- "spogliare" (SKEL), wahtâ- "macchiare, insozzare" (WA3). Wedtâ "giurare" (di fare qualcosa) fu depennato (WED). In un verbo, la desinenza - prende un significato causativo: tultâ- "far venire" da tul- "venire" (TUL). Il verbo nuktâ- "arrestare, impedire di giungere a completamento, giungere sul punto di, nn permettere di continuare" può anche essere visto come una forma causativa della radice NUKU "arrestato" (WJ:413). Alcuni verbi in ta sono intransitivi, e sono: swesta- "ansimare" (SWES) e b'rekta- "esplodere improvvisamente" (BERÉK). Vi era anche winta- "sbiadire" (WIN/WIND), ma Tolkien lo depennò.
Vi sono solo pochi sostantivi in -, -ta. Notiamo sjadta "colpo d'ascia" (SYAD), bestâ "matrimonio" (BES), smalta "oro" (LÁWAR/GLÁWAR cfr. SMAL) e jakta- "collo" (YAK).
L'aggettivo arâtâ "esaltato" non contiene la desinenza -, ma è un aggettivo derivato dalla radice estesa arat- (PM:363). Il sostantivo Eldarin Comune ñalatâ "radianza, riflesso scintillante" può similmente essere una forma estesa della radice ÑAL (PM:347, non nelle Etimologie). Kalata- ?"brillare" è dichiarato essere una forma espansa di kala- (WJ:392). L'elemento kwata visto in termini Eldarin per "pieno" ritorna anche in una più semplice radice KWA (WJ:412).

La desinenza - in kirtê "tagliando", l'origine del Sindarin certh "runa", sembra denotare qualcosa che è compiuto dall'azione denotata dalla radice (qui ovviamente KIR "tagliare", sebbene tale radice non sia elencata in Etim). Tolkien definisce kirtê "un derivativo verbale" e aggiunge che era di un tipo non usato in Quenya, apparentemente indicante che nessun vocabolo Quenya contiene un discendente della desinenza -, o che tale discendente non è produttivo in quel linguaggio (WJ:396).

Una desinenza aggettivale -ti o -iti è vista in pochi termini: ma3iti "utile, abile" (MA3), neiti- "umido, rugiadoso" (NEI), phoroti "retto" o "nord" (PHOR). Nel caso di phoroti, la desinenza aggettivale può semplicemente essere -i aggiunta a *phorot, una forma estesa (una cosiddetta radice kalat?) della radice elementare PHOR. La desinenza Quenya -itë in aggettivi come uruitë "incandescente" (UR) è chiaramente discendente da -iti.

La desinenza -û è un suffisso duale, ma essa ha anche altri significati. Termini in -û, -u sono quasi sempre sostantivi (raramente verbi e mai aggettivi). Una desinenza maschile -û sembra essere presente in atû "padre" (ATA) e kherû "padrone" (Letters:178, 282). In kundû "principe", la desinenza può essere la radice vocalica raddoppiata, ma probabilmente è la medesima desinenza di atû, kherû. Cfr. anche la corta -u in orku "folletto", Orco (ÓROK). Nelle successive ricostruzioni di Tolkien della parola primitiva per "Orco", come urk(u) o uruku (WJ:390), la desinenza -u può ben essere la radice vocalica suffissa. Una desinenza maschile può essere presente in rauku, la possibile origine dell'elemento finale in Balrog; Tolkien suggerì anche raukô come una possibile ricostruzione, e tale parola indubitabilmente contiene una desinenza maschile (WJ:390). Alcuni vocaboli in -u denotano parti corporee: mbundu "muso, naso, capo" (MBUD), ranku "braccio" (RAK), tûgu "muscolo, tendine" (TUG). Notare l'infissione nasale in mbundu, ranku. Alcune parole in u denotano località: jagu "golfo" (YAG), tumbu "valle profonda" (TUB) e tundu "colle, tumulo" (TUN); notare l'infissione nasale in tumbu e la fortificazione mediale N > ND in tundu. Solo un termine in -u denota una sostanza: smalu "polline, polvere gialla" (SMAL). Nel vocabolo tulku "supporto, sostegno" (TULUK) la finale -u è probabilmente solo la radice vocalica suffissa. La parola suglu "calice" ed il nome Utubnu, la primitiva forma di Utumno, sembrano contenere desinenze -lu e -nu non altrimenti attestate (SUG [vedere SUK], TUB).

Fra le rare radici verbali in -u notare tel-u, telu "coprire con un tetto, porre la calotta su di un edificio". Tolkien suggerì che questa fosse una "forma differenziata di *TELE", una radice indicante "concludere, finire, giungere alla fine" (WJ:411). WJ:417 menziona anche una radice Quenya niku- "essere gelido, freddo (del tempo)"; dovrebbe discendere da *niku- ma non si danno ulteriori informazioni. Non necessita che ci curiamo di radici come ULU "versare, sgorgare" (LR:396), dacché la finale U è semplicemente la radice vocalica raddoppiata e suffissa; confrontare la forma breve UL in WJ:400.

La desinenza -, -wa è vista essere essenzialmente un suffisso aggettivale. Ricorre in diversi nomi di colori: khithwa "grigio" (KHIS/KHITH), laikwâ "verde" (LÁYAK; laikwa sotto LAIK), smalwâ "maggese, pallido" (SMAL), narwâ "rosso infuocato" (NAR1 - la lunga vocale finale svela che questa è una forma arcaica e non Quenya). Vi è anche l'aggettivo katwâ "sagomato, formato" dalla radice KAT "foggiare". Se la seconda glossa inglese è da intendersi come un verbo piuttosto che un sostantivo, la formazione qui funziona come un participio passato. D'altra parte, essa funziona pressoché come un participio attivo in terêwâ "pungente, acuto" da TER, TERES "perforare".
In un caso - volge in un vocabolo dichiarato essere un "avverbio e preposizione": hekwâ "lasciando da parte, non coutando, escludendo, eccetto" (WJ:365). Questa è semplicemente un'elaborazione di un "elemento avverbiale" HEKE, dal significato "da parte, a parte, separato" (WJ:361).
La desinenza - occorre anche in un paio di nomi d'uccello, alkwâ "cigno" (ÁLAK) e kukûwâ "colomba" (KÛ). Forse questi erano originariamente aggettivi che furono applicati a tali uccelli; alkwâ sembrerebbe indicare *"impetuoso", mentre kukûwa è oscuro (onomatopeico?)
In un caso, la desinenza - è data come parte dell'intestazione di una voce nelle Etimologie. La voce GENG-WÂ, donde il Quenya engwa "malaticcio", è evidentemente da intendersi come una radice GENG con tale desinenza.

La desinenza - è identificata da Tolkien come un suffisso astratto (vedere WEG). Essa è chiaramente usata a produree sostantivi verbali in vocaboli come et-kuiwê "risveglio" da KUY "risvegliare" o wanwê "morte" da WAN "dipartire"; Tolkien mise in chiaro che wanwê si riferisce all'atto di morire, non alla "morte" come ad uno stato. Alcune parole concrete in - possono essere spiegate come sostantivi verbali astratti che hanno preso un senso concreto. Atakwê "costruzione, edificio" (TAK) ne è il miglior esempio; confrontare le glosse inglesi che sono propriamente sostantivi verbali, ma tali parole sono comunemente applicate alla struttura che è costruita così come si riferiscono al processo di costruzione stesso. Parimenti, il vocabolo skarwê "lesione" da SKAR "strappare, squarciare" deve propriamente riferirsi allo strapparsi o squarciarsi come un'azione astratta, ma allora è applicato ad un concreto strappo. Us(u)kwê "puzzare, fumare" può propriamente essere il sostantivo verbale di una radice indicante "(emettere) fumo" (radice USUK non definita). Jagwê "ravina, crepaccio, golfo" è parimenti in origine un sostantivo verbale derivato da YAG "sbadigliare, spalancarsi", posteriormente applicato a località. Il corto -we è visto nel vocabolo tenwe (WJ:394; ciò sembra essere un errore di stampa per *teñwe, dacché il vocabolo è derivato da una radice TEÑ e fornì il Quenya tengwë). Esso significa "indicazione, segno, simbolo", e dacché la radice TEÑ (non in Etim) indica "indicare, significare", *teñwe evidentemente è originariamente solo un altro sostantivo verbale.
