Affissi Quenya

di Helge Fauskanger - traduzione di Gianluca Comastri

Desinenze nominali ed astratte
Desinenze maschili
Desinenze femminili
Desinenze aggettivali
Desinenze verbali
Miscellanea
Prefissi

Il Quenya fa un estensivo uso di affissi, prefissi e suffissi, per formare i vocaboli. Relativamente pochi termini consistono di un nudo radicale. (Comunque, alcune delle formazioni sono assai antiche; non tutte le desinenze elencate sotto furono effettivamente produttive in tardo Valinóreano o Quenya Esule. Alcuni metodi di derivazione che appartengono al Quenya Primordiale piuttosto che al Quenya sono sorpassati, sebbene il vocabolario Quenya possa includere discendenti di parole così derivate.) Se gli affissi elencati sotto sono usati per derivare nuovi vocaboli, ci si deve prendere cura di evitare combinazioni (specialmente di consonanti) che siano impossibili in Quenya.

Desinenze nominali ed astratte

Questo è un elenco, non inteso come esaustivo, di desinenze occorrenti nei sostantivi Quenya. (Le radici cui ci si riferisce, KOR, GALA, PAR etc., si trovano nelle Etimologie in LR:347-400 a meno che non sia dato alcun altro riferimento.) Oltre alle desinenze elencate qui, comuni sostantivi possono essere derivati dalla nuda radice per aggiunta di alcune fra le vocali -a, -ë, -o o (assai raramente) -u; questa è talvolta combinata con l'allungamento della radice vocalica, talvolta no: porë "farina" da POR, mírë "gioiello" da MIR, róma "suono fragoroso" da ROM, malo "polline" da SMAL. (I pochi sostantivi in -i sembrano essere femminili; vedere Desinenze femminili sotto.) La consonante finale della radice può essere duplicata o subire infissione nasale prima che la vocale finale sia aggiunta (e.g. quetta "parola" da KWET "dire", quinga "arco" da KWIG; forme primitive *kwettâ, *kwingâ).

-at: in hyapat "riva", lanat "trama", sarat "lettera Rúmiliana" (SKYAP, LAN, WJ:396). Significato elementare sconosciuto; può rappresentare semplicemente una forma estesa della radice. In alxuni casi essa sembra denotare qualcosa prodotto dalla corrispondente azione verbale, come lanat "trama" from LAN "tessere". Assai verosimilmente, i termini in -at sono esempi delle cosiddette radici kalat, formate dal suffisso della radice vocalica (cosiddetta ómataina, WJ:417) ed aggiunta della -t (vedere WJ:392). Se così, la desinenza non è effettivamente -at, ma soltanto -t (cfr. rukut derivato da RUKU [WJ:389]; tale vocabolo non sembra avere alcun discendente in Quenya).

-ba: forse un allomorfo di -wa (vedere sotto) occorrente dopo la m: romba "tromba" da ROM "rumore intenso, squillo di corno". Alternativamente, la B di -ba è semplicemente parte di una "fortificazione mediale" M > MB.

-ë combinata con l'allungamento della radice vocalica è usato per derivare quelli che sono propriamente sostantivi verbali. Talvolta il senso dei vocaboli derivati fluttua dal puro astratto al più concreto, denotando un oggetto o fenomeno che è prodotto dal corrispondente verbo: nut- "allacciare", nútë "nodo" (etimologicamente *"laccio?"), lir- "cantare", *lírë "canto" (etimologicamente *"che canta"; il vocabolo è asteriscato in quanto esso è solamente attestato nel caso strumentale: lírinen); cfr. anche sírë "fiume" (etimologicamente "che fluisce") da sir- "fluire". Tale metodo di derivazione sembra essere limitato alle radici verbali elementari del modello (consonante-)vocale-consonante. Ma la desinenza -ë può anche essere adoperata per derivare sostantivi astratti da aggettivi in -a: aira "sacro", airë "santità" (PM:363).

-: sostantivi astratti. In WJ:394 tengwestië "Linguaggio [come astratto o fenomeno]" è definita una "formazione astratta" basata su tengwesta "sistema o codice di segni", *"[ogni individuale] linguaggio". (Tengwesta è anche glossato "grammatica" [TEK], ma soltanto riferito alla grammatica o sistema di uno specifico linguaggio, non "grammatica" come un astratto). Esempi di - dalle Etimologie includono verië "audacia" dall'aggettivo verya "audace" (o dal verbo verya- "osare", BAR) e voronwië "resistenza, qualità perdurante" dall'aggettivo voronwa "resistente, permanente" (BORÓN). Notare che tale desinenza spiazza la finale -a e l'intera desinenza -ya. Talvolta essa può denotare una collezione di qualcosa: sarna "di rocce" (SAR), sarnië "ghiaieto, cumulo di ciottoli" (UT:463). Cfr. anche olassië "collezione di foglie, fogliame" (< lassë "foglia"); il prefisso o- indica "assieme" (Lettere:282). Il vocabolo enquië "settimana [di sei giorni]" da enquë "sei" si riferisce ad una unità o collezione di sei (giorni, in tal caso).

