Valarin - come il baluginare delle spade

Chiamato anche: Valian, e (in Quenya) Valya o Lambë Valarinwa

di Helge Fauskanger - traduzione di Gianluca Comastri

STORIA INTERNA

I Valar idearono il loro proprio linguaggio, indubitabilmente il più antico di tutte le favelle di Arda. Essi non avevano necessità di un linguaggio parlato; erano spiriti angelici e potevano facilmente comunicare per via telepatica. Ma come narra l'Ainulindalë, "i Valar assunsero forma e colore" quando entrarono in Eä all'inizio del Tempo. Essi si auto-incarnarono. "L'ideazione di un lambe [linguaggio] è la caratteristica principale di un Incarnato," osservò Pengolodh, il sapiente di Gondolin. "I Valar, essendosi rivestiti in tale maniera, durante il loro lungo soggiorno in Arda dovettero inevitabilmente aver sviluppato lambe per loro stessi" (WJ:397). Non c'è dubbio che questo fu invero il caso, per quanto era riferibile al linguaggio dei Valar nell'antica tradizione dei Noldor.
          Quando gli Eldar arrivarono in Valinor, i Valar e i Maiar presto adottarono il Quenya e talvolta lo adoperavano fra di loro. Pure il Valarin non fu totalmente rimpiazzato dal Quenya, ché lo si poteva ancora udire allorché i Valar tenevano i loro grandi dibattiti. "Le favelle e voci dei Valar sono grandi e austere," scrisse Rúmil di Tirion, "eppure anche ratte e sottili nel loro moto, producendo suoni che troviamo ardui da contraffare; e le loro parole sono per lo più lunghe e rapide, come il baluginare delle spade, come il turbinio delle foglie in un forte vento o la caduta delle pietre dalle montagne." Pengolodh è meno lirico, ed anche meno cortese: "Chiaramente l'effetto del Valarin sulle orecchie elficche non era piacevole." (WJ:398) Il Valarin impiegava molti suoni che erano alieni ai linguaggi Eldarin.
          Nondimeno, il Quenya prese a prestito alcuni termini dal Valarin, sebbene essi spesso siano stati molto cambiati per adattarsi alla restrittiva fonologia dell'Alto-Elfico. Dal Silmarillion ricordiamo lo Ezellohar, il Verde Tumulo, e Máhanaxar, l'Anello della Sorte. Questi sono termini estranei al Quenya, adottati e adattati dal Valarin Ezellôchâr e Mâchananaškad. I nomi dei Valar Manwë, Aulë, Tulkas, Oromë e Ulmo sono presi a prestito dai Valarin Mânawenûz, A3ûlêz, Tulukastâz, Arômêz e Ulubôz (or Ullubôz). Così anche il nome del Maia Ossë (Ošošai, Oššai). I nomi di Eönwë e probabilmente Nessa sembrano pure essere stati adottati dal Valarin, sebbene le forme originali di tali nomi non siano ricordate.
          Talvolta una parola Quenya derivata dal Valarin non significa esattamente lo stesso del termine originale. Il Quenya axan "legge, regola, comandamento" è derivato dal verbo Valarin akašân, dal supposto significato "Egli ha detto" - "Egli" non essendo altri che Eru stesso. I Vanyar, che erano in più stretto contatto con i Valar che non i Noldor, pure adottarono molte parole dalla loro favella, come ulban "blu" (la forma originale Valarin non è data). Ma i Valar stessi incoraggiarono gli Elfi a tradurre termini Valarin nella loro propria bella lingua piuttosto che adottare e adattare le forme originali Valarin. E così essi fecero sovente: I nomi Eru "l'Uno = Dio", Varda "La Sublime", Melkor "Colui che si leva in Possanza" e diversi altri sono al cento per cento Elfici, ma anche traduzioni dei nomi Valarin. Vedere WJ:402-403 per una lista completa di tali nomi e termini tradotti.
          Per vie misteriose, il Valarin influenzò anche altre favelle oltre al Quenya. È interessante notare che la parola Valarin iniðil "giglio, o altro grande fiore singolo" appare in Adûnaico (Númenóreano) come inzil "fiore" (come in Inziladûn "Fiore dell'Ovest", UT:227). Come potè un termine Valarin trovarsi in Adûnaico? Per via di Elfi, probabilmente Vanyar, che visitarono Númenor? Per via del Khuzdul, ammesso che Aulë abbia posto tale vocabolo nella lingua che concepì per i Nani? È alquanto dubbioso che il parlato degli antenati degli Edain fosse pesantemente influenzata dal Nanesco. Non ci sono prove che alcun Vala abbia mai visitato i Númenóreani e abbia parlato loro direttamente, e se mai l'avesse fatto, avrebbe certamente usato un linguaggio che potessero comprendere, e non il Valarin.
          Anthony Appleyard ha sottolineato cje una parola nella Lingua Nera di Sauron, nazg "anello", sembra esser stata presa a prestito dal Valarin naškad (or anaškad? Il termine è isolato da Mâchananaškad "Anello della Sorte", così non possiamo essere sicuri della sua esatta forma). In quanto Maia, Sauron doveva conoscere il Valarin.
          Si è mai udito il puro Valarin al di fuori del Reame Beato? Melian la Maia doveva conoscerlo, ma lei ovviamente non ebbe molte opportunità di parlarlo durante la sua lunga incarnazione come Regina del Doriath. Molto più tardi, nella Terza Era, gli Istari dovevan conoscere il Valarin; si può speculare sul fatto che essi lo parlassero fra di loro. Quando Pipino prese il palantír al dormiente Gandalf, è ricordato che lo stregone "si mosse nel sonno, mormorando qualche parola in una lingua ignota" (LotR2/III ch. 11). Poteva essere Valarin, che cioé al Maia Olórin assopito sovvenisse la lingua natìa? (Ma da un punto di vista "esterno", non è ben certo che Tolkien immaginasse alcuna distinta lingua Valarin al tempo in cui SdA fu scritto; vedere sotto.)