Nel caso della parola uñgwê "gloom", la desinenza - sembra semplicemente denotare qualcosa di intangibile (UÑG). Non è necessario considerare Wolwê, l'ipotetica ricostruzione della primeva forma di Olwë; Tolkien puntualizza che tale ricostruzione è dubbia (PM:357).

La desinenza - è trovata solamente nel vocabolo nidwô "tombolo, cuscino". Dacché la radice NID indica "addossarsi", X-wô sembrerebbe indicare "oggetto esposto all'azione X". Tale desinenza potrebbe essere una controparte nominale della desinenza aggettivale -.

VOCABOLARIO DELL'ELFICO PRIMORDIALE

La compitazione di y/j diviene per convenzione j; come sopra riportato, Christopher Tolkien rivisitò la compitazione originaria proposta da suo padre nelle Etimologie quando ne pubblicò il materiale, sostituendo j con y (LR:346). Qui è riproposta l'ortografia originale di Tolkien nelle Etimologie, che così è ricondotta all'accordo con l'ortografia dei vocaboli primitivi elencati nella composizione di Quendi ed Eldar (WJ:359-424), altra fonte principale relativa alle fasi più antiche dell'Elfico. Sono anche regolamentate altre parole da fonti ove sembra che Tolkien abbia realmente usato y piuttosto che j, come le Lettere.
Nelle fonti, le vocali lunghe sono contrassegnate con dei macron; nella presente lista, è invece usato l'accento circonflesso. Nella compitazione di Tolkien, l'accento nei vocaboli primitivi indica tonic (e non vocali allungate come nella compitazione del Quenya). D'ora in poi, álâkô "rapidità" è accentato sulla prima sillaba, mentre le due vocali seguenti sono lunghe. L'accento marcato è raro; normalmente, Tolkien non marca le sillabe accentate. comunque, egli talvolta marca una vocale con entrambi, un macron e un accento, a indicare che la vocale è al tempo stesso lunga e accentata. Tale combinazione non può essere riprodotta in questa sede, così si procederà come in precedenza disponendo gli accenti marcati insieme, contrassegnando le vocali tonicate per mezzo del corsivo invece del corpo normale (p.e. alâkô, banjâ, barasâ).
Un diacritico (molto raro) indica che si ignora se una vocale sia corta o meno, il che si evince anche dall'assenza dell'accento circonflesso. Tolkien a volte usa un diacritico a indicare che una vocale può non essere né corta né lunga; in un caso del genere se ne dà una doppia forma, p.e. b>rattâ/ratta (dove Tolkien marca la -a finale con il diacritico in questione per indicare che essa non è allungata -ô o breve -o; vedere le Etimologie, radice RAT).
Si può notare che, in alcuni casi, Tolkien (o eventualmente chi ne trascrisse le opere) pare infelice nell'indicare che una vocale finale è allungata. Per esempio, ndulla "scuro, fosco, oscuro" (NDUL) dovrebbe essere *ndullâ nella sua versione più primitiva, o ne sarebbe derivato il Quenya **nul invece della forma attuale nulla. Similmente, questa è una delle motivazioni per cui si dubita che lakra "svelto" (LAK) doveva essere *lakrâ, dalla terminazione aggettivale - riscontrata in un certo numero di altri vocaboli (e dal fatto che il Quenya larca non ha perso alcuna vocale, ma l'ha solamente accorciata, mentre l'originale finale breve -a si è persa nell'Eldarin Comune). Notazioni discordanti come laikwâ (laik-wâ) appaiono nella forma laikwa (LAYAK vs. LAIK). Si dovrebbe ricordare che le Etimologie sono invero un documento piuttosto caotico di grezze note di lavoro, non un accurato manoscritto che Tolkien non intese mai pubblicare in tale forma. Di conseguenza, non c'è bisogno di costruire elaborate teorie per spiegare certe apparenti irregolarità. Possiamo scegliere di vedere parole come ndulla come forme tarde, arcaico Quenya, dopo l'accorciamento delle originali vocali finali lunghe.
La forma asteriscata *mad-lî ("mangiatore di miele" = orso) elencata sotto LIS non è inclusa in questo vocabolario, per come la lenizione lascia trapelare, che questo è Sindarin arcaico e non una forma primitiva. La forma asteriscata *Goss "Ossë" che è menzionata sotto GOS/GOTH è pure esclusa; questa non è una forma arcaica, ma l'ipotetica, inutilizzata affine "Noldorin" del Quenya Ossë (il "Noldorin" usava invece Oeros). La primitiva forma del Quenya Ossë e "Noldorin" *Goss dovrebbe essere stata *Gossê, non menzionata da Tolkien.
Parole che furono depennate nelle Etimologie sono classsificate; se la radice stessa fu depennata, l'intera voce è classificata.


â particella imperativa, di posizione indipendente e variabile (WJ:365, 371). Cf. heke-â.
-â conclusione aggettivale (WJ:382)
abaro (QP) "uno che rifiuta di agire come a lui consigliato o comandato" > E.C. abar pl. abarî "uno che declinò l'invito a seguire Oromë" > Quenya Avar, Avari (WJ:371, 361, 380, 411) Le Etimologie riportano abârô/abâro "uno che non va avanti" (AB/ABAR)
adnô "portone" (AD)
ailin ("ai-lin") "piscina, lago" (AY)
aiwê "(piccolo) uccello" (AIWÊ è intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola compiuta e non solo una "radice")
ajan- "santo" (AYAN)
akâra "fatto, faceva", un primitivo passato di KAR, indicato come passato dall'aumento, dalla raddoppiata radice vocalica (WJ:415)
akrâ "stretto" (AK)
akwâ "pienamente, completamente, insieme, totalmente" (se = Quenya aqua, la parola che ne è derivata) (WJ:392, detto di una "estensione o intensificazione di *kwâ, forma avverbiale", WJ:415)
al- (prefix) "no, non" (AR2)
alâkô "rapidità, volo rapido, vento selvaggio" (ÁLAK)
alkwâ ("alk-wâ") "cigno" (ÁLAK)
ankâ ("an-kâ") "mascella, fila di denti" (NAK)
anâr- "sole" (ANÁR; preghiamo il lettore di essere gentile e di non domandare quale poteva essere la parola in Elfico Primordiale per indicare il "sole")
andâ "lungo" (ÁNAD/ANDA); andambundâ "lungo-nasuto" = elefante (MBUD)
angâ (EC) "ferro" (PM:347, cf. anche ANGÂ nelle Etimologie; sebbene questa sia l'intestazione di una voce, sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
angwa o angu "serpente" (le forme ANGWA/ANGU si trovano in testa ad una voce nelle Etimologie, ma esse sembrano essere parole complete e non solo "radici")
anta- "presentare, dare" (ANA1)
ap-pata "camminare dietro", una pista o un percorso (PM:387)
ara- "nobile", radice estesa arat-; arâtâ "esaltato" (PM:363)
Arâmê (not capitalized in source) evidentemente la versione Elfica più antica (adottata dal Valarin) del nome che è poi divenuto Oromë in Quenya e Araw in Sindarin (WJ:400, dove varie forme arcaiche intermedie sono altresì menzionate)
ari "giorno" (AR1)
askarâ "avventato, affrettato" (SKAR)
asmalê "uccello giallo, 'zigolo giallo' " (SMAL)
asmalindê "uccello giallo, 'zigolo giallo' " (SMAL)
atar (QP) "padre" (ATA)
at-jên-ar "anniversario" (YEN)
atû (QP) "padre" (ATA)
atakwê "costruzione, edificio" (TAK)
au- (EC) "via", riferito a oggetti, persone, o luoghi sinistri (WJ:361)
aud possibile origine della preposizione Sindarin o "da, di"; sc. au con il suffisso -d(a) (WJ:366)
awâ = au, una forma avverbiale indipendente, apparentemente anche come prefisso, come un'enfatica forma di awa-, au- (WJ:361). Cf. -
awa-delo, awâ-delo (anche ?wâ-delô) (EC) *"Che va via", un nome dato in Beleriand a quelli che finalmente partirono dalla Terra di Mezzo (WJ:360)
awâwiiê *"è passato via" (WJ:366), evidentemente l'imperfetto di -. Tardo *a-wâniiê, "con intrusione di n dal passato"
"No!" (WJ:372)
bad- "giudice, giudicare" (prob. verbo); bâd- "giudizio" (BAD)
bal'tar- *"Vala-re" = Vala (BAL)
ba, pl. balî ("bal-î") "Potenza, Dio" (BAL)
balâre forma arcaica del nome Balar, riferito a una vasta isola alle bocche del Sirion (BAL)
bali-ndôre/bali-ndore "Valinor" (BAL. WJ:413 riporta anche Valinôrê, ma tale forma deve essere tarda, posteriore al cambio di iniziale Quenya b > v.)