- è tipicamente usato per derivare sostantivi verbali: horta- "procedere velocemente, incitare", hortalë "velocizzazione, incitamento" (KHOR), intya- "ipotizzare, supporre", intyalë "immaginazione" (lett. *"ipotesi, supposizione", INK), vesta- "sposarsi", vestalë "sposalizio" (BES). Tali sostantivi verbali possono essere formati direttamente dalla radice quand'essa termina in una vocale: tailë "allungamento" (TAY [o *TAI] "estendere, rendere (più) lungo"), cuilë "vita, essere vivi" (KUY "venire alla luce"). Nel caso di radici elementari terminanti in una consonante, la desinenza -può essere aggiunta ad una loro forma con nasale infissa: mancalë "commercio" da manca- "commerciare", che è a sua volta derivato da MBAKH "scambiare", o quentalë "resoconto, storia" da KWET- "parlare". La desinenza -è anche usata per derivare sostantivi concreti da un aggettivo: oia "eterno", oialë "eternità" [la traduzione originale in inglese è data come "everlasting [?age]", evidentemente denotando qualche problema interpretativo che in italiano è superabile, N.d.T.] (la calligrafia di Tolkien era illeggibile; OY), aica "acuminato", aicalë "un picco" (AYAK), merya "festivo", meryalë "festività" (MBER).

-ma: desinenza denotante un oggetto avente qualcosa a che fare con il significato del radicale, oppure che ne ha le proprietà o che è prodotto dall'azione verbale in questione, o pure essendo uno striumento utilizzato per portarla a compimento: corma "anello" from KOR "girare attorno" (corma non si trova nelle Etimologie, ma cfr. cormacolindor "Portatori dell'Anello" in SdA3/VI cap. 4/Lettere:308), parma "libro" da PAR "comporre, mettere assieme", neuma "calappio" da SNEW "impigliare". L'"oggetto" può essere astratto o concreto: alma = astratto "buona fortuna" o più concretamente "prosperità" (radice GALA "prosperare", cfr. il Quenya alya "prosperoso, ricco"). È possibile che -ba e -wa siano allomorfi di tale desinenza, essendo utilizzati dopo m ed n, rispettivamente.

-: usualmente denota oggetti astratti, o per lo meno piuttosto intangibili: melmë "amore" (mel- vb. "amare"; MEL), qualmë "agonia, morte" (KWAL "morire nel dolore"), hormë "urgenza" (KHOR "incitare"), milmë "bramosia" (MIL-IK), nilmë "amicizia" (NIL "amico"). Meno astratti, ma ancora intangibili sono lúmë "tempo, ora" e lómë "notte" (LU e DO3, DÔ, significati dei radicali non dati). Talvolta il senso astratto elementare è espanso ad includere qualcosa di più concreto: un esempio è holmë "odore", laddove il QP *ñolmê (mia ricostruzione) era un sostantivo verbale "olfatto" derivato da ÑOL "odorare (intr.)", sc. emettere un odore (cfr. anche laimë "ombra" da DAY "ombreggiare" [come verbo?]). Verosimilmente il termine telmë "copertura" può anche essere usato per un oggetto concreto: "calotta" (TEL). Cfr. anche silmë "luce di stelle" (Appendice E) o "luce di Silpion" (Telperion) dalla radice SIL "argento lucente". In pochi casi, -funziona semplicemente come una desinenza nominale: palmë "superficie" da PAL "ampio (aperto)". It questo ed alcuni altri casi essa può dirsi avere un significatolocale: undumë "abisso" da undu "sotto", erumë "deserto" da ERE "essere da solo, deprivato", celumë "corrente, flusso" da KEL "andare, scorrere (specialmente di acqua)". (Non è chiaro da dove la u di erumë e celumë provenga; dobbiamo probabilmente presumere che le radici ricorrano anche nelle forme *ERU, KELU; un radicale kelu- "defluire rapidamente" è effettivamente menzionato in UT:426.)

-: evidentemente una controparte nominale della desinenza aggettivale -na; confrontare l'aggettivo corna "rotondo" (KOR) con il sostantivo cornë "pagnotta [tonda]" (LT1:257), comparare anche sarna "di pietra" e sarnë "luogo forte" (lett. *"qualcosa di solido come roccia"? SAR), cfr. anche lannë "tessuto" da LAN- "tessere" (lannë essendo la controparte nominale dell'aggettivale *lanna "tessuto", perciò lannë = "qualcosa realizzato mediante tessitura").

-on (-ond-) in andon "grande cancello", aldëon "viale" - vedere -on sotto Desinenze maschili in basso.

-: sembra che X-rë indichi "stato di chi ha/è X" (almarë "beatitudine" da alma "buona fortuna, prosperità"). Da non confondere con la desinenza femminile -.

-: desinenza vista in alcuni sostantivi, come lapsë "bimbo", litsë"sabbia" (radici LAP, LIT, significato non dato), anche taxë (tacse) "chiodo" da TAK "fissare, bloccare", forma primitiva data come *taksê. Nel caso di nixë (nicsë) "gelo" dalla radice nicu- "essere freddo, gelido" dovrebbe essere notato che la desinenza -spiazza la vocale finale della radice (WJ:417). Tale desinenza ricorre anche in essë "nome" da ES "indicare, nominare[?]"? O è giusta la consonante finale raddoppiata?

