Cosa, realmente, accade nella mente di un uomo che per tutta la sua vita si diletta con enormi costruzioni linguistiche, interi linguaggi mai esistiti al di fuori dei suoi appunti? Una cosa dev'essere perfettamente chiara: egli forgiò molti più linguaggi di quelli qui trattati, di quanti potesse mai sperare di includere nelle sue storie. Veramente, vi sono alcuni poemi in Elfico e uno sciame di nomi esotici negli annali della Terra di Mezzo ma, in realtà, questo è nulla a cofronto di tutto ciò che Tolkien produsse. In Tyalië Tyelelliéva # 6, Lisa Star ci informa che la sua lista di vocaboli pubblicati conta dodicimila voci. Stiamo parlando di un enorme costrutto linguistico. Come ebbe inizio? In che modo fu fatto? E perché?
Un bel giorno, quando il ventesimo secolo era tanto giovane quanto oggi è vecchio, l'adolescente
Tolkien rimase sorpreso nell'ascoltare un paio di altri ragazzi comunicare fra loro in
Animalico. Esso era un primitivo linguaggio-gioco che consisteva principalmente
di nomi inglesi di animali. Gli inventori dell'Animalico non tentarono di mantenerlo
segreto, e il giovane Tolkien presto ne imparò qualcosa. Nel suo saggio Il vizio segreto
(pubblicato in The Monsters and the Critics pagg. 198-219) egli dà
un esempio di Animalico [in molte versioni italiane detto «animalese», N.d.T.]: Cane usignolo picchio quaranta, che
traduce in "tu sei un asino". (Per intenderci: "asino" qui significa somaro e
nient'altro. In Animalico, quaranta significa somaro, mentre somaro,
ovviamente, significa quaranta...)
L'Animalico presto divenne una lingua morta, ma alcuni di quei ragazzi continuarono i loro
giochi linguistici. Essi inventarono un linguaggio chiamato Nevbosh (essendo
Nevbosh per "new nonsense" - il nonsense che rimpiazza l'Animalico, evidentemente...)
Tolkien non fu l'originatore di tale linguaggio ma, a suo dire, diede
contributi al suo vocabolario e aiutò a standardizzarne l'ortografia. "Ero un
membro del gruppo dei parlanti Nevbosh," come ricorda fieramente.
Il Nevbosh era principalmente una mistura di parole inglesi pesantemente distorte, francesi e
latine. Esso non rappresenta una reale rottura rispetto all'inglese o ad altri normali
linguaggi. Più di vent'anni dopo che a sua volta era divenuto lingua morta, Tolkien era
ancora in grado di ricordarne almeno un frammento compiuto, che egli definisce
"piuttosto stupido":
Dar fys ma vel gom co palt 'hocLe rime possono peraltro essere preservate nella traduzione [inglese, N.d.T.]: "There was an old man who said 'how / can I possibly carry my cow? / For if I was to ask it / to get in my pocket / it would make such a fearful row!' " [C'era una volta un vecchio che disse: "come / posso possibilmente condurre la mia vacca? / Se le chiedessi / di mettersi nella mia tasca / farebbe un tale tumulto!", possibile - ma opinabile - versione italiana, N.d.T.].
pys go iskili far maino woc?
Pro si go fys do roc de
Do cat ym maino bocte
De volt fac soc ma taimful gyróc!'
Una cosa era importante per Tolkien. I linguaggi dovevano essere
belli. I loro suoni dovevano essere piacevoli. Tolkien assaporava
i linguaggi, ed il suo gusto era ben affinato. Latino, spagnolo e gotico erano
piacevoli. Il greco era grandioso. L'italiano era meraviglioso. Ma il francese, spesso additato come
bel linguaggio, gli dava poco piacere.
Ma il suo paradiso si chiamava gallese. Nel suo saggio "Inglese e Gallese",
Tolkien ricorda come egli una volta vide le parole Adeiladwyd 1887 (Costruito nel
1887) scolpito su una lapide. Fu la rivelazione d'una bellezza. "Ha fatto breccia nel mio cuore
linguistico," rammenta. Egli constatò che il gallese era pieno di vocaboli
meravigliosi. Tolkien trovò difficile comunicare ad altri che cosa
realmente c'era di così grande in esso, ma nel suo saggio ne fa un onesto tentativo:
"La maggior parte degli inglesi madrelingua...ammetterà che cellar door ["porta della cantina", N.d.T.] è
'bellissimo', specialmente se dissociato dal suo significato (e dalla sua ortografia).