Ba (non in maiuscolo alla fonte) "Vána", nome di una Valië (compitato Vana nelle Etimologie) (BAN; comunque, il nome Vána è derivato da una radice WAN in WJ:383)
banjâ "bello" (BAN), anche "Elfo Vanya"; pl. Banyai "Vanyar" in PM:402 è assunto come antico Quenya (primitivo *banjâi); la forma Banyai probabilmente è rimasta nel Telerin di Aman. Vedere anche wanjâ.
bara "alto, sublime" (BARÁD, BARATH)
barasâ "bollente, che brucia" (BARÁS)
barjâ- > Q varya "proteggere" (BAR)
Barathî "Varda", sposa di Manwe, Regina delle Stelle (BARÁTH)
barnâ > Q varna "salvo, protetto, sicuro" (BAR)
bâta ("bâ-ta") "bandito, proibito" (WJ:372)
ba/bata "pista battuta, sentiero" (BAT)
battâ "calpestare" (BAT)
Bedûina ("Bedû-ina") "degli Sposi" (Aulë e Yavanna) (LEP/LEPEN/LEPEK)
belê "forza" (BEL)
belek (non glossato, sorgente di:) belekâ "possente, enorme, grande" (BEL)
bere "selvaggio" (BERÉK)
berja- "osare" (BER)
bernô "uomo" (BES)
berô "uomo coraggioso, guerriero" (BER), "uomo" (BES)
besnô "marito" (BES (BER) )
bessê "moglie" (BES)
bestâ "matrimonio" (BES)
besû "marito e moglie, coppia sposata" (BES, LEP/LEPEN/LEPEK)
beujâ- "seguire, servire" (BEW)
beurô "seguace, vassallo" (BEW)
boron- "uomo costante, fidato, vassallo fedele" (BOR)
[b'radil-] "Varda" (BARÁD)
b'randa "alto, nobile, eccellente" (BARÁD)
b'ras-sê "calore" (BARÁS)
b'rekta- "fuggire inaspettatamente" (BERÉK)
b'rethâ "faggio" (BERÉTH)
b'rittê "pietre frantumate, ghiaia" (BIRÍT)
b'rônâ "ciò che dura da lungo tempo, antico" (solo oggetti; implica che essi sono vecchi, ma non cambiati o consumati) (BORÓN)
daio "ombreggiatura, ombra gettata da un'oggetto" (DAY)
dâla "piatto" (DAL)
dan- = ndan-, q.v.
dattâ "buco, fossa" (DAT/DANT)
de elemento pronominale in seconda persona; anche le (WJ:363)
dele (anche col suffisso del-ja) "camminare, andare, procedere, viaggiare" (WJ:360)
dene "sottile e forte, pieghevole, flessibile" (WJ:412)
Denwego (per ragioni storiche deve essere EC) "Lenwë", la guida dei Nandor. il nome è interpretato "flessibile-e-attivo", evidentemente dene + wego (WJ:412)
dêr, der- (QP) "uomo" (NI1, NÊR)
dess (A?) "giovane donna" (BES)
(A?) "sposa" (?) (BES)
dimbâ "triste, cupo" (DEM)
dimbê "cupezza, tristezza" (DEM)
dîs (A?) "sposa" (?) (BES)
domê "notte" (?) (DOMO)
dômi- "crepuscolo" (DOMO, SD:302), cf. dômilindê "usignolo" (SD:302)
d'râk "lupo" (DARÁK)
edela (A?) "il più vecchio" (anche "primogenito", struck out) (ÉLED)
edelô (QP) "uno che va, viaggiatore, migrante" (from dele). Nome dato al tempo della Separazione a coloro che decisero di seguire Oromë. (WJ:360)
edlô possibile variante di edelô, "con perdita di sundóma" (radice vocalica) (WJ:363, 364)
[Eigolosse "sempre-innevato", nome di Taniquetil (EY)]
[ejâ "sempre" (EY)]
eke (QP) "punta aguzza" (WJ:365)
ek-tâ "spina con punta aguzza", "pugnale", e (dalla mescolanza con hek-ta) "trattare con disprezzo, insultare", spesso con riferimento a reiezione o licenziamento (WJ:365)
ektele "sorgente, acqua che scaturisce" (metatesizzato tk > kt; forma più antica et-kelê) (KEL)
ekwê *"detto" (WJ:392), un primitivo tempo passato marcato dall'"aumento" o raddoppio della base vocalica (WJ:415)
el, ele, el-â (EC) "guarda!", derivato dal QP ELE (WJ:360)
êl pl. eli, êli "stella", anche elen pl. elenî con "base estesa" (WJ:360)
eldâ (EC) una forma aggettivale "connesso o concernente le stelle", usata come descrizione dei kwendî, all'origine del Quenya Elda. (WJ:360) Ciò rende obsoleta la (di poco) precedente ricostruzione nelle Lettere:281: Eledâ "un Elfo" (cf. Eled- "Popolo delle stelle" = Elfi sotto EL nelle Etimologie)
Eled-nil "Ælfwine" (Amico degli Elfi, Q Elendil) (NIL/NDIL)
[eleda] "primogenito" (ÉLED)
Eledandore *"terra degli Elfi" (ÉLED)
Eledhser (masc. = Antico Inglese Ælfwine, Amico degli Elfi) (SER; la modifica d > dh suggerisce che tale forma è posteriore al QP.)
elen pl. elenî "stella" (Lettere:281, detto dall'"Elfico primordiale"; cf. WJ:360 [vedere êl])
elenâ (EC) = eldâ (WJ:360). Cf. Lettere:281: elenâ "Elfo"
Endero (forma Quenya arcaica o alternativa) altro nome di Tulkas (NDER)
eredê "seme" (ERÉD)
ereqa "isolato" (ERE; sembrerebbe una compitazione non ortodossa per *erekwa, a meno che Tolkien volesse denotare che l'originale [kw] si sia fuso in un singolo fonema labio-velare)
esdê > ezdê (EC) "Riposo", origine del nome Quenya della Valië Estë, Telerin Êde (WJ:403)
et-kat "foggia" (KAT)
et-kelê "sorgente, acqua che scaturisce" (KEL)
et-kuiwê "risveglio" (KUY)
etsiri (A?) "bocca di un fiume" (ET)
ezdê vedere esdê
gairâ "tremendo, temibile" (WJ:400)
gais- "temere" (GÁYAS)
gaisrâ "terribile" (GÁYAS)
gaj- "che riempie di stupore, atterrisce" (WJ:400)
gâjâ "terrore, grande paura" (PM:363)
gajakâ "che abbatte, terribile, atroce" (PM:363)
galadâ "grande crescita", "albero"; applicato ad alberi forti e rigogliosi come querce e faggi; in contrasto con ornê. (UT:266, SD:302, Lettere:426; in fonti secondarie, la radice GAL è definita "crescere", intransitivo)
galjâ "luce splendente" (KAL)
[gâlæ-] (KAL)
gardâ "luogo delimitato o defined, regione" (WJ:402)
gâsa "vuoto" (?) (GAS)
gassâ "buco, apertura" (GAS)
gattâ "caverna" (GAT(H) )
Gajar- (EC) "il Terrificante", prima denominazione per il Grande Mare (> Quenya Eär) (PM:363; gâyar, WJ:400)
[geiâ "sempre" (GEY)]
[Geigolosse "Nevi Eterne" = Taniquetil (GEY)]
gilja "stella" (GIL)
gjernâ "antico, consunto, (oggetto) decrepito" (GYER)
g'lâ "radianza" (KAL)
glada ("g-lada") (EC) "riso" (PM:359)
glindâ forma alternativa (tardo QP) di lindâ (PM:380, 411)
glisi ("g-lisi") (A?) "miele" (LIS)
golbâ "ramo" (GÓLOB)
gon(o), gond(o) "pietra, roccia" (Letters:410, PM:374)
gor-ngoroth "paura mortale" (ÑGOROTH)
Gothombauk- (nome di persona > Sindarin Gothmog) (MBAW)
grauk- "potente, ostile, e terribile creatura", origine del secondo elemento nel Quenya Valarauco, Sindarin Balrog (WJ:415)
grotâ (anche rotâ) (EC) "escavazione, dimora sotterranea"; -grota nel composto nâba-grota (WJ:414). Forma rafforzata grottâ "un'estesa escavazione" (WJ:415)
groto "scavo, tunnel" (WJ:414); cf. rot-.