STORIA ESTERNA

Le idee di Tolkien circa la favella dei Valar cambiarono nel tempo. Il suo concetto originale era che il Valarin fosse l'ultimo antenato delle lingue Elfiche - da cui sorse L'Elfico Primordiale allorché gli Elfi tentarono di apprendere il Valarin da Oromë in Cuiviénen (vedere LR:168). Quest'idea fu successivamente rigettata; nella versione pubblcata del Silmarillion, gli Elfi inventarono loro propri discorsi prima che Oromë li trovasse. Per un periodo, l'intero concetto di un linguaggio Valian fu abbandonato: nel 1958, in una lettera a Rhona Beare, Tolkien attestò che "i Valar non ebbero linguaggi loro propri, non avendone bisogno" (Lettere:282). Ma poco dopo, nel saggio Quendi ed Eldar del 1960 circa, il linguaggio Valarin riapparve, sebbene a quel punto fosse concepito come assai differente dalle lingue Elfiche e quasi certamente non loro antenato (WJ:397-407). Come notato in precedenza, parole Valarin "Quenyarizzate" appaiono nel Silmarillion pobblicato: Ezellohar, Máhanaxar.
          In fonti precedenti si trovano etimologie Elfiche per i nomi di cui ora si spiega la presa a prestito dal Valarin. Per esempio, il nome di Aulë, dio dell arte, è derivato da una radice GAWA "meditare, concepire, escogitare" nelle Etimologie (LR:358). Il nome Valarin A3ûlêz compare più tardi.
          È stato suggerito che l'ispirazione di Tolkien per il Valarin fosse l'antico babilonese; alcuni sentono nello stile generale del Valarin talune reminiscenze in parole come "Etemenanki", il nome della grande torre (ziggurat) di Babilonia. Tuttavia, tali vedute sono puramente congetturali, e possiamo legittimamente domandarci perché Tolkien avrebbe dovuto usare il babilonese come modello per il linguaggio degli dèi dei suoi miti. Più probabilmente egli mirò semplicemente a uno stile peculiare, dacché questo si suppone fosse un linguaggio totalmente independente dalla famiglia dei linguaggi Elfici, oltre che una lingua sviluppata e parlata da esseri superumani.