Più bello che non dire, sky ["cielo", N.d.T.], e ancora più bello di
beautiful ["bello"; notare il gioco di parole, N.d.T.]. Orbene, in gallese per me le cellar doors sono
straordinariamente frequenti, e muovono alla più alta dimensione, le parole nelle quali
vi è il piacere nella contemplazione delle associazioni di forma e significato sono
abbondanti." Egli quindi elenca concreti esempi come il gallese wybren che è "più
piacevole" dell'inglese sky. -MC p. 190-193.
Ma c'erano ben altre piacevolezze in serbo per il giovane Tolkien. Un giorno egli
trovò...una grammatica finlandese!!! Egli presto si ritrovò in estasi fonoestetica.
"Fu come scoprire una completa enoteca riempita con
bottiglie di
un vino straordinario di una varietà e di una fragranza mai gustata prima. Ne fui completamente intossicato"
(Lettere:214). Sul finlandese egli tracciò le linee del suo ultimo progetto
("createvi il vostro linguaggio Germanico"), per ora quello basato sulle più potenti
ispirazioni.
Molti anni dopo, egli constatò che le lingue Elfiche erano "intese a (a) divenire
in definitiva di uno stile e struttura di tipo europeo (non nei dettagli); e (b)
divenire specialmente piacevoli. Il primo obiettivo non è difficile da raggiungere, ma il
secondo è più difficile, causa personali predilezioni individuali, specialmente
nella struttura fonetica del linguaggio, immensamente variabili... Ho perciò compiaciuto me stesso" (Lettere:175-176). Ciò in effetti vuol dire che dal punto in cui scoprì il gallese e il finlandese, questi furono i più influenti nelle sue costruzioni linguistiche.
Ovviamente, è azzeccato osservare che i gusti individuali variano immenasamente. Il
linguaggio gallese che egli amava così tanto e su cui modellò il Sindarin, fu una volta
descritto come "una massa di grugniti e suoni gorgoglianti" da un radocronista Norvegese.
Ancora, molte persone sembrano d'accordo sul fatto che le favelle Elfiche sono
generalmente eufoniche. Tolkien registrò riscontri positivi: "I nomi di
persona e di luogo in questa storia sono stati principalmente composti su modelli deliberatamente
plasmati su quelli gallesi (apparentemente simili ma non identici). Questo elemento nel
racconto ha dato forse più piacere a molti lettori di qualunque altro" (MC:197).
Ma stiamo precorrendo i tempi; ritorniamo ai primi inizi.
Mentre la Guerra Mondiale ancora infuriava, le costruzioni linguistiche di Tolkien
divennero definitivamente linguaggi Elfici. Il 2 marzo 1916, il ventiquattrenne
Tolkien scrisse alla sua amata Edith dicendole che stava lavorando ad un suo
"linguaggio fatato senza senso - ai suoi miglioramenti. Spesso ci lavoro a lungo e
non mi spiego perché, sebbene io lo ami tanto deve sembrare un hobby così pazzo!" Pazzo
o no, egli assecondò la sua brama e seguitò a lavorare a quest'hobby
per tutta la vita. - Lettere:8.
Esattamente a questo punto, nel 1916, mentre Tolkien era in ospedale essendo sopravissuto
alla Battaglia di Somme, la primissima parte della sua "mitologia d'Inghilterra" fu
scritta - frammenti di quello che un giorno sarebbe divenuto il Silmarillion. Allo
stesso tempo, o piuttosto poco prima, egli scrisse la sua prima lista di termini Elfici.
Una cosa fece scattare l'altra: "La creazione di linguaggi e della mitologia sono
attività correlate," osservò in Il vizio segreto. "La costruzione del vostro linguaggio
genererà una mitologia" (MC:210-211). O nuovamente in una lettera
scritta molti anni dopo, immediatamente dopo la pubblicazione di SdA: "L'invenzione
di linguaggi è il fondamento. Le 'storie' sono state create piuttosto per fornire un
mondo per i linguaggi che non il contrario. A me viene prima in mente un nome, e la
storia in seguito... [SdA] è per me...un esteso saggio di 'estetica linguistica',
come io talvolta dico alle persone che mi chiedono 'che cos'è soprattutto?' "
(Lettere:219-220). Poche persone prendono seriamente questa spiegazione. "Nessuno
mi crede quando dico che il mio lungo libro è un tentativo di creare un mondo in
cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale,"
si lagnò Tolkien. "Ma è vero." - Lettere:264.