"no, in-" (UGU/UMU), prefix - (prefisso) (A?) "no, non" (GÛ)
guldâ "rosso" (GUL)
guruk- vedere ruk-
gwa-lassa, gwa-lassiê "mucchio di foglie, fogliame" (Letters:282)
heke (QP) "separato, non incluso" (WJ:361); imperativo heke-â "sei fuori!" (WJ:365)
hekla (QP) "cosa (o persona) messo a parte da, o tolto da, la sua compagnia normale"; forma personale heklô "smarrito o esule"; aggettivale heklâ e hekelâ (WJ:361), forma aggettivale estesa heklanâ (EC) "Abbandonati", il nome dato a se stessi dai Sindar dopo essere stati dimenticati nel Beleriand (WJ:365).
hek-tâ (QP, EC) "messo da parte, espulso, abbandonato" (WJ:361; hek-ta, WJ: 365)
hek-wâ avverbio e preposizione "a prescindere, non contando, escluso, eccetto" (WJ:365)
hjôlâ "tromba" (SD:419)
, ho avverbio "da, che viene da", il punto di vista essendo esterno all'oggetto cui ci si riferisce (WJ:361); - un enclitico che è all'origine della desinenza Quenya genitiva -o (WJ:368)
-î una desinenza plurale, vedere per esempio elen pl. elenî
îdî "cuore, desiderio, anelito" (ID)
idrê "pensosità" (ID)
-ikwâ una desinenza aggettivale dal significato grezzo "-ful" [la desinenza "-ful" inglese; in italiano "-zza, -izia, -ezza" - mi perdonino i puristi, ma bisogna darne un'idea anche ai non tecnici, N.d.T.] (WJ:412). Anche -kwâ.
indise ("i-ndise") forma intensiva di ndîse > Q Indis (NDIS-SÊ/SÂ)
Indo-glaurê (può essere primitivo Lindarin) (nome masc.) (ID)
Indo-klâr (A?) (può essere primitivo Lindarin) (ID)
iondo (A?) "figlio" (SEL-D; leggi *jondo?)
-ittâ una desinenza femminile (PM:345)
jagâ "vuoto, abisso" (Lettere:383)
jagu "golfo" (YAG)
jagwê "ravina, crepaccio, golfo" (YAG)
jakta- "collo" (YAK)
jantâ "giogo" (YAT)
jatmâ > Q yanwe "ponte, congiunzione, istmo" (YAT)
jên, jend- "figlia" (YÔ/YON)
, jôm "assieme", detto di più di due; come prefisso jo-, jom- (WJ:361)
julmâ "recipiente per bere" (WJ:416)
julmê "bisboccia, gozzoviglia" (WJ:416)
kala-kwendî "Calaquendi, Popolo Luminoso", gli Elfi che ebbero esperienza della Luce di Aman (WJ:373)
kalarjâ "brillante" (KAL)
kala ?"bagliore", radice espansa kalata- (WJ:392)
kalrô "nobiluomo, eroe" (KAL)
kalrondô "eroe" (KAL)
kandâ "audace" (KAN)
kânô "banditore, araldo"; forma originale della desinenza in Fingon, Turgon (PM:362, 352)
karani "rosso" (KARÁN)
kassa, kasma ("kas-ma, kas-sa") "elmetto" (KAS)
katwâ "foggiare, formato" (KAT)
katwârâ "armonioso" (KAT)
k(a)wâk "corvo" (WJ:395)
keg- "spuntone, punta"; keglê > Sindarin cail, un recinto o palizzata di picche e pali puntuti; kegjâ "siepe" (UT:282)
kelun ("kelu-n") "fiume" (KEL)
khagda "cumulo, mucchio" (KHAG)
khaimê "abitudine" (KHIM)
khalatirnô/khalatirno (QP) "pescatore", etimologicamente "guardiano dei pesci" (TIR)
khalnâ "nobile, elevato" (KHAL2)
khaustâ [il] "riposare" (khau-stâ = "riposo-are") (KHAW)
kher- "possedere"; sostantivo khêr, kherû "master" (Letters:178, 282)
khîmâ "appiccicoso, viscosa" (KHIM)
khînâ "bambino", in composti khîna, khinâ (WJ:403)
khîthi "bruma, nebbia" (KHIS/KHITH)
khithme "nebbia" (KHIS/KHITH)
khithwa "grigio" (KHIS/KHITH)
khjelesê "vetro" (KHYEL(ES) )
Khô-gorê (nome masc. "vigore di cuore" > Q Huore, S Huor) (KHÔ-N; Khôgore, GOR)
khotsê "assembea" (KHOTH)
khrassê "precipizio" (KHARÁS)
khugan "cane" (KHUG, see KHUGAN)
kirtê "tagliente" (WJ:396)
kjelepê ("kyelepê") "argento" (Lettere:426; cf. UT:266)
kjulumâ "pennone" (SD:419; questo può rendere obsoleta la primitiva ricostruzione tjulmâ, q.v.)
k'lâ "luce" (KAL)
kogna (dal più antico ku3nâ) "ricurvo, sagomato ad arco, curvo" (KU3)
koro (primitivo Quenya?) "Kôr" (KOR)
kot-t- "litigare" (KOT > KOTH)
k'rannâ "rubizzo (di viso)" (KARÁN)
k'riktâ "mietere" (KIRIK)
krumbâ "sinistra" (> Sindarin crom), krumbê "la mano sinistra" (> Sindarin crum) (KURÚM)
ku3nâ "arcuato, sagomato ad arco, ricurvo" (KU3)
kukûwâ "colomba" (KÛ)
kuldâ (1) "svuotare" (WJ:414), (2) "rosso" (KUL)
kundû "principe" (KUNDÛ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma essa sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
kûua (EC per il QP *kukûwâ?) "colomba" (KÛ)
kuw (from kû3) "arco" (KU3)
kwa, kwa-ta elemento visto in parole Eldarin per "pieno" (WJ:412); *kwâ la base della forma "intensificata" akwâ, q.v.; -kwâ desinenza aggettivale "-ezza" (WJ:392). Anche, sembra, -ikwâ.
kwâra "pugno" (PM:318)
kwelett- "cadavere" (KWEL)
kwene (QP) "persona" (m. or f.) > EC kwên (in composti -kwen), pl. kweni, "persona", "uno", "(qualc)uno"; pl. "persone", "(alcune) genti" (WJ:360, 392). In WJ:416, kwene è tradotto "utilizzatore di parlate articolate", l'etimologia più elementare.
kwende (QP ed EC), pl. kwendî (WJ:360, 409; "kwendi" in WJ:393 sembrerebbe essere un errore) "Quendi, Elfi", probabilmente dapprima usato al plurale per tutti i primi Elfi: "popolo, il popolo degli Elfi". (WJ:360; ciò rende obsoleta la primeva ricostruzione kwenedê nelle Etimologie, radice KWEN(ED).)