-sta: vista in tengwesta "grammatica" (TEK) o "sistema o codice di segni" (WJ:394). Le Etimologie e WJ:394 non s'accordano con l'origine del vocabolo tengwesta, ma se accettiamo WJ:394 che è la fonte tarda, tale vocabolo è derivato da tengwë "indicazione, segno, simbolo", indicando che X-sta indica "insieme di X, sistema di X". Tuttavia, sotto KHAW il primitivo *khau-stâ è definito come "ripos-ando", ad indicare che -stâ (> Quenya -sta) è semplicemente una desinenza sostantiva verbale. Dovremmo ignorare questa più antica fonte o concludere che -sta ha diverse sfumature di significato? Qualunque sia il caso, tale desinenza non sembra essere produttiva in Quenya.

-t: in nat "oggetto" da NÂ2 "essere": letteralmente *"qualcosa che è". Questa è pressoché certamente la medesima desinenza -t che è suffissa alle radici kalat-; vedere -at sopra.

-wa: in lanwa "telaio" da LAN "tessere"; con ogni possibilità un allomorfo di -ma usato seguendo la n. Da nonconfondere con la desinenza aggettivale -wa.

-: essenzialmente astratti, come voronwë "fedeltà" (UT:305, 317) evidentemente dalla radice BORÓN. Dopo n, come in tal caso, - può essere vista come una forma alternativa di -. Termini in - possono anche denotare qualcosa di prodotto dall'azione descritta dal radicale: pertanto SKAR- "strappare, squarciare" produce harwë "ferita" (primitivo *skarwê; vi fu probabilmente uno scostamento semantico dal pieno astratto "strappo, squarcio" ad una concreta lacerazione o ferita).

Desinenze maschili

Molte o la maggior parte di tali desinenze sono talvolta agentali, denotando uno che fa quel che il significato della radice esprime, come l'inglese -er in thinker derivato da think, ma talvolta esse semplicemente denotano il genere maschile.

-do: evidentemente un allomorfo di -no (vedere sotto) usato primariamente dopo l ed n. Agentale in lindo "cantore" da LIN2 "cantare". Anche in noldo, che rappresenta il primitivo - (*ñgolodô, WJ:383), così tale desinenza deve essere stata distinta da -(nella forma se non nel significato) già nel linguaggio primitivo. (Seguendo l, -no potrebbe essere divenuto -do per comune dissimilazione, ma non seguendo n. Cfr. Nando, detto discendere da *ndandô, WJ:412.)

-indo: suffisso agentale maschile, attestato in melindo "amante" (m.) e colindo "portatore" (Cormacolindor "Portatori dell'Anello", SdA3/VI cap. 4). La corrispondente desinenza femminile è -indë.

-ion: in morion "l'oscuro", in riferimento a Morgoth (LR:72). Forse effettivamente -on (vedere sotto) suffisso all'antico termine*mori "nero" (> Quenya morë come un vocabolo indipendente, MOR). Altrimenti, -ion è una desinenza patronimica [come l'inglese "-son", N.d.T.] (YON).

-mo: Tolkien nota che "la desinenza -mo spesso appariva in nomi o titoli, talvolta con una significanza agentale: Ulmo era interpretato come 'il Fluente' < *UL 'versare'." (WJ:400. Tale interpretazione di Ulmo aveva effettivamente un'altra etimologia popolare Elfica, in quanto il nome di tale Vala fu adottato dal Valarin Ulubôz, Ullubôz.) Ma in ciryamo "marinaio" la desinenza -mo non ha significanza agentale; essa è semplicemente aggiunta a cirya nave, così il significato è letteralmente *"nave-persona" o qualcosa di simile. Verosimilmente Súlimo, titolo di Manwë, sembra indicare *"vento-persona" (súlë, súli- + mo). Altri esempi sono sermo "amico" da SER "amare, essere devoto di (di simpatia, amicizia)" ed ingolmo "maestro di tradizione" (WJ:383); cfr. n(g)ólë "tradizione"; cfr. anche il nome del Vala Irmo, "Desideratore" (WJ:403). La controparte femminile di -mo è -, ma tale desinenza è rara.

-no: ancora un'altra desinenza maschile che è talvolta agentale, talvolta no: semplicemente maschile in otorno "amico (fraterno)" (< TOR "fratello"), agentale in tirno "guardiano" da TIR "osservare, guardare" (cfr. SKAL2), può essere entrambi in samno "carpentiere, edificatore, costruttore" (significato della radice STAB non dato).

-o: desinenza maschile, talvolta con significanza agentale: tyaro "facente, attore, agente" dalla radice verbale tyar- "causare", Pityo soprannome*"il piccolo" da pitya "piccolo" (PM:353). In PM:340, tale desinenza (ivi con un non definito marchio diacritico) è denominato un "suffisso pronominale" e definito come "una persona, qualcuno". Pare che tale desinenza sia propriamente maschile.