Dal primissimo inizio, c'erano due linguaggi principali nella sua miytologia: uno
che suonava molto come il finlandese, e uno che era simile al gallese. Diversamente dalle loro
ispirazioni, essi erano correlati ed erano derivati da un comune primitivo
linguaggio. Il linguaggio simil-finnico fu chiamato "Qenya" fin dall'inizio; una
piccola riforma ortografica è tutto ciò che è rimasto tra esso ed il suo nome finale. L'altro
linguaggio fu originariamente chiamato Golgodrin o "Gnomico", esso era
i-Lam na-Ngoldathon o "la favella degli Gnomi". (la sua forma posteriore, così
pesantemente riveduta che esso non era più realmente lo "stesso" linguaggio, fu a lungo chiamata
Noldorin; solo quando Tolkien ebbe completato SdA realizzò che il suo
vero nome fosse Sindarin. Vedere sotto.) Il primo lessico Gnomico fu
pubblicato pochi anni fa e passa per essere molto comprensibile, probabilmente il
più completo "dizionario" che Tolkien abbia mai fatto per alcun linguaggio Elfico. Il
dizionario "Qenya" fu finalmente pubblicato nel 1998 e passa per essere un altro documento molto comprensibile, come si può vedere dagli indici presentati in queste pagine (dalle glosse inglesi o vocaboli Qenya).
Gli anni passarono e le storie del Silmarillion evolvettero, ma
sembra che la rilevanza dei dizionari originali presto diminuì:
le frequenti revisioni inevitabilmente li rendevano obsoleti. Nella seconda metà degli anni
Trenta, comunque, Tolkien stese una lista di circa settecento
"radici" di Elfico Primordiale e alcune delle loro derivazioni nei successivi linguaggi. Fu apparentemente
questa lista, le cosiddette Etimologie, cui egli fece riferimento quando
iniziò a scrivere Il Signore degli Anelli (salvo aggiungere alla lista alcuni termini
e nomi da quest'opera, p.e. mith "grigio" e rhandir "pellegrino",
che uniti danno Mithrandir). Le Etimologie furono pubblicate in
versione integrale da Christopher Tolkien in The Lost Road p. 347-400. Una
voce tipica si presenta più o meno così:
MBUD- project. *mbundu: Q mundo muso, naso, capo; N bund, bunn. Cf. *andambundâ dal lungo muso, Q andamunda elefante, N andabon, annabon.Qui abbiamo diverse forme arcaiche (debitamente asteriscate come "inattestate") oltre le discendenze di queste forme in Q (Quenya) e N ("Noldorin", leggi: Sindarin). Ciò conduce alle tecniche usate da Tolkien nella concezione delle sue creazioni linguistiche. In che modo fu fatto?
Christopher Tolkien descrive la strategia di suo padre come creatore di linguaggi in una
frase formidabile: "Egli, dopotutto, non 'inventò' nuovi termini e nomi
arbitrariamente: in principio, li concepì entro la struttura storica,
procedendo dalle 'basi' o radici primitive, aggiungendo suffissi o prefissi o
formando combinazioni, decidendo (o, come avrebbe detto, 'trovando') quando il
vocabolo entrò nel linguaggio, seguendolo attraverso le modifiche regolari nelle forme
cui sarebbe stato sottoposto, e osservando le possibilità di influenze formali o
semantiche da altri vocaboli nel corso della sua storia." Risultato:
"Una tale parola allora esisterebbe per lui, e la conoscerebbe." (LR:342)
Come esempio di tale processo possiamo usare i numerali elfici. Consideriamo
le radici primitive per le parole che indicano i numeri 1-10, oltre a quelle derivate da
queste radici come appaiono in Quenya e Sindarin:
1: MINI: Q minë, S min(C'erano anche radici per 11 e 12, poiché gli Elfi apparentemente usavano un sistema di conteggio duodecimale quasi dal momento in cui vennero ad esistere, ma queste sono sufficienti per il nostro scopo.) Si può osservare come Tolkien cambiò le radici originali secondo le regole fissate e computò quelle forme nelle successive lingue Elfiche. Per esempio, una regola è che in Sindarin p, t, k afone divengono b, d, g foniche quando seguono una vocale: così otteniamo leben dalla radice LEPEN, eneg da ÉNEK e neder de NÉTER. In Quenya, la regola è che le esplosive afone sono solitamente invariate, così in Alto Elfico abbiamo le forme lempë (dalla radice LEPEN- via *lepne e *lenpe?), enquë (i.e. enkwe) e nertë. D'altro canto, il Quenya ha una regola per cui la i corta finale diviene e alla fine delle parole, così abbiamo minë da MINI. Il Sindarin fa cadere la vocale per produrre min. Queste ed altre regole per variazioni sonore furono così disegnate in modo che i linguaggi risultanti ebbero il genere di musicalità che Tolkien cercava: uno prossimo alla fonologia "finnica", mentre l'altro venne a suonare molto simile al gallese.