kwendjâ agg. "appartenente ai *kwendî, al popolo nella sua interezza" (WJ:360, 393)
kwentâ "racconto" (KWET)
kwentro "narratore" (KWET)
kwessê "piuma" (KWES)
kwetta "parola" (KWET)
kwingâ "arco" (da tiro) (KWIG)
la- (prefix) (A?) "no, *in-" (> Quenya il- via vocalica l) (LA)
labmâ primeva forma del vocabolo che divenne lambâ (q.v.) in Eldarin Comune "e probabilmente anteriore", sc. in Quenya Primordiale (WJ:416).
labmê primeva forma del vocabolo che divenne lambê (q.v.) in Eldarin Comune "e probabilmente anteriore", sc. in Quenya Primordiale (WJ:416).
lâda "piano" (DAL)
laibê > Q laive "unguento", S glaew "balsamo" (LIB2)
laikwâ (laik-wâ) "verde" (LÁYAK; laikwa sotto LAIK è evidentemente una forma posteriore, dopo l'accorciamento delle vocali finali. Le Lettere:282 riportano che debba essere una forma variante: laikâ.)
lakra "svelto, rapido" (LAK2)
lambâ "lingua" (la lingua fisica, non = linguaggio) (WJ:394). Da labmâ (WJ:416).
lambê "movimento della lingua, (modo di) usare la lingua", in ambito non tecnico la normale parola per "linguaggio" (WJ:394). Da labmê (WJ:416).
lansrondo, lasrondo ("lansro-ndo, lasro-ndo") "uditore, ascoltatore, che origlia" (LAS2)
lassê "foglia" o "orecchio" (LAS1, Letters:282)
lassekwelêne "autunno" (lit. *"foglia-cadente") (LAS1)
lasû "orecchie" (una forma duale = due orecchie di una persona) (LAS2)
lauka "caldo" (LAW)
laurê "luce dell'Albero d'oro Laurelin, oro" (ma non propriamente adoperato per il metallo) (LÁWAR/GLÁWAR)
le elemento pronominale in seconda persona; anche de (WJ:363)
lebnâ "lasciato indietro" (LEB/LEM)
leth- (A?) "porre in libertà" (LEK)
libda "sapone" (LIB2)
ligâ "fine filo, filamento di ragno" (SLIG)
lindâ (1) "Linda" (pl. Quenya Lindar), come i Teleri chiamavano se stessi (PM:380). Primitivo pl. Lindâi (WJ:378) o Lindai (WJ:385)
lindâ (2) "dal dolce suono" (SLIN)
Lindân-d "terra musicale" (> Lindon) nome dell'Ossiriand in quanto terra d'acque e uccelli (LIN2). Comunque, Tolkien più tardi ricostruì la primitiva forma del nome Lindon come Lindânâ e spiegò che il nome si riferisce ai Lindarin (Telerin) Elfi Verdi che vi si stabilirono (WJ:385).
liñgwi "pesce" (LIW)
linkwi "umido"(LINKWI è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non soltanto una "radice")
lokko "anellino" (LOKH)
londê "sentiero angusto, stretto, passo" (LOD)
lugni "azzurro" (LUG2)
luktiênê "incantatrice" > Luthien, Lhúthien, Lúthien (LUG2)
lungâ "pesante" (LUG1)
-m una desinenza plurale (3O)
- suffisso frequente nei nomi di utensili (WJ:416); vedere julmâ, sukmâ, takmâ
mâgâ "lordare, macchiare" (SMAG)
magit- (EC) "ben formato" (PM:366)
magla "macchia", "macchiato" (sebbene asteriscato in Etim, questo può essere Antico Sindarin, dacché la S della radice SMAG è andata perduta - primitivo *smagla?)
magnâ "abile" (MAG, under MA3)
magrâ "utile, atto, valido (di oggetti)" (MAG, sotto MA3)
maha "mano" (VT39:11); cfr. QP mâ3 (ma3-) nelle Etimologie (MA3)
ma3tâ ("ma3-tâ") "maneggiare" (evidentemente QP, since it yielded EC mahtâ-) (MAK)
ma3iti "capace, abilr" (MA3)
mahtâ- ("Eld" = EC) "maneggiare" (dal QP ma3tâ) (MA3)
maikâ "aguzzo, penetrantr, che va nel profondo" (definito un "forte aggettivo", qualunque cosa significhi). (WJ:337)
Mailikô, Mailikâ "l'Avido", Melkor (MIL-IK)
makla "spada" (MAK)
maktâ "brandire un'arma" (MAK)
mâlô "amico" (MEL)
mâmâ "pecora" (WJ:395)
mapâ "mano" (MAP)
mâtâ "che mangia", forma continua della radice mata- "mangiare" (VT39:13)
mauj- "bisogno" (impersonale) (MBAW)
mazgâ "flessuoso, morbido" (MASAG)
mazgê "pasta" (MASAG)
mbakhâ "articolo (per scambio), merce, oggetto" (MBAKH)
mbanda "costrizione, prigione" (MBAD)
mbandô "custodia, sicurezza" (MR:350)
mbartanô "Artigiano del Mondo", titolo di Aulë (LT1:266)
mbelekôro (detto essere la "più antica forma Q[uenya]" di Melkor, ma evidentemente tanto più primitiva del Quenya d'epoca storica) (WJ:402)
mbundu "muso, naso, capo" (MBUD)
- desinenza sostantiva astratta o verbale, come in julmê "bisboccia, gozzoviglia", dalla radice JULU "bere" (WJ:416)
meinâ "desideroso di partire, ansioso di andare" (VT39:11)
metta "fine" (MET)
mikrâ "dalla punta aguzza" (WJ:337)
miniia "singolo, distinto, unico" (MINI)
minitaun "torre" (MINI (e TUN) ); minitunda "colle isolato" (TUN)
mi-srawanwe "incarnato" (cf. srawâ) (MR:350)
mizdâ "umido" (MIZD)
mizdê "pioggia fine" (MIZD)
môl- "schiavo, servo" (MÔ)
mori "nero", "oscuro (oscurità)" (MOR, Lettere:382, WJ:362; la seconda origine discute la possibilità di una successiva forma mora- in Sindarin molto antico); Mori-kwendî "Moriquendi, Gente oscura" = Avari, come opposto a Kala-kwendî (WJ:373)
mornâ "oscuro" (Letters:382)
moro "orso" (MORÓK)
nâbâ (EC) "cavità"; nâba-grota "dimora cava sotterranea" = Novrod, Nogrod (WJ:414)
naje "lamento" (NAY)
nakma "mascella" (NAK)
nakt- "mordace" (NAY)
ñalatâ (EC) "radianza, riflesso brillante" (da gioielli, vetro, metalli politi o acqua) (PM:347)
narâka "impetuoso, rapido, violento" (NÁRAK)
narwâ (A non Q!) "rosso infuocato" (NAR1)
natsai "violenza" (Questo non è il pl. del S naith, ma una arcaica forma pl. da cui il sg. naith è derivato.) (SNAS/SNAT)
naukâ aggettivo "specialmente applicato a oggetti che pure nel loro stesso pieno sviluppo erano più piccoli o brevi dei loro affini, ed erano sgraziati, contorti o malformati" (WJ:413)
nauthe "immaginazione" (NOWO; qui compitato con la lettera thorn = th come nell'inglese thing. Tale suono non sembra ricorrere nel più primitivo linguaggio [sebbene la TH aspirate vi sia], così nauthe deve piuttosto essere Quenya arcaico)
ndæ^r ("Eld" = EC) "sposo". Dal QP ndêro. (NDER)
ndâkô "guerriero, soldato" (NDAK)
ndan- elemento "indicante l'inverso di una azione, così da vanificarne o annullarne l'effetto, come in 'cancellare, tornare indietro (alla stessa maniera), ritrattare, rendere (lo stesso dono: non un'altro in risposta)' " (WJ:412). Anche dan-. Cf. ndangwetha, ndandô.