-on: "desinenza (di nomi maschili)" (WJ:400). Essa è da un contesto in rapporto col Sindarin, ma tale desinenza è anche valida in Quenya: confrontare i nomi Sauron ed Ancalimon con gli aggettivi saura "sudicio" ed ancalima "più brillante". Secondo le Lettere:380, Sauron era originariamente Thaurond (th essendovi compitata con una lettera greca), e la finale d può essersi preservata prima di una desinenza (e.g. il genitivo *Saurondo). Confrontare il Sindarin lhathron "uditore" dal primitivo *la(ns)ro-ndo (LAS2) ed il Quenya fion "?falco" (la calligrafia di Tolkien era illeggibile) dalla radice PHI; il plurale è dato come fioni o fiondi, così la forma primitiva può essere stata *phiondo (mia ricostruzione). Troviamo anche andon "grande cancello" (andond-) da ando "cancello" (AD). Tali vocaboli indicano che la desinenza -on non è esclusivamente adoperata nei nomi. Cfr. anche aldëon "viale" < agg. aldëa "ombreggiato da alberi" (LT1:249), sebbene questo sia assai primevo "Qenya" e può e non può avere piena autorità. Tali vocaboli non sono ovviamente maschili; pure essi non denotano animati.

-r o -ro: desinenze agentive (WJ:371), come l'inglese -er: ista- "conoscere" > istar "stregone, *che conosce" (nelle Lettere:202, Tolkien traduce Istari come "quelli che conoscono"); *envinyata- "rinnovare" > Envinyatar "rinnovatore". Le desinenze -r e -ro possono anche essere aggiunte a sostantivi: X-r(o) significa quindi "persona che ha X, avente a che fare con X", come istya "conoscenza" > istyar "studente, uomo istruito". È possibile che la desinenza -r non contraddistingua sesso, mentre -ro è esplicitamente maschile (come -è esplicitamente femminile). Cfr. ontaro, ontarë "genitore", m. e f., rispettivamente (ONO). Sembra che la desinenza -ro formi i suoi plurali in -ri; dacché questa dovrebbe anche essere la forma plurale di -, la distinzione di sesso è persa nel plurale: ontari "genitori".

-u: desinenza maschile, talvolta con significanza agentale: ERE- "essere solo" > Eru "L'Uno, Dio", KHER- "reggere, governare" > heru "signore". Il vocabolo ainu è un caso speciale. Tale vocabolo, che denota uno degli spiriti angelici originariamente posti in essere dall'Uno Creatore, era effettivamente un prestito dal Valarin ayanûz. Ma gli Elfi pensavano che ainu rassomigliasse ad una forma personale, nominalizzata di un (finora) inesistente aggettivo *aina, e così essi effettivamente presero ad usare tale aggettivo, dandogli il significato "sacro", la santità essendo la principale caratteristica degli Ainur (WJ:399). Tale etimologia popolare indica che la desinenza -u (accanto ad -o) era assai frequentemente utilizzata a derivare forme personali, nominalizzate da aggettivi. L'equivalente femminile di -u sembra essere -i; vedere sotto. (Ma forme plurali come Ainur evidentemente si riferiscono all'intera razza, senza distinzione di sesso. Ciò è probabilmente vero per diverse delle desinenze maschili date qui.)

-:secondo LR:398 un "suffisso astratto" ricorrente in nomi come Manwë, Elwë, Ingwë, Finwë. Comunque, Tolkien posteriormente decise che esso fosse semplicemente un elemento indicante "persona", "generalmente ma non esclusivamente maschile" (PM:340 - il solo caso attestato di una donna avente un nome in -è Elenwë). Nelle Lettere:282, Manwë è tradotto "essere benedetto". (È anche stato spiegato come una presa a prestito dal Valarin Mânawenûz; vedere WJ:399.)

Desinenze femminili

Esse sono spesso dirette controparti delle desinenze maschili.

-ë: desinenza femminile, evidentemente la controparte di quella maschile -o: antë "dispensatrice" da anta- "dare" (le Etimologie, voce ANA1, danno anto "dispensatore", sebbene in SdA anto sia detto signficare "bocca"). Da non confondersi con la desinenza astratta o aggettivale -ë.

-i: desinenza femminile, evidentemente la controparte di quella maschile -u. Confrontare heru signore con heri dama, cfr. anche tári "regina", aini "femmina ainu".

-: desinenza femminile. Valië "femmina Vala"; cfr. anche nomi femminile come Amárië. Come è evidente dall'esempio Vala/Valië, tale desinenza può spiazzare una vocale finale. Da non confondersi con la desinenza astratta -.

-iel: "figlia", come in Uinéniel "Figlia di Uinen" (UT:182).

-issë: suffisso agentale femminile, attestato in melissë "amante" (f.). Cfr. anche PM:345.

-indë: suffisso agentale femminile, apparentemente l'equivalente femminile di -indo, attestato in Serindë "Ricamatrice" (sebbene tradotto "Cucitrice" in PM:333).