2: AT(AT): Q atta, S tad
3: NEL(ED): Q neldë, S neledh
4: KÁNAT: Q canta, S canad
5: LEPEN: Q lempë, S leben
6: ÉNEK: Q enquë, S eneg
7: OTOS/OTOK: Q otso, S odog
8: TOL-OTH/OT: Q tolto, S toloth
9: NÉTER: Q nertë, S neder
10: KAYAN/KAYAR: Q cainen, S caer
Ma non importa quanto Tolkien giocasse con variazioni foniche e non solo
inventando nuovi termini e nomi arbitrariamente, le parole devono comunque provenire da
qualche parte. Erano, dopotutto, effettivamente arbitrarie? Spesso no. Quando Tolkien fu
intervistato dal Daily Telegraph nel 1968 e ottenne di leggere una versione preliminare
dell'intervista prima che fosse stampata, egli fu inorridito nello scoprire
di aver detto: "Quando si inventa un linguaggio, più o meno lo si acchiappa nell'aria. Si dice boo-hoo e ciò significa qualcosa." Non era propriamente
ciò che intendeva realmente; non era sicuro d'aver detto quello. Egli spiegò attentamente
d'aver ideato parole basate su predilezioni personali, guidato
dal pensiero che fossero foneticamente adatte (Letters:375). Si può
discutere su quanto "personali" fossero tali associazioni. Molti saranno probabilmente d'accordo
sul fatto che alcune parole Elfiche in uno strano modo sembrano affatto adattarsi al loro significato:
elen "stella", menel "cielo", vanya "bello", wen o
wendë "principessa", lótë "fiore", masta
"pane". (Ovviamente si puè essere in disaccordo: il sottoscritto pensa
che MOR, la ben nota radice per "nero", suoni invece come bruno - e come
Tolkien potè pensare che carnë significhi "rosso"? Per me, la parola suona
verde!)
Tolkien ha spiegato le basi di alcune delle sue predilezioni: "L'elemento
(n)dor 'terra', probabilmente deve qualcosa a nomi come Labrador
(un nome che potrebbe, quanto a stile e struttura, essere Sindarin)"
(Lettere:383-4). Egli ci dice anche come GON(O),
GOND(O) fosse la radice Elfica per "roccia, pietra" (come in
Gondor "terra rocciosa", Gondolin "musica delle pietre"): quando aveva otto
anni, Tolkien lesse un libro che affermava che nulla è noto dei linguaggi
delle tribù pre-Celtiche e pre-Romane, eccetto la possibilità che ond stesse per "pietra".
Il giovane John Ronald Reuel ritenne questa parola "adatta al suo significato", così
la ricordò e la adoperò nei suoi linguaggi "fatti in casa" molti anni dopo: il Sindarin
gond o gonn, il Quenya ondo. (Lettere:410. Il libro
da cui Tolkien attinse il vocabolo ond fu finalmente identificato in
Vinyar Tengwar #30: Celtic Britain del Professor John Rhys,
che secondo Carl F. Hostetter e Patrick Wynne "consiste di oltre
300 fitte pagine e non tralascia alcuna discussione etimologica,
alcun passaggio latino intradotto, alcuna parola greca non traslitterata".
Questo è ciò che Tolkien preferiva leggere all'età di otto anni.)