ndandô "Nando", interpretato "uno che torna sulla sua parola o decisione" (i Nandor furono così chiamati poiché abbandonarono la marcia da Cuiviénen) (WJ:412)
ndangwetha "risposta" (sostantivo, può essere Antico Sindarin), sc. una radice gweth- "riportare, dar conto di" col prefisso ndan-, qui semplicemente indicando *"indietro" (PM:395)
ndere "sposo" (DER, NÊR)
ndêro "sposo" (NDER)
ndeuna "secondo" (NDEW)
ndeuro "seguace, successore" (NDEW)
ndîse "sposa" (NDIS-SÊ/SÂ; ndis sotto I)
ndorê (QP) "la dura, arida terra come opposta all'acqua o palude" (WJ:413). Nelle Etimologie definita come "terra, luogo abitativo, regione ove vivono certi popoli" (NDOR); questo può essere il significato che si sviluppò successivamente. Confuso con nôrê.
ndôro "(una particolare) terra o regione" (WJ:413)
ndulla "scuro, cupo, oscuro" (NDUL)
ndulna "segreto" (DUL)
ndûnê "tramonto" (NDÛ)
nere, nêr (probabilmente QP ed EC, rispettivamente) "una persona maschile, un uomo" (WJ:393)
numê-n "calante", tramonto, occidente (Lettere:303)
neinê "lacrima" (NEI)
neiniel- "lacrimoso" (NEI)
neiti- "piovoso, rugiadoso" (NEI)
nenle ("nen-le") "ruscello" (NEN)
neñwi "naso" (NEÑ-WI è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola complete e non solo una "radice"; la radice può essere NEÑ, non data separatamente)
nethrâ ("neth-râ") "giovane" (NETH)
nêthê "gioventù" (NETH)
nethra (A?) "giovane" (NETH)
ñgol-, ñgolo- la radice dei quattro vocaboli seguenti (PM:360)
ñgôlê "Scienza/Filosofia" (PM:360)
ngolda (read *ñgolda) "saggio" (ÑGOL)
ñgolodô "Noldo" (WJ:364, 380; ngolodô, MR:350)
ngolwina (leggi *ñgolwina) "saggio, istruito in arti profonde" (ÑGOL)
ñguruk- vedere ruk-
ñgwalaraukô "balrog, demone" (RUK)
nîbe "fronte, facciata" (NIB)
nidwô "imbottitura, cuscino" (NID)
nindi "fragile, sottile" (NIN-DI è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non soltanto una "radice"; la radice può essere NIN, non data separatamente)
ninkwi "bianco" (NIK-W)
njadrô "ratto" (NYAD)
Ninkwitil(de) Tára un nome di Taniquetil, presumibilmente non appartenente al più antico stadio (l'accento sembra marcare la lunghezza della vocale piuttosto che la tonicità) (NIK-W)
ñôle "odore" (ÑOL)
nôrê "famiglia, tribù o gruppo avente una comune ascendenza, la terra o regione nella quale essi dimorano" (WJ:413) Confuso con ndôrê.
not- "conto" (WÔ)
Nôwê L'originale nome di Círdan, difficile da interpretare (PM:392; l'Indice di PM dà Nôwë, ma questo sembrerebbe essere un errore)
nukotta, nukotto "un oggetto (o persona) rachitico o malformato" (l'origine del Sindarin nogoth "nano") (WJ:413)
nuktâ- "bloccare, prevenire la venuta a completamento, fermarsi prima, non permettere di continuare" (WJ:413)
nûrâ "profondo" (NÛ)
nut- "legare" (WÔ)
oijâ "eterno" (OY)
oio "sempre" (Lettere:278, detto essere "Elfico Primordiale")
okta "conflitto" (KOT > KOTH); cfr. anche la voce OKTÂ (> Quenya ohta "guerra"), che sembra essere una parola completa in sé stessa e non solo una "radice". The primitive word was evidentemente oktâ.
Olo(s)-fantur (A?) > Q Olfannor e S Olofantur, nomi del Vala Lórien (ÓLOS; a causa della f in fantur, un suono non ricorrente nel primitivo linguaggio, ciò deve essere preso come Quenya arcaico.)
olsa- "sognare" (ÓLOS)
onrô "genitore" (ONO)
ontâro "che genera, genitore" (evidentemente masc.) (ONO)
orku "folletto" (Orco) (ÓROK)
ornâ "saliente, alto" (UT:266)
ornê "albero" (originariamente applicato ad alberi eretti e più esili così come betulle o sorbi; contrasta con galadâ) (UT:266, Lettere:426, SD:302; la seconda fonte dà il pl. ornei.)
Orômê "Orome" (ORÓM; tale forma è evidentemente resa obsoleta da Arâmê [q.v.] in un'opera successiva)
ortur- "padrone, conquistatore" (TUR)
ostô (EC) "fortezza, roccaforte" (creata o potenziata ad arte) (WJ:414 - MR:350 dà osto senza la lunga vocale finale, forse la forma composta dacché il secondo elemento nel Quenya Mandos vi è discusso: primitivo *mbandô-osto, *mbandosto???)
palantîrâ/palantîra "Palantír" (Letters:427)
panô "asse, tavola fissata, specialmente in un piano" (PAN)
pantâ "aperto" (PAT)
parmâ "libro" (PAR)
pathmâ "spazio livellato, prato" (PATH)
pathnâ "liscio" (PATH)
patnâ "ampio" (PAT)
peltakse "cardine" (PEL)
pendâ "pendenza" (WJ:375)
peñe "labbro", duale peñû (VT39:11 cfr. 9)
Phaj-anâro "sole radiante" (= nome masc. Fëanor, più tardi reinterpretato come "Spirito di Fuoco") (PHAY)
phaja "spirito" (PM:352, MR:349)
pheren "faggio" (BERÉTH)
Phinderauto (nome masc., > S Finrod) (PHIN)
phindê "una ciocca" (PM:362)
phini (EC) "un singolo capello" (PM:362)
phoroti "ritto" o "nord" (PHOR)
poikâ "netto, puro" (POY)
pori "farina, sfarinato" (POR)
potô "piede d'animale" (POTÔ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
râba "selvaggio, incolto" (RAB)
ragnâ "corrotto" (RAG)
rakmê "braccio" ["fathom"] (RAK)
râmâ "ala" (RAM)
râmalê "remigante, grande ala (d'aquila)" (RAM)
rambâ "muro" (RAMBÂ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
ramja- "volare, veleggiare; vagare" (RAM)
ramna "ala (corno), punto esteso a fianco, etc." (RAM)
Ranâ "Luna" (RAN)
randâ "ciclo, era" (100 Valian Years) (RAD)
ranku "braccio" (RAK)
ratâ "sentiero, traccia" (RAT)
rattâ/ratta "corso, letto di fiume" (RAT)
râu "leone" (RAW)
rauk- vedere ruk- e cfr. raukô, rauku.
raukô o rauku (forma EC di un vocabolo detto essere già presente in QP) un termine applicato a "la più grande e più terribile delle figure nemiche" nota ai primi Elfi (WJ:390)
rautâ "metallo" (modificato da "rame"). (RAUTÂ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
reddâ " 'semina', campo seminato, acro" (marcato con un punto interrogativo) (RED)
rênê (EC) "rimembranza" (PM:372)
rîg-anna ("corona-dono" > nome fem. Sindarin Rhian) (RIG)
rîgâ (EC) "ghirlanda, serto" (PM:347)
rîgê "corona" (RIG)
rimbâ "frequente, numeroso" (RIM)
rimbê "folla, moltitudine" (RIM)
ringi "freddo" (RINGI è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
rinki "sventolio, rapido scossone" (RIK(H) )
risse- "una ravina" (RIS)
rista- "tagliare" (RIS)
-ro desinenza agentale, aggiunta ad ómataina (radice vocalica suffissa) Anche - aggiunto a radice, con o senza infissione della n, e -rdo > (EC?) -rd. (WJ:371).