-llë: suffisso agentale femminile, solamente attestato in Tintallë "Vampa" < tinta- "accendere, fare splendere". Nota: -llë è anche adoperata come una desinenza diminutiva, vedere sotto.

-: l'equivalente femminile della desinenza maschile -mo: sermë "amica", sermo "amico" - ambedue da SER "amare, essere devoto di (di simpatia, amicizia)". Tale desinenza pare essere rara, forse in quanto è facilmente confusa con la desinenza nominale -.

-: desinenza femminile, con significato agentale in Vairë (più antico *Weirê "Tessitrice", radice WEY "tessere"), ma non in Ilmarë, il nome di un Maia (da Ilma "luce di stelle"). Da non confondersi con la desinenza astratta - o con la desinenza -denotante un insieme di qualcosa.

Desinenze aggettivali

Esse sono alquanto numerose. Notare, tuttavia, che gli aggettivi non terminano mai in -o o -u in Quenya maturo.

-a: desinenza aggettivale generale: olórë "sogno", olórëa "sognante" (LT1:259).

-arwa: "avente", e.g. aldarwa "che ha alberi, ricoperto d'alberi" da alda "albero" (3AR, in LR:360).

-ba: forse la forma -wa (vedere sotto) riprende la m: himba "aderente, incollato" da KHIM- "attaccarsi, aggrapparsi, aderire". In tal caso la desinenza prende un significato pressoché participio.

-ca: desinenza aggettivale usata su radici terminanti in una vocale: PHAU "spalancare" > fauca "a bocca aperta, assetato, riarso, arido", POY (significato non dato) > poica "netto, puro". Cfr. anche GAYA- che fornisce *gayakâ (denominata una "forma aggettivale" in PM:363) > Quenya aica "rovinoso, terribile, disastroso" dopo sincope. Tale desinenza è assai antica (Quenya Primordiale *-) e può non essere produttiva in tardo Quenya. (Osservare che nelle Etimologie, Tolkien derivò aica da una radice AYAK, nocome più tardi da GAYA- con tale desinenza. La desinenza come tale è nondimeno trovata anche nel materiale delle Etim.)

-da: vedere -na sotto.

-ë: rara desinenza aggettivale, fra i nostri pochi esempi vi è lissë "dolce", evidentemente derivato dalla radice LIS "miele" (tale aggettivo non si trova nelle Etimologie, ma ricorre in Namárië). Può sembrare che alcuni aggettivi mostrino una piuù lunga desinenza -, come in carnë "rosso", varnë "stupido". Comunque, tali vocaboli esemplificano anche la desinenza aggettivale -ë, in quanto la -n- è parte del radicale (KARÁN, BARÁN). Tale -ë discende dall'Elfico Primordiale *-i, una desinenza comune in aggettivi di colore. - Note that -ë è anche una desinenza astratta e femminile.

-ëa: rappresenta o -ë + a, come in olórë "sogno" > olórëa "sognante", o l'iniziale *-aya e *-oya, sc. la desinenza -ya (vedere sotto) aggiunta ad una radice rterminante in qualche vocale: alda "albero", aggettivo *aldaya/*aldaia (mia ricostruzione) > aldëa "ombreggiato da alberi" (LT1:249).

-ima: "X-ima" speso indica "X-abile", "atto a X" o "idoneo a X": cfr. una coppia di tali aggettivi col prefisso privativo ú- "in-": dalla radice verbale not- "contare" è derivato únótima "innumerevole", e da quet- "parlare" viene úquétima "inenarrabile". Notare che la desinenza -ima è causa del fatto che la radice vocalica diviene lunga se non è seguitra da un gruppo di consonanti (tyelima "finale" [KYEL] e mirima "libero" [MIS] non s'attagliano a tale modello; qui ed in alcuni altri casi -ima sembra funzionare semplicemente come una desinenza aggettivale). Cfr. anche Fírimar, tradotto "quelli atti a morire" in WJ:387 (cfr. fir- "svanire, morire"). Qui l'aggettivo è usato come un sostantivo e prende la desinenza nominale plurale.

-in: in qualin, firin, entrambe indicanti "morte" (KWAL, PHIR), cfr. anche quorin "annegato" (LT1:264).

-ina è evidentemente una più lunga forma di -in: malina "giallo" (SMAL), telpina "argenteo" (KYELEK). Che -ina dovrebbe essere inteso come una più lunga variante della desinenza -in menzionata sopra è confermato dal fatto che un aggettivo indicnte "aperto, libero, sgombro (di terra)" è dato come latin(a) sotto LAT.

-inqua: desinenza col significato elementare "pieno": alcarinqua "glorioso" significa essenzialmente *"pieno di gloria" (alcar "gloria" + -inqua). WJ:415 menziona anche una desinenza alternativa *-unqua (solo la forma arcaica -uñkwâ è effettivamente data) che era usata a derivare aggettivi "applicati ad oggetti pesanti, rozzi, brutti o scadenti". Nessuno di tali aggettivi è attestato, peraltro.

-itë o -ítë, rara desinenza aggettivale: hanuvoitë "maschio", inimeitë "femmina" (INI). Cfr. anche maitë "maneggevole" da "mano" (MA3) e hloníti "fonetico" (pl.; sg. *hlonítë; WJ:395), chiaramente derivato da *hlon "suono" (soltanto il pl. hloni è attestato", WJ:394).