Molte parole "elfiche" passano per essere scelte da un'ampia varietà di
fonti: Pé "bocca" è ebraica, lá "no, non"
è arabica, nér "uomo" dalle ricontruzioni della lingua Indo-Europea,
ken- "vedere" è simile al cinese kan, e roch
"cavallo" ha reminiscenze dal verbo ebraico râkháv
"cavalcare". La radice ÑGAR(A)M "lupo" produce
(assieme al Quenya narmo e al Sindarin garaf) la parola Doriathrin
garm, ma Garm è uno dei nomi dei mostruosi
Fenris-wolf ossessione della mitologia norvegese. Non solo il norvegese antico, ma anche
i moderni linguaggi scandinavi sembrano essere raporesentati: il Quenya varya
"proteggere" è sospettosamente simile al norvegese verge,
verje; "freccia" è pil in scandinavo e pilin in
Quenya, e mentre il Quenya mat-/Sindarin medi significa "mangiare",
il norvegese/svedese mat, il danese mad significano "cibo"! Dato per
assodato che una delle pricipali influenze nei linguaggi di Tolkien fu quella finnica,
non meraviglia che Quendi come nome degli Elfi abbia qualcosa
a che fare con kvener, un vecchio nome scandinavo dei finnici. Se c'è
qualche fattore interno che mostri come i linguaggi di Tolkien siano di fantasia,
dev'essere il fatto che alcuni "plagi" possono essere rintracciati sul vocabolario.
Ma Tolkien disponibilmente ammette che non tentò di evitare l'influenza
delle parole dei linguaggi reali. Dopotutto, egli creò linguaggi per suo puro
diletto, non per burlarsi degli altri e far credere che essi fossero
"reali".
Quando concepì i pochi frammenti di linguaggi non-Elfici, come la Lingua Nera di Sauron
e anche la favella Adûnaica (elaborata nella struttura ma non
nel vocabolario), Tolkien fu probabilmente meno riluttante nell'ideare semplicemente parole
in modo arbitrario. O così pensava. La parola della Lingua Nera nazg "anello" (come in
Nazgûl, Spettri dell'Anello) sembra essere un'inconscia presa a prestito dal
gaelico nasc dallo stesso significato (Lettere p. 385). In
cambio la Lingua Nera fu costruita per essere brutta quanto era possible che lo fosse, e a Tolkien non piaceva il gaelico (ancora un altro esempio del suo raffinato gusto linguistico - eccetto che per i madrelingua, quante persone sono in grado di parlare separatamente gaelico e gallese?)
Tolkien insistette sul fatto che "tutti i nomi nel libro, e i linguaggi, sono
ovviamente costruiti, e non a caso" (Lettere:219). Ecco qui alcuni
nomi "casuali". Una nota riprodotta in The War of the Jewels p. 318
suggerisce che Tolkien non sapeva cosa significassero i nomi Amloth ed
Ecthelion quando li adoperò la prima volta, ma siccome essi "suonano
gradevolmente e sono stati stampati", egli prese tempo per trovare che cosa
significassero. Ma per il nome Eöl si rivelò troppo difficile: "Non è in realtà
assolutamente necessario che i nomi abbiano significato"! (The War of the
Jewels p. 320.)
Comunque, i linguaggi di Tolkien cambiarono in modo diverso che non le simulate
modifiche entro la storia immaginata. In The Monsters and the Critics p.
218-19, Tolkien osserva che "se si costruisce un linguaggio artefatto secondo
principi scelti", si possono scrivere poesie in quel linguaggio - "così come sono fissati,
e nel coraggioso rispetto delle proprie regole, resistendo alla tentazione del
supremo despota di alterarle".
Tolkien non ebbe coraggioso rispetto delle sue proprie regole. Tolkien non resistette
alla tentazione del supremo despota.
Egli non giunse mai a "completare" veramente i suoi linguaggi. L'unica cosa che finalmente
assicurò totale stabilità fu la loro demise nel 1973. In Sauron Defeated p.
240, il personaggio di Tolkien Lowdham parla per Tolkien stesso: "Nella creazione
di un linguaggio si è liberi: troppo liberi. È difficile dare un appropriato significato
ad ogni dato vocalizzo, e ancora più difficile adattare ogni vocalizzo a un dato
significato. Dico adattare. Non intendo dire che si possano assegnare forme o significati
arbitrariamente, come si vuole. Diciamo di volere una parola per cielo. Bene, chiamiamolo
jibberjabber, o qualsiasi altra cosa venga in mente senza l'esercizio
di alcun gusto o arte linguistica. Ma questa è codifica, non costruzione
linguistica. È poi un altro problema trovare una positiva relazione, tra suono
e senso, che soddisfi, che una volta fatta sia durevole. Quando si
inventa soltanto, il piacere o divertimento si ha nel momento dell'invenzione; ma siccome se ne è
padroni ogni capriccio è legge, e si può volere che il divertimento sia sopra ogni altra cosa,
per forza. Si è responsabili d'esser quanto mai pignoli, alterati, raffinati, ondivaghi,
secondo il proprio umore linguistico e i propri cambiamenti nei gusti."
