Hríveressë

Di Vicente Velasco (Tatyandacil) - commenti di Helge Fauskanger, versione italiana di Gianluca Comastri

Et marinyallo mallenna
vantan hríveressë helka,
nu fanyarë fuinehiswa,
lumboinen Naira nurtaina.

Hláranyë ringa Formessúrë,
asúy' aldassen úlassië,
alussa olbalissë nornë,
alamya ve Nuru-nainië.

Formessúrë-yalmë quéla,
ar Númello holtan hwesta
nísima asúya ninna,
ar nainië ahya lírinna.

Kénan tuilindo awilë
Hyarmello úrima súrë,
nu rámaryat circa-cantë,
alir' aldannar úlassië.

Autar i lumbor, ar Naira
kénan anúta Númenna,
et Rómello Tilion orta,
ar undómess' elen síla.

Ar lómelindë-lírinen,
entúlan yanna ettullen,
nu menel elentintaina,
hrívëo lómessë sina.

 
Grazie a Tatyandacil per la gentile concessione di recare il suo poema sulla mia pagina - malgrado assai pochi punti potenzialmente controversi, questo è un raffinato brano Quenya. La compitazione è secondo le specificazioni del poeta (io avrei usato C piuttosto che K in ogni parte). Traduzione (del poeta), miei commenti disseminati:
 

HRÍVERESSË
IN UN GIORNO D'INVERNO
 
Et marinyallo mallenna
Dalla mia dimora alla strada
vantan hríveressë helka,
cammino in un freddo giorno d'inverno,
nu fanyarë fuinehiswa,
sotto ombrosi cieli grigi,
lumboinen Naira nurtaina.
il sole celato dalle nuvole.
 

Il poeta mi ha chiesto di menzionare che non è sicuro circa la forma marinyallo; forse essa dovrebbe essere mardinyallo se oromardi "alti saloni" in Namárië contenesse una forma di már , mar "dimora" piuttosto che un vocabolo indipendente *mardë "aula"; cfr. sar "pietra", radice sard- come nel pl. sardi. Il termine nurtaina "celato" è il participio passato di *nurta- "celare"; tale radice verbale è isolata da nurtalë "occultamento", attestata nella frase Nurtalë Valinóreva o "Occultamento di Valinor" menzionata nel Silmarillion.
 

Hláranyë ringa Formessúrë,
Odo il freddo Vento del Nord
asúy' aldassen úlassië,
spirare tra gli alberi sfrondati,
alussa olbalissë nornë,
che mormora nei rami contorti,
alamya ve Nuru-nainië.
suonando come un lamento di Morte.
 

Formessúrë = formen + súrë con assimilazione ns > ss. Il verbo asúy' è eliso da asúya; vedere sotto. Úlassië "sfrondati", pl. di *úlassëa, sc. ú- "in-" + lassë "foglia" + la desinenza aggettivale -a, perciò letteralmente "infogliati" [Brrr! N.d.T.]. Olbalissë è il partitivo pl. locativo di olba "ramo" [PM:340]; le Etimologie danno olwa [GÓLOB], ed io generalmente preferirei quest'ultima forma. Nornë è il pl. di norna "rigido, tenace" [WJ:413], sebbene il poeta qui adoperi la traduzione "contorti".
 

Formessúrë-yalmë quéla,
Il clamore del Vento del Nord svanisce,
ar Númello holtan hwesta
e dall'Occidente odoro
nísima asúya ninna,
un fragrante Zefiro spirare verso di me,
ar nainië ahya lírinna.
ed il lamento muta in canto.
 

Il verbo *quel- "svanire" è basato sulla radice KWEL ed il sostantivo quellë "languore, tardo autunno". Verbo *holta- "odorare", basato sulla radice ÑOL donde il Quenya holmë "odore"; alcuni, incluso il poeta, dubitano che questa sia la lezione corretta. La radice ÑOL significa "odorare" nel senso intransitivo (emettere un odore invece di sentire un odore), ma la desinenza -ta è spesso usata a derivare verbi transitivi e sperabilmente dà a "odorare" un significato transitivo. -Agg. nísima "fragrante" isolato dal nome dei Nísimaldar o "Alberi Fragranti" di Númenor (UT:167); verbo ahya- "mutare", attestato al passato, ahyanë, in PM:395. *Lírinna piuttosto che *lírenna come l'allativo di lírë "canto" è una forma controversa - ma anche difendibile.
 

Kénan tuilindo awilë
Vedo una rondine che vola
Hyarmello úrima súrë,
dal Sud, il vento caldo
nu rámaryat circa-cantë,
sotto le sue ali falciformi
alir' aldannar úlassië
che canta verso gli alberi sfrondati.
 

Alir' è eliso da alirë; cfr. awilë nella prima linea di tale stanza. Il poeta fa buon uso del prefisso a-, che prefisso ad una radice verbale indica che qualcosa si fa mentre essa è anche l'oggetto di un altro verbo, come "Vedo una rondine che vola". Riguardo ai nostri esempi attestati di tale prefisso, vedere i miei commenti sul poema Markirya. Che radici verbali "elementari", derivate direttamente da primitivi radicali senza alcun suffisso, possano prendere la desinenza -ë è visto dall'esempio attestato ava carë "non far[lo]"; cfr. car- "fare, creare". Contrasta con asúya - eliso asúy' - ed alussa dai verbi non elementari súya- "respirare" e lussa- "mormorare" nella seconda stanza.
 

Autar i lumbor, ar Naira
Le nubi passano, ed io vedo
kénan anúta Númenna,
il Sole calare all'Occaso,
et Rómello Tilion orta,
e dal'Oriente la Luna sale,
ar undómess' elen síla.
e nel crepuscolo le stelle brillano.
 

Naira, Tilion: altri nomi del Sole e della Luna, in aggiunta ai più usuali termini Anar, Isil. Il nome Naira è anche trovato inizialmente nel poema.

Ar lómelindë-lírinen,
E dal canto dell'Usignolo
entúlan yanna ettullen,
ritorno da dove ero venuto,
nu menel elentintaina,
sotto i cieli illuminati dalle stelle,
hrívëo lómessë sina.
in questa sera d'inverno.
 

Ettul- *"uscire", et- "fuori, innanzi" + tul- "venire". Tradotto "essere a portata di mano" in SD:290.

Ardalambion