-na: essenzialmente la desinenza del participio passato (o passivo), ancora usata in Quenya, ma è talvolta difficile riportare tali participi separati dagli aggettivi, o irragionevole introdurre tale distinzione al postutto. Quindi harna "ferito" da SKAR- "lacerare, squarciare" (primitivo *skarnâ). In cuina "vivo" dalla radice KUY- "venire al mondo, destarsi", l'aggettivo descrive la condizione in cui è uno che abbia completato l'azione denotata dalla radice verbale (cfr. la relazione semantica tra il verbo inglese go vs. il corrispondente participio passato gone). La desinenza -na può dissimilarsi da -da seguendo L, come in helda "nudo" dal primitivo *skelnâ (radice SKEL).

-rin: una desinenza frequentemente trovata nei nomi di linguaggi, Sindarin, Vanyarin, Valarin etc. Ma tali termini potrebbero anche essere usati come generali aggettivi: "Quando gli storici necessitarono di un generale aggettivo 'Quenya, appartenente agli Elfi come ad un intero', essi idearono il nuovo aggettivo Quenderin (sul modello di Eldarin, Ñoldorin, etc" (WJ:407). Tali vocaboli potrebbero essere denominati aggettivi etnici. Talvolta espansa in -rinwa: Noldorinwa, Sindarinwa.

-sa: in telepsa "d'argento" (KYELEP). probabilmente non produttiva in Quenya.

-wa: desinenza aggettivale che talvolta sembra correlata alla desinenza possessiva -va, talvolta no: anwa "reale, effettivo, vero" (ANA2), Noldorinwa "Noldorin" (vedere -rin).

-vëa: desinenza aggettivale con lo specifico significato "simile": él "stella", elvëa "stellato", pl. elvië. (La lunga é in él diviene corta prima del gruppo lv.)

-viltë, -valta: "mancanza" (vedere Parma Eldalamberon #11 p. 23), evidentemente usata per derivare aggettivi come "senza valore" etc., ma nessun aggettivo simile è attestato. Tale desinenza appartiene all'assai primevo "Qenya", ma nessuna corrispondente desinenza è nota dal Quenya maturo.

-ya: desinenza aggettivale generale: númen "ovest", númenya "occidentale". (Nota: -ya è anche una frequente desinenza verbale, apparentemente irrelata.) Vedere anche -ëa sopra. Aggettivi in -ya (così come altre desinenze) possono anche essere utilizzati ed inflessi come sostantivi. Attalya "Bipedi" (WJ:389) è chiaramente un aggettivo *attalya "che ha due piedi, due gambe" (atta "due" + tal- "piede" + ya) con la desinenza nominale plurale -r.

Desinenze verbali

Vi sono solo poche desinenze verbali.

-ya: desinenza verbale generale: sirya- "fluire" dalla radice SIR di senso simile. Non sembra che tale desinenza modifichi il significato della radice in alcun modo. Non deve essere confusa con la frequente desinenza aggettivale -ya, la quale è apparentemente irrelata.

-sa: evidentemente una desinenza "frequentativa", attestata in lapsa- "leccare (frequentativo)" (LAB). Il verbo ordinario lav- evidentemente significa leccare qualcosa una volta. Da non confondersi con la desinenza aggettivale -sa (che sembra essere ugualmente rara).

-ta: un'altra desinenza verbale generale, talvolta tanto generale quanto -ya, talvolta con un significato causativo: tul- "venire", tulta- "invocare" (= far venire) (TUL), airë aggettivo "sacro", airita- "consacrare" (= rendere sacro) (secondo Vinyar Tengwar # 32 p. 7, tale vocabolo ricorre nel materiale non pubblicato). Ma in alcuni casi, tale desinenza sembra essere scelta sulla base della sola eufonia, sc. è spesso usata su radici terminanti in una vocale o semivocale: roita "perseguire" da ROY "inseguire", caita "giacere" da KAY "coricarsi" (il verbo caita non è dato nelle Etimologie, ma è attestato in Namárië).

Vi sono anche esempi di verbi che sono derivati da aggettivi, come cúna "curvo" > cúna- "curvare" (MC:223), o harna "ferito" > harna- "ferire" (SKAR).

Miscellanea

Alcune desinenze di varii significati:

-il: In siril "rivolo" da sir- "fluire", la desinenza sembra denotare un agente impersonale (ma può essere giusta una forma variante della desinenza diminutiva -llë, vedere sotto). Cfr. anche sicil "pugnale, coltello" da SIK (nessun significato di radicale dato) e tecil "penna" da TEK- "scrivere"; la forma primitiva è data come *tekla; la i evidentemente s'intruse dopo la perdita della finale corta *-a ad interrompere il gruppo finale *-kl. In almeno un vocabolo, -il sembra funzionare come una normale desinenza agentale: *nacil "vincitore", solamente attestata (nella forma -dacil) in composti come Hyarmendacil "Vincitore del Sud", il nome assunto da un re Gondoriano. Sicuramente tale elemento è da derivarsi da *ndakla, la radice NDAK indicando "uccidere" (LR:375).