LA STRUTTURA DEL VALARIN

Il Valarin impiega un gran numero di suoni, e Tolkien usò anche eccezionalmente molte speciali letteri per compitarli. Ci sono almeno sette vocali, a, e, i, o, u (lunga e corta), oltre a æ (come la a nell'inglese cat) e una speciale varietà di o aperta, probabilmente a mezza via tra le vocali inglesi a, o come in card e sore. C'erano in tutto poche spiranti: ð (come th in the), þ (come th in thing), 3 (non in inglese; la spirante equivalente alla g, detta gh in lingua d'Orchi ghâsh), e ch come nel tedesco o gallese ach (che Tolkien veramente rappresenta con la lettera greca chi nella sua compitazione del Valarin). Le esplosive includono b, d, g foniche e p, t, k afone. I digrafi ph, th, bh presumibilmente rappresentano aspirate esplosive, p.e. p, t, b seguite da h. Ci sono almeno tre sibilanti, z, s e š, la seconda come sh nell'inglese she. Due nasali, m e n, sono attestate. Il Valarin ha anche la vibrante r e la laterale l, oltre alle semivocali y e w.

La maggior parte dei termini words sono del modello (V)CVCV...etc, con pochi gruppi di consonanti, sebbene br, lg, ll, gw, šk, st siano mediamente attestati.

Un'inserzione plurale -um- si riscontra in Mâchanâz pl. Mâchanumâz "autorità, Aratar". Questo è tutto ciò che possiamo sapere della grammatica Valarin. (Vedere, comunque, ayanûz nel dizionario sottostante riguardo a una possiblie desinenza inflessionale.)

Il termine dušamanûðân "danneggiato" può sembrare un participio passato dal suo glossario; se fossimo stati a conoscenza del verbo "to mar", potremmo aver isolato il morfema usato per derivare tale participio. Tuttavia, il solo verbo attestato è akašân, a significare "egli dice". Presumibilmente questa parola può essere suddivisa in una radice "dire" con affisso indicante "egli" e "presente", ma non possiamo isolare i morfemi in assoluta confidenza.

Come puntualizzato da Rúmil, termini, specialmente nomi, tendono ad essere piuttosto lunghi, anche più di otto sillabe come Ibrîniðilpathânezel "Telperion".

Tutti i nomi conosciuti dei diversi Valar terminano per -z: A3ûlêz "Aulë", Arômêz "Oromë" (vedere il vocabolario riguardo allo spelling), Mânawenûz "Manwë", Tulukastâz "Tulkas", Ulubôz o Ullubôz "Ulmo". Altri nomi no hanno tale terminazione, non ultimo il nome del Maia Ossë (Ošošai, Oššai). Ma significativamente, le parole ayanûz "ainu" e Mâchanumâz "Aratar" hanno la stessa finale. Alla voce ayanûz nel vocabolario sottostante, sì suggerisce che una specie di desinenza inflessionale è presente in tale vocabolo.

L'unica cosa che si può dire sulla sintassi è che gli aggettivi sembrano seguire il sostantivo che descrivono: Aþâraphelûn Amanaišal "Arda incorrotta", Aþâraphelûn Dušamanûðân "Arda corrotta".

VOCABOLARIO VALARIN

Le vocali lunghe sono indicate da un accento circonflesso (^); la fonte usa invece i macron. Un suono corrispondente al tedesco ach-Laut è compitato con la lettera greca chi nella fonte; qui è invece usato il digrafo ch . Nella fonte, la retrospirante spesso compitata gh da Tolkien è indicata da una speciale lettera simile al numero 3, quale è usato qui. Le parole Vanyarin per i colori nasar "rosso" e ulban "blu" erano derivate dal Valarin, ma siccome le forme originali non sono date, esse non sono incluse nella presente lista.