rôda (> rôdh) "caverna" (ROD)
rokkô "cavallo" (Letters:282, 382)
rondô (EC) "una tettoia a volta o arcuata, come vista da sotto (ed usualmente non visibile dall'esterno)", "una (vasta) aula o stanza così coperta da tetto" (WJ:414); "antro" (Letters:282)
ronjô " 'segugio', cane da caccia" (ROY1)
rono "formare un arco su, coprire con un tetto" (WJ:414)
rossê "rugiada, vapore" (di cascata o fontana) (Letters:282)
rot- (anche s-rot) "scavare in sotterranea, escavare, scavare un tunnel" (PM:365); cfr. groto (q.v.) and EC rotâ (anche grotâ) "escavazione, dimora sotterdanea" (WJ:414)
ruk- una delle "antiche forme" della radice RUKU, che diede la parola Orch (Orco) in Sindarin. Altre forme includono rauk-, uruk-, urk(u), runk-, rukut/s; anche la "radice potenziata" gruk- e quella "elaborata" guruk-, ñguruk (la seconda per combinazione con una distinta radice NGUR "orrore", WJ:415). Nessuna di tali derivate è chiaramente glossata, sebbene urku (o uruku) sia detta avere fornito il Quenya urko, ambiguo nel significato nella tradizione del Reame Benedetto ("spauracchio"), ma successivamente riconosciuto come un affine del Sindarin Orch. L'aggettivo urkâ è detto significare "orribile" (WJ:389-90).
rukut, rukus vedere ruk-
rundâ "ruvido pezzo di legno" (RUD)
runk- vedere ruk- (WJ:390)
ruskâ "bruno" (RUSKÂ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
russâ (EC) ?"rosso" (PM:366, cf. 353)
sagmâ "veleno" (SAG)
sagrâ "amaro" (SAG)
sarnâ "di pietra" (STAR)
-se (evidentemente una desinenza pronominale dal significato "lei") (S)
/se, anche /si "lei" (S)
silimâ "argento, bianco splendente" (agg.) (SIL)
silimarille "Silmaril" (RIL - per ragioni storiche, questo non può essere un vocabolo QP, o a stento pure EC; può essere Quenya arcaico)
silimê "luce di Silpion", anche un termine poetico per "argento" (SIL)
sjadta ("syad-ta") "ascia-colpo" (SYAD)
sjadâ (significato non chiaro; ma dacché questa è l'origine del Sindarin hâdh, ed il Sindarin hadhafang è equiparato al Quenya sangahyando "fendicalca", hâdh < sjadâ potrebbe indicare "che fende") (SYAD)
sjadnô " 'che fende', spada" (SYAD)
sjadsê > sjatsê "fenditura, squarcio" (SYAD)
sjalmâ "guscio, conchiglia, corno di Ulmo" (SYAL)
sjandô " 'che fende', spada" (SYAD)
sjatsê - vedere sjadsê
sjatsela/sjatsêla "spadone-lama", "ascia-lama" (SYAD)
skalnâ "velato, celato, ombreggiato, ombroso" (SKAL1)
skarnâ "ferito" (SKAR)
skarwê "ferire" (SKAR)
skelmâ "pelle, vello" (SKEL)
skelnâ "nudo" (SKEL)
skelta- "striscia" (SKEL)
skjapat- "sponda" (SKYAP)
slaiwâ "malaticcio, malato, infermo" (SLIW)
slignê "ragno, tela di ragno, ragnatela" (SLIG)
slindâ > Q linda "attraente", fuso col primitivo slindi "fine, delicato" (che dovrebbe regolarmente essere divenuto il Q *linde se i vocaboli non sono stati confusi) (LIND)
slindi "fine, delicato" (SLIN)
slingê "ragno, tela di ragno, ragnatela" (SLIG)
slinjâ "snello, sottile, magro" (SLIN)
slîwê "malattia" (SLIW)
smaldâ "oro" (come metallo) (SMAL)
smalinâ "giallo" (SMAL)
smalta (A?) "oro" (LÁWAR/GLÁWAR cfr. SMAL)
smalu "polline, polvere gialla" (SMAL)
smalwâ "incolto, pallido" (SMAL)
-so (evidentemente una desinenza pronominale dal significato "lui") (S)
/so "lui" (anche /su) (S)
solos "cresta" (SOL)
spâna "nuvola" (SPAN)
spangâ "barba" (SPÁNAG)
Spanturo "signore delle nuvole" > Q Fantur, soprannome di Mandos (SPAN)
spindê "treccia, ciocca di capelli" (SPIN; tale ricostruzione della forma originale del Quenya findë è apparentemente resa obsoleta da phindê in PM:362)
spinê "larice" (SPIN)
srawâ "corpo" (se = Quenya hroa, la parola che fornisce) (MR:350). Cfr. mi-srawanwe.
srawê "carne" (se = Quenya hrávë, la parola che fornisce) (MR:350)
srot- ("s-rot-") "scavare in sotterranea, escavare, scavare un tunnel"; anche rot- (PM:365); cfr. anche groto-
stabnê > stambê "stanza, camera" (STAB)
stabnô, stabrô "carpentiere, artiere, costruttore" (STAB)
staknâ "spaccare, dividere" (anche stankâ) (STAK)
stalga "fedele, stabile, solido" (STÁLAG)
stalrê "scosceso, cadente" (STAL)
stalgondô "eroe, uomo intrepido" (STÁLAG)
stama- "interdire, escludere" (UT:282)
stambê < stabnê "sala, stanza" (STAB)
stangâ > Quenya sanga "folla, calca, ressa" and Sindarin thang "compulsione, costrizione, necessità" (STAG)
stangasjandô "fendicalca" (nome di spada) (SYAD)
stankâ "fenditura, scissione" (anche staknâ) (STAK)
starâna "rigido, duro" (STARAN)
stintâ "breve" (STINTÂ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
/su "egli"; anche /so (S)
suglu "calice" (SUG; see SUK)
sukmâ "recipiente per bere" (SUK)
swanda "spugna, fungo" (SWAD)
swesta- "aspirare" (SWES)
soto "ripararsi, proteggersi, difendersi" (WJ:414)
ta3na (significato non chiaro, probabilmente "alto, elevato, nobile") (TÂ/TA3)
tad "verso [quel luogo, N.d.T.]" (evidentemente EC per QP *tada, includendo la desinenza allativa -da: perciò "a quello") (TA)
taika (può essere Antico Sindarin) "confine, limite, linea di demarcazione" (da tayak, estensione di una radice TAYA "marca, linea, limite" (WJ:309)
takmâ "oggetto per fissaggio" (> Quenya tangwa "cerniera, fibbia", Sindarin taew "sostegno, imbocco, cerniera, fibbia, zanca") (TAK)
taksê "chiodo" (TAK)
talrunja "pianta del piede" (TALAM, RUN)
tambâ "picchiare" (TAM)
tamrô "picchio" (etimologicamente "picchiatore") (TAM)
tân-nig elemento che può essere l'origine di tani- in Taniqetil (TÂ/TA3)
tankla "spillo, spilla" (TAK)
tanô "artigiano, fabbro" (TAN)
târâ "elevato" (TÂ/TA3, (TÁWAR) )
târa-khil *"alto-uomo" = Númenórean (KHIL)
targâ "forte, tenace" (TÁRAG)
târî "regina" (moglie di un târo) (TÂ/TA3)
târo "re" (TÂ/TA3)
tathar, tatharê "salice" (TATHAR)
tathrê "salice" (TATHAR)
taurâ "autorevole, potente" (TUR, (TÁWAR, TÂ/TA3) )
taurê "grande bosco, foresta" (TÁWAR)
tawar "legno" (materiale) (TÁWAR)
tawarê/taware "driade, spirito dei boschi" (evidentemente fem.) (TÁWAR)
tawarô/tawaro "driade, spirito dei boschi" (evidentemente masc.) (TÁWAR)
[te3ê "sentiero, corso, linea, direzione, via" (TE3)]
tekla "penna" (TEK)
tekmê "lettera, simbolo" (TEK)
telesâ "coda" (TELES)
telmâ/telma "cappuccio, copertura", anche telmê/telme (TEL/TELU)
telu, tel-u "coprire con un tetto, porre la sommità ad un edificio" (WJ:411)
têñe "linea, riga" (TEÑ)
teñrâ "diritto, retto" (TEÑ, TE3)
teñ-wê "segno, simbolo" (VT39:17). Cfr. tenwe (WJ:394) (leggi teñwe? Il vocabolo è derivato da una radice TEÑ e fornisce il Quenya tengwë) "indicazione, segno, simbolo"
terên, terênê "slanciato" (TER/TERES)
terêwâ "penetrante, pungente" (TER/TERES)
thandâ "scudo" (apparentemente sostantivo) (UT:282)
thara- "alto (o lungo) e slanciato" (WJ:412)
thausâ "nauseante, maleodorante, putrido" (THUS)
thaurâ "detestabile" (Letters:380; detto essere derivato da una radice THAW. La th di thaurâ è compitata con una singola lettera (greca) alla fonte.)