-incë: desinenza diminutiva: atar "padre", Atarincë "piccolo padre" (PM:353) In UT:195, Zamîn si rivolge alla giovane Ancalimë chiamandola hérincë, evidentemente intendendo *"piccola dama" (heri "dama", vedere KHER; ma la lunga é in hérincë può suggerire che tale vocabolo sia derivato da hér-, la forma di heru "signore" che usata prima di una desinenza [PM:210], indica che la desinenza -incë non mostra sesso).

-llë: desinenza diminutiva. Nandë "arpa", nandellë "piccola arpa" (ÑGAN. Anche in nellë "torrente"? [NEN] Cfr. nén "acqua" - perciò *nen-lë > nellë, lett. *"piccolo [corso d'] acqua"?) Da non confondersi con la desinenza femminile in Tintallë.

-: un insieme di qualcosa: carca "dente", carcanë "fila di denti" (KARAK).

-: desinenza denotante una collezione degli oggetti in questione: fanya "nube", fanyarë "i cieli... le correnti e nuvole superiori" (MC:223). Potrebbe la desinenza -, che sembra essere di senso simile, semplicemente essere un travisamento per -? Dovrebbe leggersi non carcanë ma *carcarë?

-ssë: suffisso denotante astratti o località, da non confondersi con la desinenza locativa (sebbene essa possa essere correlata). Esempi di tale derivazione includono Vala "potenza angelica, dio" > valassë "divinità" (BAL), laiqua "verde" > laiquassë "verzura" (LT1:267), handa "intelligente" > handassë "intelligenza" (KHAN), hópa "àncora" > hopassë "ancoraggio" (KHOP; la lunga ó di hópa è abbreviata), findë "capelli" > findessë "una capigliatura, i capelli di una persona come un intero" (PM:345). Cfr. anche celussë "acqua che fuoriesce rapidamente da un salto roccioso" da un radicale kelu- "defluire rapidamente" (UT:426).

-ya: "suffisso di tenerezza" menzionato in UT:418, visto in Anardilya *"caro Anardil" (UT:174). Da non confondersi con la desinenza verbale ed aggettivale -ya.

Prefissi

Il Quenya ha un certo numero di prefissi che possono essere aggiunti a sostantivi e verbi.

ala- "non-, in-": Alahasta "Intatto" (MR:254). Tale prefisso sembra avere il potere di volgere una radice verbale seguente in un participio passato pure se nessuna esplicita desinenza participia è presente. Diversamente da ú- (vedere sotto), tale prefisso non sembra avere connotazioni negative.

am- "prefisso am- in alto" (AM2), visto in amortala "ondeggiante", letteralmente *"sorgente", indubbiamente am + ortala (MC:222; orta- = "salire"). Evidentemente diviene ama- prima di una consonante; cfr. amatixë, punto (tixë) collocato sopra la linea di scrittura, letteralmente *"sopra-punto" or *"super-punto". Anche amba- *"all'insù" in Ambalotsë "Fiore montante" (WJ:318; cfr. amba "su, all'insù", AM2).

an- "prefisso superlativo o intensivo" (Lettere:279), perciò ancalima "più brillante" da calima "brillante".

apa- "dopo", in Apanónar "gli Ultimi Nati" (un nome Elfico degli Uomini, WJ:387/Silm cap. 12), anche in *apacenya "di preveggenza" (pl. apacenyë attestato in MR:216; ciò letteralmente si riferisce a vista remota - cosa avverrà dopo il presente). Variante ep- in epessë "soprannome" (lett. "doponome", sc. un nome dato dopo il nome regolare, UT:266). Sembrerebbe che ep- sia usato invece di apa- quando il vocabolo al quale è prefisso inizia in una vocale.

ata-, at- "retro-, ri-, re-" (AT[AT]). Di mera ripetizione, en- può essere più usuale, ma ata- può apparentemente anche implicare inversione di qualche sorta (cfr. la glossa di Tolkien "retro").

au- un prefisso che è meglio spiegato in contrasto con -; vedere sotto.

ava- un prefisso occorrente in certi aggettivi, indicanti qualcosa di proibito o pericoloso: Tolkien contrappone avaquétima "da non esser detto, che non deve esser detto" ed avanyárima "da non essere riferito" con úquétima "inenarrabile, impossibile da dire" ed únyárima "impossibile da raccontare" (e.g. in quanto i fatti non sono noti, non perché alcuno abbia proibito di narrare il racconto). (WJ:370)

can- "tetra-" (KÁNAT), non attestato in alcun effettivo composto; un esempio potrebbe essere *cantil "squadrato" (cfr. neltil "triangolo", vedere nel-).

en- "ri": enquat- "riempire" (futuro enquantuva in Namárië), entulessë "ritornare" (UT:171). Una primeva variante "Qenya" aveva invece an- ; vedere LT1:114, 184.

ep- "dopo", vedere apa- sopra.

et- "innanzi, fuori". Usato su un verbo in ettul- probabilmente *"venir fuori, venire avanti" (SD:290, cfr. ET, TUL)