          A3ûlêz nome dal significato sconosciuto, alterato a produrre il Quenya Aulë. (WJ:399)
          amanaišal "incorrotto" (WJ:401)
          aþar "tempo fissato, festività" (adottato in Quenya, ivi divenendo asar nel dialetto Noldorin generalmente col cambio þ [th] > s). (WJ:399) Cf. aþâra.
          aþâra
"designato" (cf. aþar) (WJ:399) In Aþâraigas, per significare "tepore annunciato" e usato per il Sole, and Aþâraphelûn, dal supposto significato "dimora designata", ma usato nel medesimo senso del Quenya Arda (il signmificato di tale vocabolo, in sé puramente di origine Elfica, fu influenzato da Aþâraphelûn). Aþâraphelûn Amanaišal "Arda incorrotta", Aþâraphelûn Dušamanûðân "Arda corrotta". (WJ:399, 401)
          akašân supposto significato "Egli dice" con riferimento a Eru; origine del Quenya axan "legge, regola, comandamento". (WJ:399)
          Arômêz (in origine, la lettera ô aveva un diacritico a indicare che essa è aperta e di valore a) un nome adattato in Quenya come Oromë e in Sindarin come Araw. (WJ:400) Secondo l'etimologia popolare Elfica, Oromë significava "soffio di corno" o "soffiatore di corno", ma il nome originale Valarin denota semplicemente questo Vala e non ha etimologia al di là di questa (WJ:401).
          ašata "capelli del capo", anche sološata. (WJ:399)
          ayanûz "ainu" (WJ:399; il termine Quenya ainu è infatti adottato e adattato dal Valarin). Confrontare PM:364, dove Tolkien attesta che in linguaggio Valarin, ayanu- era "il nome degli Spiriti della prima creazione di Eru". Siamo dunque a inferire che ayanu- è la radice del vocabolo, il che implica che in ayanûz, l'allungamento della vocale finale e il suffisso -z indicano una specie di inflessione - nominativo singolare?
          Dâhan-igwiš-telgûn probabilmente il nome Valarin di Taniquetil; vedere WJ:417. Il nome Quenya è parzialmente un'adattamento, e parzialmente una "perversione" motivata dall'etimologia popolare: Taniquetil può essere interpretato "alto punto bianco", sebbene questo non sia buon Quenya. Più comune, ma probabilmente meno accurato spelling: Dahanigwishtilgûn.
          delgûmâ termine Valarin l'esatto significato del quale non è dato. (WJ:399) È, tuttavia, attestato che esso influenzò il Quenya telumë "cupola, (specialmente) volta celeste" (LR:391 radice TEL, TELU), la quale fu alterata in telluma "cupola", specialmente applicato alla "Volta di Varda" sopra Valinor; anche usato per le volte della magione di Manwë e Varda sopra Taniquetil. La prima accezione sembra pertinente in Namárië: Vardo tellumar...yassen tintilar i eleni... "le volte di Varda... dove le stelle tremolano..." (LotR1/II ch. 8)
          dušamanûðân "guasto" (WJ:401)
          Ezellôchâr "il Verde Tumulo", che incorpora un termine Valarin per "verde" che non è dato come tale, ma fu adottato in Quenya Vanyarin come ezel, ezella (WJ:399). Adattato in Quenya come Ezellohar (probabilmente divenuto *Erellohar nel dialetto degli esuli Noldorin con la generale modifica z > r).
          Ibrîniðilpathânezel nome Valarin di Telperion (WJ:401), etimologia non data, ma il nome sembra incorporare iniðil "fiore" e probabilmente ezel "verde" (vedere Ezellôchâr qui sopra). David Salo suggerisce che l'interpretazione *"fiore argenteo - verde foglia", se corretta potrebbe implicare l'esistenza degli elementi ibri "argento" (o "bianco"?) e pathân "foglia".