Questo è precisamente ciò che Tolkien stesso fece. Per tutta la sua vita tenne
revisioni, revisioni, revisioni. Nelle parole di suo figlio, "le storie linguistiche
furono...inventate da un inventore, che era libero di cambiare queste
storie così com'era libero di cambiare la storia del mondo in cui esse ebbero
luogo, e lo fece così abbondantemente... Inoltre, le alterazioni nella storia
non furono confinate in caratteristiche di sviluppo linguistico 'interiore': la
concezione 'esteriore' dei linguaggi e le loro relazioni subirono modifiche,
anche profonde" (LR:341-342).
Il Sindarin è buon esempio di idee cambiate sulla storia esteriore dei
linguaggi. Lo scenario illustrato nelle appendici di SdA mostra che questo è
il linguaggio dei Sindar, gli Elfi Grigi - gli Elfi che giunsero nel Beleriand da
Cuiviénen, ma non si recarono oltre il mare in Valinor. Ma nelle note di Tolkien
antecedenti SdA, il Sindarin è chiamato Noldorin, e prima ancora
Gnomico, poichè era il linguaggio dei Noldor o "Gnomi", gli "Elfi
Saggi". Fu sviluppato in Valinor, mentre il Quenya nel primo scenario era
il linguaggio dei Lindar, la prima delle tre schiere degli Eldar
(a complicare ulteriormente le cose, i Lindar più tardi furono rinominati e divennero
i Vanyar, mentre Lindar divenne un nome della terza schiera,
i Teleri...). Ma allora Tolkien doveva aver compreso che gli Elfi, immortali e
tutto il resto, dificilmente avrebbero sviluppato linguaggi radicalmente differenti mentre vivevano fianco a
fianco in Valinor. Così, secondo lo scenario riveduto, Vanyar e Noldor parlavano entrambi
Quenya con qualche minore differenza dialettale, mentre il linguaggio
"Noldorin" che Tolkien aveva già ideato fu semplicemente
ribattezzato Sindarin, trasferito da Valinor alla Terra di Mezzo e ricollocato
laggiù sulle bocche delgi Elfi Grigi. Era, ovviamente, più plausibile
che essi avessero sviluppato un linguaggio molto differente dal Quenya, essendo
stati separati dal loro ceppo in Valinor per migliaia di anni. Christopher
Tolkien commenta, "giunse così lontano questa riforma che le
preesistenti strutture linguistiche furono immesse nel nuovo
intreccio storico e ad esse furono dati nuovi nomi" (LR:346).
Ma anche il vocabolario, la fonologia e la grammatica dei linguaggi fu
ripetutamente riveduta. Si considerino queste righe da un primevo poema "Qenya", pubblicato in MC:213-14:
Man kiluva lómi sangane,"Chi vedrà radunarsi le nuvole, i cieli curvarsi su colline che si sgretolano, il mare ingrossarsi, l'abisso spalancarsi, l'antica tenebra oltre le stelle cadere su torri cadute?"
telume lungane
tollalinta ruste,
vea qalume,
mandu yáme,
aira móre ala tinwi
lante no lanta-mindon?
Man kenuva lumbor ahostaCome si vedrà, la sola parola immutata in ambedue i testi è man "chi"; così anche la desinenza futura -uva in kiluva > kenuva "vedrà". È una questione aperta se un Elfo che parla il "Qenya" degli anni Venti e dei primi anni Trenta possa essere in grado di seguire una conversazione in buon Quenya.
Menel akúna
ruxal' ambonnar,
ëar amortala,
undume hákala,
enwina lúme elenillor pella
talta-taltala atalantië mindonnar?