thaurond- "Sauron, *Uno Detestabile"; detto essere derivato da thaurâ, q.v. (Lettere:380; la th di thaurâ e thaurond- è compitata con una singola lettera (greca) alla fonte.)
thêrê "aspetto, volto, espressione" (THÊ)
thindi "pallido, grigio, tenue" (THIN), "grigio, grigio pallido o argenteo" (PM:384)
Tindomiselde, tindômiselde "figlia del crepuscolo", una metafora poetica dell'usignolo; = Sindarin Tinúviel. (TIN, SEL-D)
tinkô "metallo" (TINKÔ è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
tinmê "scintillare, sfavillare" (TIN)
tiukâ "grosso, pingue" (TIW)
tiukô "coscia" (TIW)
tjalañgandô "suonatore d'arpa" (TYAL, ÑGAN/ÑGÁNAD)
tjaliâ- "suonare" (TYAL)
tjulmâ "albero" (TYUL; tale ricostruzione può essere resa obsoleta da kjulumâ in SD:419)
tjulussê "pioppo" (TYUL)
tollo "isola" (TOL2)
tôp- "copertura, tetto" (TOP)
tor, toron- (A?) "fratello" (THEL/THELES)
tubnâ "profondo" (TUB)
tûghor, tû-gor, Tûgore "Potenza-vigore", nome masc. > Sindarin Tuor (TUG, GOR)
tûgu "muscoli, nerbo, vigore, forza fisica" (TUG)
tuilê > Q tuile "primavera", anche utilizzato = "alba, primo mattino" (TUY)
tuilelindô "rondine", etimologicamente "primavera-cantore" (TUY)
tuimâ "un pollone, gemma" (TUY)
Tulkatho (A???) (nome di un Vala; = Q Tulkas) (TULUK)
tulku "supporto, sostegno" (TULUK)
tultâ "far venire" (TUL)
tulukmê "supporto, puntello" (sostantivo) (TULUK)
tumbu "profonda vallata", sotto o in mezzo a colli (TUB)
tumpu "altura" (TUMPU è l'intestazione di una voce nelle Etimologie, ma sembra essere una parola completa e non solo una "radice")
Tûnâ/Tûna nome di una città Elfica in Valinor (TUN)
tundâ "alto" (TUN)
tundu "colle, tumulo" (TUN)
tungâ "teso, stretto" (di corde:) "risonante" (TUG)
tupsê "tetto di paglia" (TUP)
tûrê "dominio, vittoria" (TUR)
tûrô (A), anche turo, -tur? "dominatore, vincitore, signore" (TUR; turo, TÂ, TA3)
turumâ, turumbê "scudo" (TURÚM)
tussâ "cespo" (TUS; tussa, ÓR-NI)
-û elemento duale, usato per coppie naturali (Lettere:427); vedere besû, lasû, peñû
ûbanô "mostro" (BAN)
ubrâ "abbondante" (UB)
ugu "non-, un-, in-" (UGU/UMU)
Ui-nend (A?) "Uinen" (NEN)
ulda "torrente, ruscello montano" (ULU)
ulgundô "mostro, creatura deforme ed orrenda" (ÚLUG)
uljâ "sta piovendo" (ULU)
Ulumô nome del Vala di tutte le acque > Q Ulmo (ULU)
uñgwê "depressione" (UÑG)
urkâ "orribile" (WJ:390)
urkô, urk(u), uruku ?"Orco" (WJ:390); cfr. ruk-
uruk ?"Orco" (WJ:390); cfr. ruk-
usukwê, uskwê ("usuk-wê, usk-wê") > Q usqe, S osp "fumo denso, odoroso", Ilk usc "fumo" (USUK)
Utubnu nome delle volte di Melko[r] nel Nord > Q Utumno (TUB)
wa ("Eld" = EC) "assieme" (WÔ); wa-nôrô "di un familiare" > Q onóro "fratello", AS wanúro/S gwanur "congiunto" (TOR)
- una radice verbale (non glossata: ?"andare via"), perfetto awâwiiê; connesso con au, awâ; probabilmente anche usato in composizione con radici verbali (WJ:361). wâ-delo (WJ:364) = awa-delô
?wâ-delô (EC) *"Viandante", un nome creato nel Beleriand per coloro che finalmente partirono dalla Terra di Mezzo. Anche awa-delo, awâ-delo. (WJ:360, 363)
wæ^de "vincolo, patto, giuramento" (WED; deve essere EC a causa della vocale æ; QP *wêdê; cfr. ndæ^r).
wa3râ "macchiato, sporco" (WA3)
wahsê "macchia" (WA3)
wahtâ- "lordare, macchiare" (WA3)
wahtê "una macchia" (WA3)
wâjâ "involucro", specialmente del Mare Esterno o Aria che avviluppa il mondo entro le Ilurambar o mura del mondo (WAY, [GEY])
wanjâ "Elfo Vanya", pl. Quenya Vanyar, il primo clan degli Eldar (WJ:380). Ma nelle Etimologie, il Quenya vanya è detto provenire da banjâ (BAN), e nei suoi ultimi anni Tolkien apparentemente ritornò su quest'idea: in PM:402, è detto che "dall'antichità" il nome Vanyar era Banyai (evidentemente l'antico Quenya per il primitivo *banjâi).
wannâ "dipartito, morto" (WAN)
wanwê "morte" (atto del morire, non morte come uno stato o astratto) (WAN)
wath "ombra" (WA3; ma wath = radice WATH)
- suffisso astratto (WEG)
we3ê "virilità, vigore" (WEG)
[wed-tâ] "giuramento" (di fare qualcosa) (WED)
wedâ "vincolo" (WED)
wegô "uomo", in composti -wego con breve vocale finale (WEG)
wegtê ("weg-tê") (Non glossato; Christopher Tolkien di conseguenza pensa che la voce WEG "fosse lasciata incompiuta", ma questa è piuttosto la forma primitiva dell'elemento -waith, -weith in Sindarin Forodweith, Forodwaith "Uomini del Nord" menzionata giusto prima.) (WEG)
-wego, -weg (forma composta) "uomo", elemento frequente in nomi maschili (WEG)
wei (elemento arcaico indicante "vento, vela") (WEY)
weirê "Tessitrice", la forma arcaica che fornì il Quenya Vairë, nome di una Valië (radice WEY "tessere", LR:398). Osservare, tuttavia, che Tolkien in una fonte successiva deriva Vairë da una radice WIR e dichiara che essa ha una A infissa ad esprimere "Sempre-tesse"; ciò vorrebbe puntare ad una primitiva forma *Wairê (non esplicitamente menzionata). (VT39:10)
wen- "principessa" (WEN/WENED)
wilmâ "aria, aria inferiore" (distinta dall'aria 'superiore' delle stelle, o quella 'esterna'). Modificata da Tolkien da wilwâ. (WIL)
[windi "grigio-azzurro, azzurro o grigio pallido" (WIN/WIND)]
windiâ "azzurro pallido" (È incerto se Tolkien rigettò o meno tale vocabolo.) (WIN/WIND)
wingê "spuma, cresta d'onda, cresta" (WIG)
[winjâ "sera" (WIN/WIND)]
[winta- "evanescenza" (WIN/WIND)]
, prefisso wo- "assieme", un avverbio duale "assieme", riferentesi alla congiunzione di due oggetti, o gruppi, in una coppia o intero. (WJ:361) Le Etimologie parimenti hanno , wo "assieme" (evidentemente QP, dacché esso fornisce EC wa), ma nulla vi è detto circa il fatto che questo sia esclusivamente duale. (WÔ)
Wolwê (EC) ipotetica forma primeva di Olwë; Tolkien puntualizza che ciò dovrebbe piuttosto aver fornito Volwë in Telerin, così tale ricostruzione può essere dubbia (PM:357)
(Y - vedere J)

Ardalambion