- "via, da, fra", prefisso usato nei verbi. Secondo WJ:368, il "punto di vista era esterno all'oggetto, luogo, o gruppo in proposito". Il verbo hótuli- *"provenire" quindi significa allontanarsi, "così come a lasciare un luogo o gruppo ed unirsi ad un altro nel pensiero o luogo di chi parla", e similmente hóciri- *"tagliare via" indica quindi isolare "così come ad avere o utilizzare una porzione richiesta". Contrasta col prefisso au-, che ha un significato simile *"da, via", ma qui il punto di vista si mantiene assieme all'oggetto, luogo o gruppo in questione. Anche auciri- significa "isolare", ma ora a sbarazzarsi di una porzione.

il- prefisso negativo *"in-"; esso "denota l'opposto, l'inverso, i.e. più della mera negazione" (LT1:255). Sotto la radice PHIR troviamo firin "morto" ed ilfirin "immortale"; si può vedere che la forma negata non indica semplicemente "non morto".

lin- "molti" (LI), prefisso ad aggettivi come lintyulussëa "avente molti pioppi" (sc. lin- "molti" + tyulussë "pioppo" + la desinenza aggettivale -a). Assimilato a lil- in lillassëa "che ha molte foglie" (pl. lillassië nel poema Markirya), questo è lin- "molto" + lassë "foglie" + la desinenza aggettivale -a.

nel- "tri-" (NEL), neltil "triangolo" (TIL).

nu- *"sotto" in nuhuinenna "sotto l'ombra" (SD:246), probabilmente come in nucumna "umiliato" (SD:246) - letteralmente *"sottomesso".

nun- *"sotto, disotto", attestato in nuntixë *"sottopunto", un marchio sotto la linea di scrittura (TIK).

o- (vocale lunga quando accentata: ó-) "un frequente prefisso... usato in vocaboli descriventi l'incontro, congiunzione, o unione di due oggetti o persone, o di due gruppi concepito come unità. Quindi: o-mentië (incontro o congiunzione delle direzioni di due persone) come nel saluto familiare tra due persone, o due compagnie ciascuna che va lungo un sentiero che incrocia quello dell'altra: Elen síla lúmenna omentielvo! 'Una stella brilla sull'ora dell'incontro del nostro cammino.' ... Tale prefisso era normalmente non accentato in verbi o derivativi di verbi; o generalmente quando la sillaba immediatamente seguente era lunga. Quando accentato esso aveva la forma ó-, come in ónoni 'gemelli', accanto all'agg. onóna 'gemello-nato', anche usato come un sostantivo 'uno di una coppia di gemelli'." (WJ:367). Cfr. anche otorno *"con-fratello", sc. un amico fraterno come opposto a o in aggiunta a d un fratello naturale (toron, torn- "fratello"). Notare che tale prefisso, diversamente da yo- (vedere sotto), primariamente si riferisce a due persone, oggetti o gruppi. Comunque, ciò non sembra essere il caso di olassië "collezione di foglie, fogliame" (< lassë "foglia"), che apparentemente si riferisce ad un certo numero di foglie ammucchiate (Lettere:282).

oa-, oar- *"via", "occasionalmente usato come un prefisso in composti di formazione tarda" (WJ:366). Oareldi *"Lontano-Eldar", elfi che partitono dal Beleriand per Valinor, come opposto a coloro i quali rimasero là (i Sindar). (WJ:363 cfr. 360)

ter- "attraverso". Usato sui verbi tale prefisso può indicare continuazione nel tempo, così termar- "traverso-tollerare" (UT:305, 317) indica "stare" nel senso di "sopportare". Anche nel sostantivo tercen "discernimento", letteralmente *"vista attraverso" (MR:230).

ú- "no-, non-, in-" (GÛ) spesso concepito non sempre con connotazioni negative: úquétima "inenarrabile", (WJ:370), únótimë "innumerevole" (pl., da Namárië). Anche usato su sostantivi: Vanimo "il bellissimo", úvanimo "mostro", sc. esattamente l'opposto (BAN). Adoperato su sostantivi ú può anche implicare assenza dell'oggetto in questione: Úner "nessun uomo" (UT:211).

un- "basso". In untúpa "basso-pone un tetto" (= ricopre) (Namárië cfr. RGEO:67). Tale prefisso può ben essere productive, così possiamo coniare vocaboli come untul- "venire in basso" = "discendere".

undu- "basso" in undulávë "immerso" (Namárië cfr. RGEO:67). Questa è apparentemente una forma più lunga di un- adoperata quando quest'ultimo produrrebbe un gruppo di consonanti non consentito in Quenya come **nl in tal caso. In LR:47 troviamo anche un prefisso unu-, che può essere reso obsoleto da undu- da Namárië.

yo- è fondamentalmente la preposizione "con", assieme con (SD:56: yo hildinyar *"con i miei eredi"); essa occorre come un prefisso in yomenië "incontro, raduno" (di tre o più che vengono da differenti direzioni). (WJ:407) Contrasta con o- sopra.

Ardalambion