Quale, allora, il prezzo dei linguaggi di Tolkien oggi, quando un quarto di secolo è
passato da quando il loro autore si recò nelle aule di Mandos? Alcuni di noi si sono sobbarcati
lo studio dell'Elfico, forse un po' con la stessa attitudine con cui la gente
si diverte con un cruciverba ben fatto: proprio il fatto che nessuna grammatica
elfica scritta da Tolkien sia mai stata pubblicata lo rende un'affascinante
sfida a "break the code". O può essere puro romanticismo,
una speciale forma di immersione letteraria: con lo studio dei linguaggi Eldarin,
si tenta di farsi simili - proprio al loro livello mentale - agli immortali Elfi,
saggi e giusti, i Primogeniti di Eru Ilúvatar, tutori dell'umanità
ai suoi albori. O, meno romanticamente, si vogliono studiare le costruzioni
di un talentuoso linguista e il processo creativo di un genio occupato nel suo
amato lavoro. E a molti semplicemente piacciono i linguaggi elfici come a uno può
piacere la musica, come elaborati e (secondo il gusto di molti) gloriosamente
fortunati esperimenti di eufonia. Qualunque sia la motivazione dello studente, lo studio è indubitabilmente
istruttivo: per descrivere propriamente i linguaggi di Tolkien, si devono acquisire
informazoni ricche di terminologia linguistica. (Il sottoscritto ha avuto
appena intima familiarità con tali termini e concetti come allativo,
ablativo, locativo, svarabhakti, assimilazione, lenizione e molto più di quanto
non abbia avuto bisogno, nei miei studi di Elfico. Una volta ho impressionato uno dei miei lettori
con la mia conoscenza dei modelli di lenizione gallese. Come poteva sapere che i miei
esempi erano invero basati sul Sindarin?) È anche stato suggerito che qualcosa
dell'acume di Tolkien come linguista sia sepolto nei suoi linguaggi, in attesa di essere
dissotterrato. Il Modern Language Association International Bibliography ha ritenuto che
lo studio dell'Elfico fosse sufficientemente serio per loro da registrare Vinyar
Tengwar, la news letter dell'Elvish Linguistic Fellowship, nel suo
indice.
Inoltre, può essere facilmente dimostrato che la nomenclatura de Il
Signore degli Anelli ha ispirato altri scrittori fantasy - in questo genere, nomi
che spesso hanno uno stile distintamente celtico o gallese. Possiamo anche trovare dirette
prese a prestito di morfemi. Leggendo tali esempi come Eriador,
Gondor, Mordor etc. alcuni hanno evidentemente dedotto che l'elemento
-dor significa "terra", e nei racconti fantastici, spesso si incontrano alcuni paesi che hanno nomi in -dor. Cfr. per esempio la terra dorata di Alan Gardner
Elidor. Esiste un fumetto fantasy norvegese,
Ridderne av Dor or "I cavalieri di Dor", che satireggia questo fenomeno:
i paesi hanno nomi come Kondor, Matador e Glassdor! Parodie invero
apparse già mentre Tolkien era in vita; si consideri questa, ahem, versione di
A Elbereth Gilthoniel da Bored of the Rings. Autorevoli studiosi
di Elfico, inclusi Arden R. Smith e Anthony Appleyard, hanno analizzato questo
testo tanto seriamente quanto non merita.
Tentativi più seri di scrivere testi Elfici - soprattutto in versi - sono stati
anche pubblicati, negli anni. Da adesso è divenuto certamente possibile mettere
assieme una piccole antologia di tali composizioni. Ora, un piccolo corpus di
letteratura Elfica esiste. Ovviamente, non c'è modo di conoscere cosa Tolkien
avrebbe pensato di tali recenti testi scritti. Si può a stento dubitare che
se egli dovesse mai tornare dall'aldilà, sarebbe presto indaffarato con una
matita rossa.
Ma come le carte di Tolkien sono state pubblicate, e la nostra conoscenza
di Quenya e
Sindarin diviene ancora più completa - il salto è ancora enorme - potrebbe divenire
possibile scrivere lunghi testi in Elfico. Nel suo giornale Tyalië
Tyelelliéva, Lisa Star ha audacemente dichiarato che "l'ultima meta
è la rinascita dei linguaggi Elfici nel parlato, nello scritto e nell'arte".
Sia realistico o no, Tolkien lo merita: un'intera vita di lavoro è stata lasciata sulla
lunga strada dal Nevbosh al Quenya e al Sindarin. Sarebbe il monumento finale
agli sforzi di Tolkien se i suoi amati linguaggi potessero essere portati in vita
- e invero sarebbe l'unico monumento adatto a un uomo che ha inventato un
intero mondo solo per avere un posto dove una persona potesse salutarne un'altra con le parole Elen síla lúmenn' omentielvo.