          igas "calore", provvisoriamente isolato da Aþâraigas "tepore annunciato" (q.v.)
          iniðil "giglio, o altro grande fiore singolo" (l'origine del Quenya indil, ed evidentemente anche dell'Adûnaico inzil) (WJ:399)
          mâchanâz, pl. mâchanumâz "Autorità", usato per i grandi Valar, chiamati Aratar in Quenya. Anche il termine Valarin fu adattato in Quenya come Máhan pl. Máhani.
          machallâm propriamente uno dei seggi dei Valar nell'Anello della Sorte, origine del Quenya mahalma "trono" (WJ:399, cfr. UT:305, 317)
          mâchan supposto significato "autorià, decisione autorevole" (WJ:399). Origine del Quenya Máhan, uno degli otto grandi fra i Valar, sebbene la traduzione Aratar fosse più usuale. È un elemento in Mâchananaškad "Anello del Fato", l'Anello della Sorte, adattato in Quenya come Máhanaxar o tradotto come Rithil-Anamo. (WJ:401)
          Mânawenûz "Uno Benedetto, Uno (intimamente) in accordo con Eru". In Quenya ridotto e alterato a produrre Manwë. (WJ:399)
          mirub- "vino", un elemento reperibile anche in mirubhôzê- (supposto inizio della più lunga parola) = Quenya miruvórë, miruvor, il nome di uno speciale vino o cordiale, indicato con "idromele" nella traduzione di Namárië in SdA, dove tale parola compare (yéni ve lintë yuldar avánier...lisse-miruvóreva, "i lunghi anni sono fuggiti come rapidi sorsi del dolce idromele", SdA1/II cap. 8) Ragionevolmente, il termine fu originariamente adattato come *miruvózë, divenendo miruvórë in dialetto Noldorin con la generale sostituzione di z > r. Dovrebbe essere rimasto *miruvózë in Vanyarin. RGEO:69 conferma che miruvórë era "una parola derivata dal linguaggio dei Valar; il nome che essi davano alla bevanda che mescevano durante le loro feste".
          naškad (or anaškad?) un elemento provvisoriamente isolato da Mâchananaškad e che probabilmente significa "anello", cfr. in Lingua Nera nazg.
          Næchærra (not capitalized in source) il nome originale Valarin che fu adattato in Quenya comeNahar, cavallo di Oromë, supposto onomatopeico del suo nitrito. (WJ:401)
          Ošošai, Oššai un nome dal supposto significato "spumeggiante, schiumeggiante", adattato in Quenya come Ossai > Ossë, Sindarin Yssion, Gaerys. (WJ:400)
          Phanaikelûth (sic, non **Phanaikelûþ) dal supposto significato "specchio lucente", usto per la luna (WJ:401)
          phelûn "dimora", provvisoriamente isolato da Aþâraphelûn, q.v.
          rušur "fuoco" (anche uruš) (WJ:401)
          šata "capelli del capo", anche ašata (WJ:399)
          šebeth (sic, non **šebeþ) "aria" (WJ:401)
          tulukha(n) "giallo" (WJ:399). Adattato in Quenya Vanyarin come tulka.
          Tulukhastâz (sic - leggi Tulukhaštâz?) si suppone essere una composizione contenente tulukha(n) "giallo" e (a)šata "capelli del capo", di qui "chioma dorata". Adattato in Quenya come Tulkas. (WJ:399)
          Tulukhedelgorûs nome Valarin di Laurelin, la cui etimologia non è data, ma il vocabolo apparentemente incorpora una forma di tulukha(n) "yellow" (WJ:401)
          ulu, ullu "acqua" (WJ:400, 401). In Ulubôz, Ullubôz.
          Ulubôz, Ullubôz un nome contenente ulu, ullu "acqua", adattato dal Quenya come Ulmo e interpretato "il torrente" dall'etimologia popolare. (WJ:400)
          uruš "fuoco" (anche rušur) (WJ:401)

Ardalambion